Autismo

Quando i ragazzi con autismo partecipano alla vita sociale

di Luca Cereda

La storia e la missione di “Io autentico”, un’associazione di genitori di Vibo Valentia che lavorano per supportare il diritto alla cittadinanza dei loro figli con autismo

La regione Calabria conta circa 25mila autistici: queste persone, soprattutto i ragazzi, sono molto spesso relegati ai margini della società. «Il motivo principale è culturale. Oggi, quando ci sono, esistono per loro solo percorsi trattamentali», spiega Enrico Mignolo, tra i fondatori e presidente dell’Associazione Io Autentico, in prima linea da anni sul fronte dell’autismo a Vibo Valentia. «Oggi in Calabria – chiosa ancora Mignolo – le persone con disabilità spesso vivono in famiglie e contesti sociali in cui non si conoscono i propri diritti e di conseguenza non trovano alcuna risposta negli uffici dei servizi sociali dei Comuni, questo è vero dramma calabrese». Una situazione che non solo non ha scoraggiato Enrico e alcuni genitori di Vibo che hanno contribuito a fondare l’associazione Io Autentico, ma ha impiegato queste persone nella costruzione di una rete di iniziative e progetti che permettano ai ragazzi con autismo di poter partecipare – con i loro modi e tempi – alla vita sociale.

La risposta allo stigma è essere dappertutto, con naturalezza

«Se da un lato continua ad esserci l’assoluta mancanza di erogazione di servizi, se non quelli puramente trattamentali per i nostri figli con autismo, dall’altro lato 6 anni fa ci siamo posti l’obiettivo di realizzare progetti di partecipazione sociale per i nostri ragazzi con autismo, ma che coinvolgesse anche i nostri figli senza autismo e i figli di tutta la comunità di Vibo. Crediamo non ci debba essere un noi e un loro, dobbiamo essere tutti parte e partecipi del cambiamento socio-culturale che stiamo promuovendo».

Io Autentico – i cui progetti hanno il sostegno di Fondazione con il Sud attraverso il bando per il volontariato – in questi anni ha lavorato con ragazzi dai 7 ai 17 anni, ma «l’età non è vincolata dalla nostra volontà, ma da uno stigma verso la patologia che genitori di figli con autismo di età maggiore hanno. Puntano solo sulle attività terapeutiche sperando in una “guarigione” o un miglioramento della forma di autismo, senza pensare che gli stimoli di vita reale e vissuta siano utili e soprattutto indispensabili per evitare a questi ragazzi la ghettizzazione. Noi invece siamo proprio questo: una realtà che punta a costruire quegli stimoli ai ragazzi. Tra questi un campo estivo dal nome “Aut-Out”. Doveva durare una settimana nell’estate del 2021, ma è andato avanti per 7 settimane. Durante il campo abbiamo aperto il cinema ai ragazzi con autismo adattando i volumi della proiezione e portando i ragazzi in orari meno affollati, ma facendoti stare insieme agli altri, alle altre persone», spiega Enrico Mignolo.

La vita fuori dalla bolla: fatta di stimoli da imparare a gestire

Il campo estivo era partito con 30 ragazzi di cui solo la metà con autismo. E finita l’estate Io Autentico ha continuato a lavorare con tutti loro insieme alla comunità, affinché prendesse coscienza dell’esistenza di ragazzi con autismo al suo interno e conoscesse i loro modi di vivere la città: dal comprare un gelato al chiosco in spiaggia all’andare in biblioteca a prendere un libro in prestito. Attrita in cui i ragazzi, autistici e non, seguiti dagli educatori, instaurano rapporti di amicizia vera.

«Ora, insieme alla Confcommercio locale stiamo installando pittogrammi che facilitino l’orientamento dei ragazzi con autismo nei supermercati che aderiscono al nostro progetto che prevede anche la formazione del personale a prendere in carico le richieste di clienti con autismo che in modo autonomo venissero a fare la spesa», spiega il presidente di Io Autentico. I percorsi di autonomia dei ragazzi con autismo passano inevitabilmente dalla rottura di stereotipi verso chi è affetto ad autismo, ma anche meccanismi di iperprotezione. «Vibo dista 5 chilometri dal mare, quindi spesso siamo andati in spiaggia con il campo estivo di Aut-Out, ma una nostra ragazza di otto anni non c’era mai stata al mare. Tantomeno era mai entrata. Era stata difesa da un contesto ricco di stimoli come quello che si genera in spiaggia: una situazione che all’inizio disorienta e può produrre anche paura, ma è quella la vita reale, non quella nella bolla. A quella ci si deve abituare. Affrontare questi stimoli supportati dagli amici e dagli operatori dell’associazione fa si che a un contesto nuovo, si posso sviluppare insieme una risposta adeguata».

Nello sport, come nel lavoro

Un ulteriore occasione di fare i conti con la realtà e con un contesto non solo dedicato a persone con autismo, sarebbe lo sport: il condizionale è obbligatorio, perché anche se il linguaggio dello sport è universale, «nei palazzetti sportivi e nei club i ragazzi con autismo sono vissuti come elemento di “disturbo della loro attività”, da cui tanti dei nostri ragazzi sono esclusi anche per via delle poche risorse delle squadre o delle palestre – spiega Mignolo, che nello spirito di Io Autentico parte dal problema per sperimentare soluzioni -. Di fronte a questa situazione dello sport sul territorio, abbiamo realizzato convenzioni con alcuni centri sportivi per avere un nostro mediatore che segua i giovani atleti facendo “da collegamento” tra l’allenatore e i ragazzi con autismo dentro il contesto delle palestre o delle piscine che frequentano tutti i ragazzi, tutti gli atleti».

Le stesse problematiche che si verificano nell’accesso allo sport per i ragazzi con autismo, ci sono – e in modo anche più lesivo dell’autonomia e delle competenze che queste persone possono acquisire con lo studio e con tirocini mirati: «I nostri figli con autismo crescono come tutti gli altri, ma per loro affacciarsi al mondo del lavoro non è “solo” difficile. È quasi impossibile. Finito il percorso scolastico le persone con autismo rischiano di restare tombati dentro casa. Ecco perché ci stiamo facendo interpreti anche di questo bisogno di autonomia dei nostri ragazzi: non vogliamo creare un contesto artefatto o morbido o tutelato nel lavoro. Per questo stiamo avviando il progetto “QUDV – qualità della vita”, un’iniziativa pensata per i ragazzi con autismo di Cosenza – perché per questo programma di maggiorenni a Vibo non ne abbiamo trovati e non si sono candidati – per fare uno stage in alcune aziende con cui abbiamo avviato una collaborazione: l’obiettivo è inserirli nel mondo del lavoro e farli restare. Indipendenti e autonomi», conclude Enrico Mignolo.

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