Speciale Procida/2

Procida docet: il processo conta più del prodotto

di Anna Spena

44 progetti, 330 giorni di programmazione, 240 artisti, 40 opere originali, 8 spazi culturali rigenerati e 480 le persone iscritte al programma di volontariato. Procida Capitale Italiana della Cultura 2022 ha dato il via a uno dei processi di innovazione sociale e culturale più riuscito degli ultimi anni. Un progetto che non riguarda solo la nomina a Capitale, ma che ha rimesso al centro le persone e ha dimostrato quanto vale il lavoro di rete

La ricordiamo come “L’isola di Arturo”, dove la scrittrice Elsa Morante ambienta il suo racconto: la storia di un ragazzo, orfano di madre. Arturo trascorre l'adolescenza a Procida mentre aspetta il ritorno del padre. O ancora come l’isola di Massimo Troisi, protagonista del film “Il Postino”. E 28 anni dopo le riprese del capolavoro cinematografico diretto da Michael Radford il ricordo dell’attore torna sull’isola con una mostra collettiva di arte contemporanea dedicata a lui: “Il Postino dietro le quinte. I volti di Massimo Troisi”. Questa è un'isola straordinaria che ci regala da un lato la bellezza di un tempo che rimane fermo e dall'altro l'esperienza di uno dei processi di innovazione sociale e culturale più riuscito degli ultimi anni. L'abbiamo raccontato qui "Procida, da capitale della cultura ad hub culturale".

Procida è un modello riuscito che è stato in grado di avviare, sin dalla redazione del dossier per la candidatura a Capitale della Cultura, un partecipatissimo percorso di co-creazione collettiva, che ha coinvolto isolani e cittadini temporanei. «Prima isola a candidarsi e prima a vincere, aveva la responsabilità di rappresentare l’Italia dei borghi e delle isole, quell’Italia minore che – per patrimonio materiale e immateriale – ha invece tutte le carte in regola per affermarsi, trainando la rinascita culturale del Sud e disegnando nuove traiettorie d’innovazione culturale che possano compiere il senso di un’utopia. Quell’utopia a Procida si è compiuta», dice Agostino Riitano, direttore di Procida Capitale.

Un processo insomma che non riguarda solo la nomina a Capitale Italiana della cultura 2022 ma che ha rimesso al centro le persone partendo dalla consapevolezza che il percorso fatto in rete ha più valore del risultato finale e che mai bisogna guardare solo dentro i propri confini. Come il progetto "Echi delle Distanze", una rassegna musicale andata in scena da maggio a settembre, curata da Marco Stangherlin di Wakeupandream.

«La scelta», spiega Annapaola Di Paolo, produttrice esecutiva del progetto, «è stata quella di non fare grandi eventi pop, quindi con nomi già conosciuti, ma fare tante piccole attività per portare gli artisti dalle isole del mondo a Procida. Qui abbiamo avuto artisti di undici nazionalità diverse che non hanno solo fatto concerti, ma hanno interagito con la comunità locale attraverso laboratori e momenti di incontro sulla condizione di abitanti delle isole che accomuna gli abitanti di Procida e delle isole del Mediterraneo e del mondo. Per Echi delle Distanze, che si chiama così proprio perché sono sbarcati sull’isola voci, ritmi e tradizioni da posti lontani, abbiamo realizzato 6 laboratori partecipati, coinvolgendo attivamente circa 200 persone tra abitanti e cittadini temporanei».

Lo scorso maggio, ad esempio, la rassegna è stata aperta da “Small Island Big Song”, un collettivo che raccoglie musicisti, artisti e attivisti provenienti dalle isole dell’Oceano Pacifico e Indiano a rischio di spopolamento e scomparsa per l’innalzamento del livello del mare. Obiettivo: lanciare insieme un grido di allarme sugli effetti del climate change e sulla crisi ambientale che minaccia il pianeta. O ancora lo scorso settembre è stato il turno del workshop del musicista e musicologo olandese Yuri Landman che ha aiutato gli abitanti dell’isola a costruire strumenti a corda e arpe giganti utilizzando il legno di gozzi procidani dismessi per conciliare cultura del riciclo e creatività artistica. «Procida è un luogo speciale», dice l’artista. «Abbiamo costruito 12 strumenti, 2 arpe dalle vecchie barche e 10 cetre. E tutti i partecipanti hanno portato a casa i loro strumenti, così hanno un bel ricordo e possono suonarli. Il mio workshop è durato 10 giorni e il gruppo era composto da persone molto giovani e fino ai 70 anni. Per me è stato così speciale riunirli nel concerto del primo settembre, quando abbiamo suonato insieme per un concerto pubblico».

Ma a Procisa è stata la cultura il motore di tutto, e ha messo in relazione le persone. È quello che è accaduto, tra gli altri, con "Procida HaC(k)ultura", un evento che si è tenuto gli scorsi 15 e 16 ottobre, che ha aperto uno spazio di progettazione e confronto attorno ad alcune sfide lanciate da imprese ed enti pubblici sui temi culturali, ambientali, di mobilità e di innovazione sociale, nato per maturare visioni di un futuro sostenibile proponendo soluzioni cantierabili con il supporto della tecnologia. «Procida HaC(k)ultura», dice Francesca Cocco, responsabile dei progetti di Innovation Village, «è stato un vero successo. Hanno partecipato oltre 60 tra ingegneri, studenti, chimici, biologi, artisti, imprenditori, designers, programmatori digitali da tutta Italia». Dai tavoli è nata per esempio l’idea di un’app che incentiva i cittadini a usare il trasporto pubblico attraverso un meccanismo di premialità o ancora una piattaforma che aiuta le famiglie nobiliari dell’isola a costruire una narrazione accattivante sul proprio ruolo culturale nella storia. «Io credo», chiosa Cocco, «che questi progetti siano un grande respiro di innovazione per l’isola di Procida, ma penso anche che siano un grande esempio e possano essere esportati in altri territori».

Certo è che Procida Capitale Italiana della Cultura rappresenta un riscatto per tutto il Mezzogiorno: «Siamo pieni di orgoglio», dice Rosanna Romano, direttrice generale per le Politiche Culturali e il Turismo della regione Campania. «Ma non credo che questo valga solo per i cittadini campani. Procida è una rivincita per tutti quei comuni del Sud Italia, piccoli o anche meno piccoli, a cui non è mai stata riconosciuta forza culturale o capacità organizzative. Certamente sono state, nel corso dei secoli, apprezzate personalità artistiche e grandi scrittori meridionali. Ma grazie a Procida abbiamo fatto un passo avanti: non il singolo, ma la collettività — quindi l’insieme dei cittadini — rappresenta una base culturale forte e si fa portatrice attraverso varie proposte di questa ricchezza. Una collettività che è stata capace di lavorare insieme. Procida è davvero un lavoro corale ben riuscito che si fonda sulla collaborazione tra tantissimi attori: le istituzioni, le associazioni locali, i cittadini, il mondo universitario, i cittadini temporanei che hanno soggiornano e soggiornano sull’isola».

L'anno di Procida Capitale si sta per concludere, eppure la percerzione è che invece siamo solo all'inizo: «Procida», continua Romano, «lancia un messaggio chiaro e intriso di consapevolezza: la cultura ha un’enorme capacità generativa, non ha vincoli. Chi pensava che il capitale culturale fosse la somma delle eccellenze è rimasto deluso. La forza sta nell’insieme e nella visione di questo insieme. E quindi il coinvolgimento del mondo del Mediterraneo, la multiculturalità, la ricchezza dei sogni, la partecipazione dei giovani e il dialogo con le nuove generazioni. Procida insegna ad investire sulla rete, sulla collaborazione, sulla creazione di una comunità che accoglie tutti: i giovani, gli immigrati, le donne, i fragili. E lascia anche un messaggio per la tutela ambientale, ci insegna ad aprirci agli altri senza che il territorio venga cannibalizzato».

Foto 1,2,3 credit Antonello De Rosa; foto 4 e 5 credit Orlando Faiola

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