Il Consiglio Acri, nella sua riunione del 18 giugno scorso, ha deliberato, all’unanimità, la conferma del sostegno quinquennale da 20 milioni l'anno a favore di Fondazione con il Sud per il periodo 2021-2025. Una scelta strategica, che va oltre le competenze geografiche dell'ente guidato da Carlo Borgomeo. Come Francesco Profumo, presidente di Acri spiega in questa intervista a tutto campo che tocca anche temi caldi come il ruolo delle Fondazioni ex bancarie in questa fase di ricostruzione post Covid e il loro trattamento fiscale.
Presidente, in occasione della conferma dello stanziamento a favore di Fondazione con il Sud per il quinquennio 21-25 lei ha dichiarato: “Siamo convinti, che anche in questa fase di crisi, la Fondazione Con il Sud saprà accompagnare la società civile del Mezzogiorno in una grande opera di riscatto e di rigenerazione fondata sulle comunità e sul capitale sociale di questi territori”. Ha poi anche parlato di “intervento di sistema”. Quali sono le peculiarità del modello Fondazione Con il Sud che vi hanno convinto a proseguire in questa esperienza e quali i risultati che vi attendete nel prossimo lustro?
Anche in questa fase di difficoltà che colpisce tutto il Paese, le Fondazioni non hanno voluto far venir meno il loro sostegno a Fondazione Con il Sud: un’esperienza di cui vanno molto orgogliose e che è il più significativo esempio di solidarietà Nord-Sud tra privati che il nostro Paese abbia mai conosciuto. Le peculiarità principali di quest’esperienza di successo sono due. Innanzitutto la governance condivisa tra Fondazioni e Terzo settore. Poi la chiara visione che ispira tutto il suo operato: coinvolgere la società civile del Mezzogiorno in quest’operazione, senza la pretesa di voler calare soluzioni dall’alto. In questa direzione bisognerà continuare nei prossimi anni, perché siamo convinti che lo sviluppo del Sud passa dalla valorizzazione del suo capitale umano.
Fondazione Con il Sud con l’impresa sociale Con i bambini ha lanciato anche un nuovo approccio della filantropia delle Fondazioni che poggia su almeno due pilastri: collaborazione paritetica con l’amministrazione pubblica e valutazione di impatto sociale. Pensa che possa essere un modello da estendibile anche al di fuori dell’area di azione della povertà minorile? È un modello “esportabile” e applicabile su scala più larga nel momento in cui arriveranno i fondi europei del Recovery Fund?
Il partenariato pubblico-privato è la strada maestra per affrontare tutte le grandi questioni del Paese. Non è più – se mai lo è stata – l’epoca di soggetti in grado di fare da soli. Il modus operandi delle Fondazioni di origine bancaria è sempre stato quello di promuovere e ricercare tenacemente il dialogo e la collaborazione con tutti i soggetti attivi nei loro settori di intervento. Questo, ovviamente, senza mai derogare all’efficienza nella gestione delle risorse. E il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile è un esempio di eccellenza in questo senso. Allo stesso tempo ritengo che non dobbiamo essere bloccati dal “mantra della valutazione”, perchè non tutto è valutabile numericamente. L’impatto in termini di coesione sociale, che gli interventi delle Fondazioni producono sui territori, è difficile da rilevare con i numeri, ma è il sale della nostra democrazia!
La Luiss ha calcolato in 230 miliardi di euro i fondi che arriveranno in Italia. Mi dice due provvedimenti che lei prenderebbe subito?
Gliene dico uno: istruzione. Il nostro Paese ha urgente bisogno di invertire una tendenza che lo vede sempre nei posti più bassi nelle classifiche europee per investimenti pubblici in istruzione, sia in rapporto al Pil sia rispetto al budget totale. Un Paese che sul serio voglia progettare il suo futuro non può che partire dal puntare sulla qualità del suo capitale umano, offrendo ai giovani gli strumenti e le opportunità per mettere sul serio a frutto il loro potenziale.
Una delle tre parole chiave indicate da Giuseppe Conte alla chiusura degli Stati Generali dell’economia è inclusione, non proprio un termine economico. La sorprende?
Non mi sorprende affatto. Coesione nazionale e coesione sociale sono due prerequisiti perché questo nostro Paese riprenda a camminare e poi a correre. E sono proprio le chiavi di volta dell’agire delle Fondazioni e, in particolare, di Fondazione Con il Sud. La crisi che stiamo vivendo la potremo affrontare e vincere solo se sapremo rispondere tutti insieme, come comunità e come Paese.
Molto si è dibattuto in questo mesi sul ruolo delle Fondazioni, in diversi casi è intervenuto anche l’ex numero uno di Acri Giuseppe Guzzetti ricordando come il patrimonio di Cariplo non sia un patrimonio pubblico (inteso come proprietà di un’amministrazione pubblica), ma appartenga ai cittadini della Lombardia e delle due province piemontesi (VCO e Novara). E lo stesso vale per le altre Fondazioni di origine bancaria. De Rita parla di “neostatalismo dell’emergenza”. Tira una brutta aria per le Fob? È preoccupato?
Non sono preoccupato. Siamo ormai abituati a “strampalate” ipotesi volte a snaturare completamente natura e ruolo delle Fondazioni, che ciclicamente tornano ad affacciarsi sulla stampa ad opera di sparuti commentatori, che vorrebbero attribuire alle Fondazioni compiti e finalità ben diverse da quelle previste dalla legge e incompatibili con la loro natura di soggetti privati. Ritengo che nel nostro Paese la cultura della sussidiarietà ancora si scontri con diffuse resistenze ideologiche: non passa l’idea che esistano – e sono sempre esistiti – soggetti privati che agiscono per il bene comune. Questa emergenza e i mesi della ripartenza aiuteranno a vincere queste resistenza, dimostrando come il Terzo settore, le Fondazioni, la filantropia, ma anche le imprese e i singoli cittadini possono e vogliono fare la loro parte per il bene di tutti.
Le previsioni parlano di un crollo del Pil superiore al 10%, con le conseguenze sociale che ciò comporterà. La conferma dello stanziamento per Fondazione Con il Sud è un segnale di stabilità. Crede però che la crisi impatterà sulla capacità erogativa delle Fondazioni che oggi supera il miliardo di euro l’anno (2,6% rispetto al patrimonio)?
È ancora presto per quantificarlo, ma è certo che l’emergenza causata dal Covid-19 avrà un impatto anche sulle Fondazioni di origine bancaria, come su tutto il sistema economico globale. I patrimoni delle Fondazioni sono investiti in maniera molto diversificata, ma è prevedibile che il complessivo cattivo andamento dei mercati finanziari potrebbe intaccare l’attività istituzionale delle Fondazioni in favore dei loro territori. A questo si è aggiunta la decisione delle banche italiane di congelare la distribuzione dei dividendi, adeguandosi alla raccomandazione della Bce. Tuttavia, proprio per garantire la continuità della loro attività erogativa, le Fondazioni hanno già da tempo costituito degli appositi fondi di stabilizzazione, che attualmente ammontano in media al doppio delle erogazioni annuali. Si può supporre, quindi, che, pur risentendo della situazione straordinaria che stiamo vivendo, le erogazioni si manterranno entro livelli accettabili, per non arrecare un colpo ulteriore a quelle realtà che sono i tradizionali destinatari dei contributi delle Fondazioni (dal Terzo settore alla ricerca, dalla cultura all’istruzione), già gravate dall’emergenza e che hanno bisogno di un grande aiuto per ripartire. La dimensione dell’impatto di questa emergenza sull’operatività futura delle Fondazioni dipenderà ovviamente da quanto tempo impiegherà il Paese a superare questa fase drammatica.
Ritiene in questo senso auspicabile un intervento del Governo, magari attraverso un ripensamento rispetto al carico fiscale che nell’ultimo decennio è quadruplicato?
Con il Governo abbiamo da tempo avviato un percorso di riflessione che, una volta superata la fase più acuta di questa crisi, possa portare a una complessiva revisione del regime fiscale delle Fondazioni di origine bancaria, che consenta ad esse di poter agire con maggiori risorse nell’esclusivo interesse della collettività. Perché, pur essendo il principale attore privato in campo per il bene comune, a sostegno e a fianco del Terzo settore, le Fondazioni sono sottoposte a un regime fiscale paradossalmente più penalizzante di quello di soggetti profit.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.