Disabilità

Quindici barchette per colorare il buio

di Sara De Carli

Alberto ha incrociato la Lega del Filo d'Oro nel 1982. Un incontro che ha cambiato la sua vita, riempiendo di suoni e colori quel buio e quel silenzio che la malattia gli aveva lasciato. Storie così accadono tutti i giorni alla Lega del Filo d'Oro, grazie anche ai lasciti solidali

Quella di Alberto e della sua famiglia è «una storia dentro la storia della Lega del Filo d’Oro»: Gianfranco e Daniela iniziano così a raccontare il loro percorso insieme alla “Lega”. Alberto, loro figlio, nacque idrocefalo. A pochi mesi ebbe una meningite virale, l’inizio «del calvario». A sette anni e mezzo, dopo sessanta operazioni, con vista e udito persi, quando tutti i medici si erano ormai rassegnati, una svolta imprevista: si trovò una cura e Alberto a quel punto «è rinato. Ma la voglia di stare al mondo non l’ha persa mai», dice la mamma. È la stessa voglia di vivere che Alberto ha oggi: «sprizza gioia in continuo. Ha dovuto affrontare tanti cambiamenti, quando ha perso la vista, quando ha non è più riuscito a leggere il Braille, anche quando ha iniziato a far fatica a camminare… si è sempre adattato alla situazione», sorride Daniela. «È in gamba mio figlio, è troppo forte», aggiunge papà Gianfranco.

Gianfranco e Daniela sono originari dell’isola del Giglio, lui ha fatto per tutta la vita il marittimo, quindici giorni in mare, quindici giorni a terra e Daniela ammette che «chi è nato dentro un’isola ha bisogno delle scoglio, mi porto sempre un magone dentro»: eppure hanno fatto la scelta radicale trasferirsi a Osimo, soli, lontano dalle famiglie d’origine, pur di garantire ad Alberto l’opportunità di crescere alla Lega del Filo d’Oro. «Siamo partiti per una visita, siamo rimasti per tre anni, alla fine ci siamo trasferiti. Il posto di Alberto era questo, non c’erano dubbi», dice Gianfranco. La prima a parlargli di questa Associazione fu l’insegnante di ortofonia di Alberto. «Una mattina ci decidemmo e ci mettemmo in macchina. Era agosto, ci presentammo qui senza avvisare. Il fatto è che non si riusciva più a comunicare con Alberto, ho in testa la scena di lui che voleva dirmi qualcosa e io non capivo, non capivo…. Dopo 4 o 5 tentativi mi fece un gesto come per dire “ma vattene”», ricorda Gianfranco: «Mi voltai e diedi un pugno alla porta. La sfondai». Era il 1982. L’arrivo a Osimo, Gianfranco lo racconta così: «Arrivi con il cuore pesante, dopo aver tentato un numero infinito di strade che si sono rivelate tutte chiuse, sali su per la collina e quando sei in cima senti che questo è il posto dove risolverai il tuo problema». Le cartelle cliniche dicevano il contrario, «ma qui guardarono Alberto, videro che un po’ con me comunicava e pensarono che forse qualcosa si poteva fare. Perché un conto è la cartella, un conto la persona», dice la mamma Daniela. Daniela e Gianfranco si fidarono.

Per Alberto alla Lega del Filo d’Oro inventarono il primo calendario tattile, quindici barchette in compensato e quindici casette per misurare il tempo che papà – era un marittimo – passava in mare, in modo che Alberto capisse che papà “partiva” ma non “scompariva”. Alberto fu anche il protagonista del primo spot della Lega del Filo d’Oro: «Non c’erano soldi, si rischiava di chiudere. Renzo Arbore la storia delle barchette se la ricorda ancora», ride Gianfranco. «Parlare del nostro privato è faticoso, ma la gente non può capire se non conosce le nostra vite. Noi portiamo la nostra testimonianza per far comprendere i miracoli che la “Lega” fa con i nostri figli: senza la “Lega” non so cosa sarebbe stato di noi».

Alberto è diventato un uomo. Frequentando il Centro Diurno ha imparato a mangiare da solo, lavarsi, vestirsi, abbinando anche i colori. È stato in Germania, in Danimarca, in Portogallo, grazie a un imprenditore della zona da molti anni fa un’esperienza di lavoro. Da quando la sorella si è sposata, pure lui ha voluto una “casa” sua: gli hanno sistemato una stanza al piano di sotto, «ogni tanto lui scende e “ci invita” a cena», dicono i genitori. «Di centri ce ne sono tanti, ma questo non ha paragoni. Per l’esperienza, per il metodo, per la mentalità. Non guardano il disabile, cercano la persona che c’è dentro. E lavorano su tutta la famiglia, perché quando succede una cosa così, la vita di tutta la famiglia deve cercare un’altra direzione». Alcune cose ad Alberto cominciano a riuscire più: non cammina più bene, non riesce più a leggere il Braille, le mani iniziano a tremargli. «N farà altre, altrettanto belle, ha una forza di volontà incredibile. È in gamba mio figlio, non si può immaginare», dice Daniela. «Io ne sono proprio innamorato», aggiunge papà Gianfranco. «Non so come sarebbe stata la mia vita se Alberto non fosse stato così, ma di sicuro io oggi sono un uomo contento».

La storia di Alberto è un esempio di come l’incontro con Lega del Filo d’Oro cambia la vita di una persona sordocieca e pluriminorata psicosensoriale, ma anche della sua famiglia. Un lascito solidale è un modo per rendere possibili storie come straoridnarie, quella di Alberto. Per questo la Lega del Filo d'Oro lancia la quarta edizione della campagna di informazione e sensibilizzazione "Tutti i colori del buio”, cui quest'anno ha prestato la sua voce il testimonial Neri Marcorè. «Era il 1992 quando lanciammo la prima campagna sui lasciti testamentari, che aveva come protagonista Renzo Arbore. Da allora di strada ne è stata fatta molta e abbiamo capito che è fondamentale raccontare agli Italiani a cosa avrebbero contribuito se avessero ricordato la Lega del Filo d'Oro nelle ultime volontà», dichiara Rossano Bartoli, Presidente della Lega del Filo d'Oro. Sono oltre mille i lasciti destinati alla Lega del Filo d'Oro dal 1965 ad oggi, 4 volte su 10 da persone che non erano già sostenitori dell’Associazione. «I fondi raccolti con i testamenti solidali, in particolar modo, ci permettono di garantire una progettualità a lungo termine e di offrire servizi fondamentali per le persone sordocieche e le loro famiglie». Per informazioni, si può consultare il sito http://lasciti.legadelfilodoro.it/ o contattare il numero 800 969600.

La storia di Alberto fa parte del volume "Il codice del cuore. Le famiglie della Lega del Filo d'Oro si raccontano"

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