Oggi, ragazzi, si studia futuro. È questa l’idea di Impactscool, una non profit nata a inizio 2017 per portare nelle scuole e nelle università una nuova materia: il futuro. «In Finlandia lo si insegna alla elementari. Immaginare il futuro, anzi meglio immergersi in esso, è un esercizio fondamentale perché permette di essere pronti per i cambiamenti quando arriveranno e di avere gli strumenti necessari per “cavalcarli”, come accade con le onde dell’oceano. Per farlo naturalmente servono studio ed esercizio, creatività, spirito critico, collaborazione, capacità analitica… Noi prendiamo per mano i ragazzi e li immergiamo in scenari futuri: scenari che con la velocità della tecnologia oggi non sono così remoti come si potrebbe pensare, e li facciamo ragionare, provando anche a disegnare scenari migliori. In questo modo ai ragazzi resta uno strumento, che è la base per prendere decisioni». A parlare così è Cristina Pozzi, Ceo dell’organizzazione che ambisce a coinvolgere un miliardo di persone nel mondo entro il 2020. «Abbiamo già realizzato 80 workshop, per 3.300 studenti, in tre Paesi. E se nei primi mesi l’intervento si concludeva in una giornata, ora stiamo già lavorando con moduli di 4/6 incontri, più strutturati», afferma.
A giugno, presentando Impactscool a TedXBergamo, Cristina ha imperniato tutto sulla metafora dell’onda: un talk sulla tecnologia che si intitola "It's time to be human". Dinanzi alle incredibili scoperte tecnologiche che caratterizzano il nostro presente (è di ieri la notizia ad esempio di una modifica in vivo del dna di un paziente), dalla robotica alla genetica, dalla blockchain alla stampa 3D all’intelligenza artificiale, si può fuggire o cavalcare l’onda. «Per cavalcare l’onda tecnologica, come quelle dell’oceano, non bastano però fortuna o doti innate, servono studio ed esercizio. Lo studio è quello della società presente, dei suoi valori, delle tecnologie e delle loro potenzialità. Esercizio significa immaginare e immergersi nel futuro per capire quando arriverà onda del cambiamento tecnologico, che impatti avrà e quale sia il modo migliore per cavalcarla nella giusta direzione», ha detto Cristina dal palco.
Facciamo un passo indietro. Cristina Pozzi nel 2006 è stata la cofondatrice insieme a Andrea Dusi di WishDays, che con il brand Emozioni3 aveva raggiunto il 30% del mercato italiano dei cofanetti che regalano esperienze: un giro d’affari di 40 milioni di euro l’anno, ceduto a Smartbox nell’aprile 2016. Dopo la exit, Pozzi e Dusi si sono iscritti a filosofia e hanno creato Impactscool (la h si è persa per strada, per dire di quanto sia cool e smart e necessario fare questo salto). È una delle loro nuove sfide, insieme a quella di un movimento politico che ha debuttato pochissimi giorni fa, “Un’Italia 10 volte meglio”, che si presenterà alle prossime elezioni politiche con un gruppo di giovani imprenditori ex sturtupper.
Perché la scelta di buttarsi nella formazione dei giovani, dopo WishDays?
Da qualche anno ho la fortuna di studiare questi argomenti, anche in veste di advisor e angel investor di diverse startup ad alto contenuto tecnologico italiane e internazionali. Io poi sono sempre stata appassionata di tecnologia, sono un po’ nerd pur non essendo una scienziata né una tecnologa. Però quando tornavo e raccontavo cosa avevo visto, la reazione spesso era “ma sì, lo vedranno i miei figli”. La tecnologia esponenziale e disruptive di oggi invece avrà un impatto concreto sulla vita quotidiana di tutti noi in tempi brevissimi, fra pochi anni, 4/5 al massimo, non venti, anche perché riescono ad essere meno costose con una velocità diversa da sempre. Il futuro non è apocalittico né utopico, dipenda da cosa si decide di portare avanti e più persone sono consapevoli di ciò, più è facile che le scelte possano essere condivise. Prendiamo ad esempio l’Intelligenza Artificiale, o l’editing genetico, che possono cambiare molto la nostra specie nel futuro: i paletti li stiamo mettendo oggi, per cui è fondamentale che molte più persone partecipino alla discussione su come vogliamo che sarà il nostro futuro. Ho pensato quindi di affrontare questa mancanza di visione delle opportunità che ci sono nei cambiamenti che ci aspettano, concentrandoci sui giovani: in passato la società aveva tempo di adattarsi ai cambiamenti, anche a livello di formazione e istruzione, oggi invece il tempo è brevissimo.
Significa che il nostro sistema di istruzione non è pronto a queste sfide?
I cambiamenti istituzionali hanno bisogno di tempo, noi non ci vogliamo sostituire alla scuola e all’università, ma offrire un’occasione in più. Il nostro approccio è interdisciplinare, con un format diverso dalla lezione, non diamo contenuti sulle tecnologie ma sui rischi e le opportunità legati ad esse. Facendo questo esercizio si sviluppano le skills che tutti indicano come fondamentali per il futuro: parlarle in pubblico, fare debate, argomentare… È una tendenza diffusa, sto vedendo nascere tanti strumenti alternativi, proprio perché c’è il bisogno di dare ai giovani skills diverse, approcci diversi, ed è naturale che sia più veloce il settore privato. Diciamo che la scelta che noi abbiamo fatto è quella di non essere localizzati ma itineranti, cioè di andare noi nelle scuole e nelle università, altrimenti c’è il rischio di non arrivare dove c’è più bisogno. Siamo una trentina di ambassador, alcuni sono manager altri studenti universitari che dopo aver fatto un nostro workshop sono rimasti con noi, diventanti volontari, portano il format nel loro liceo… Il nostro obiettivo è far diventare questa cosa un movimento dove ognuno può organizzare un’attività, aprire una discussione: non abbiamo un messaggio nostro da portare ma volgiamo sollecitare il confronto, il ragionamento.
Le teste chi sono?
Io, Andrea Geremicca, che ha “cambiato lavoro” perché sente anche lui questa esigenza di portare cambiamento, Andrea Dusi che però in questo momento è più concentrato sul movimento politico “Dieci volte meglio”, un’esperienza a tempo, 11 anni, che vuole portare cambiamenti radicali sui settori in cui abbiamo expertise, istruzione, ambiente, Sud, turismo… È una cosa separata da Impactscool, ma la filosofia è simile: se le cose non ti piacciano prova a cambiarle.
Serve una scossa?
Sì, i piccoli cambiamenti non bastano. Secondo il World Economic Forum l’Italia è il Paese in cui il mondo del lavoro vedrà il maggior cambiamento di competenze necessarie: nel 2020, non fra secoli. Gli altri Paesi sono intorno al 35%, l’Italia è al 48%. Stiamo lavorando con il MIUR, perché vorremmo attivare una formazione anche per i prof. E magari con il tempo arrivare anche ai più giovani, prima dei 14 anni, ma per quello dobbiamo ancora sviluppare competenze e creare un form ad hoc. Però i bambini che oggi hanno 4/5 anni, quelli della generazione alfa, cresceranno in un mondo completamente diverso, stiamo aggiungendo nuovi spazi di realtà tramite la realtà virtuale, questo sta cambiando anche il nostro cervello…
E come si fa l’ora di futuro?
La filosofia di fondo è immergere i ragazzi, tramite storytelling, in scenari in cui riescano a ritrovarsi, per capire come le tecnologie toccano la vita di tutti i giorni. Qualcosa di simile ho provato a farlo anche io in un libro che uscirà a dicembre, "2050 – Guida FUturistica per viaggiatori nel tempo" che porta uno spaccato della vita quotidiana del 2050 secondo gli scenari disegnati dai maggiori esperti, costruito come se fosse una guida turistica: cosa mettere in valigia per il 2050, che lingua si parla, che moneta si usa… Il 2050 raccontato come se fosse un luogo da visitare, quante persone abiteranno nello spazio, quali forme di governo avranno gli Stati…
Da questo punto di vista come funziona Impactscool?
Ha due anime. C’è una srl che finanzia la non profit, Associazione Futuri. Per le università e le scuole i workshop sono gratuiti. Ad esempio per ogni libro venduto, 5 euro sono donati alla non profit. La srl fa anche progetti ad hoc per aziende, qualcuno ci ha chiesto nell’ambito del welfare aziendale di portare interventi per dipendenti e figli insieme, per eventi aziendali abbiamo curato il panel di speaker, quindi non organizzando tutto l’evento ma solo come curatori di contenuti.
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