Acquistare un’automobile. Riuscire a sostenere le spese di una casa in affitto. Finire il percorso di studi. Sono concreti i sogni dei ventenni, hanno a che fare con l’autonomia e con il futuro. Sanno di libertà. Questi però non sono i sogni di tre ventenni qualsiasi. Appartengono a tre care leavers, giovani cresciuti in comunità che una volta raggiunta la maggiore età si trovano fuori dai sistemi di accoglienza temporanea, un brusco risveglio nel mondo adulto. Per Desirée, Manuela, Zorha, quelle sette lettere che compongono la parola libertà contano. Non sarebbero lì, scritte nero su bianco, se non esistesse un progetto che ha da poco compiuto un anno e che ha preso avvio proprio insieme a loro. Siamo a Catania, in Sicilia, in un quartiere (Barriera) dove lo spagnolo è parte della storia. È per questo che fondazione illimity e consorzio Il Nodo hanno scelto il nome Barrio21 per un percorso che mette un paracadute dove un paracadute non c’è, in quel pezzetto di strada, fondamentale, che i giovani cresciuti fuori famiglia si trovano a compiere oltre la maggiore età (il limite massimo è proprio 21).
Un guscio vuoto da riempire
Ogni anno escono dalle comunità circa 3mila ragazzi per ragioni di età: dal 2019 una sperimentazione promossa dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha messo a sistema le esperienze a macchia di leopardo di strumenti e progetti dedicati a coloro che al compimento della maggiore età vivono fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell’autorità giudiziaria che li ha collocati in comunità residenziali o in affido eterofamiliare. Uno dei più recenti è Barrio21, che in un anno di vita è stato il porto da cui far salpare il progetto di vita di cinque ragazzi.
Questa è la storia di un appartamento vuoto, abbandonato, e di un gruppo di educatori e operatori del sociale che aveva ben chiaro un bisogno. Si sono incontrati attorno a un’espressione che può sembrare inflazionata ma in questo caso è sostanza. Generare valore. L’appartamento vuoto era nella disponibilità di fondazione illimity, l’ente indipendente e distinto nato da illimity Bank con l’obiettivo di creare nuovi spazi di inclusione, coesione e benessere condiviso attraverso la rigenerazione di asset immobiliari da destinare a progetti di utilità sociale. «Tra gli ambiti di specializzazione del gruppo Illimity c’è quello della gestione e valorizzazione del credito difficile con sottostante immobiliare», spiega il manager e progettista in ambito sociale Roberto Bonifazi. «Operando in questo ambito, capita di entrare in contatto con asset che, se riqualificati, hanno il potenziale di diventare progetti ad alto impatto sociale, capaci di creare benefici per le comunità e le imprese». Da un bene tangibile che ha un valore sociale molto ridotto, possono nascere realtà dal potenziale enorme. Prima di Barrio21, la fondazione ha dato vita a un albergo etico a Cesenatico dove la parola d’ordine è inclusività e a un (re)generation camp in uno spazio recuperato all’interno di un centro commerciale nella periferia di Roma.
«Quando ci si presenta un’opportunità di rigenerazione, per prima cosa ci rivolgiamo alle reti attive nel contesto, per individuarne i bisogni reali», continua Bonifazi. «È un percorso di esplorazione, alla ricerca di un interlocutore solido per reputazione, serietà, affidabilità e capacità di dialogo con il territorio». A Catania, è stato da subito individuato ne Il Nodo, consorzio attivo da oltre vent’anni, nato per rendere più concreta e forte la relazione tra cooperative sociali operative nella gestione dei servizi alle persone e nell’inserimento lavorativo di persone deboli e svantaggiate. «Siamo un sistema che punta a produrre un reale cambiamento», spiega il presidente Fabrizio Sigona, «attraverso il sostegno ai giovani e alle persone in difficoltà, attraverso l’accoglienza e l’integrazione. Per noi l’impresa sociale è lo strumento con cui realizzare sogni. La nostra primissima vocazione, mai tradita, è stare accanto a chi cresce. Per questo, quando abbiamo intercettato la domanda di fondazione illimity, abbiamo da subito pensato ai care leavers».
E ora, che si fa?
«E adesso che succede? Se lo chiedono i nostri ragazzi e ce lo chiediamo anche noi»: a parlare è Irene Tribulato, responsabile progettazione consorzio Il Nodo. «Diventi maggiorenne e la porta che prima ti era stata aperta ti si chiude dietro le spalle». Sigona non usa mezzi termini: «È un vero e proprio vulnus, un buco istituzionale che pesa sulle spalle di ragazzi che hanno già uno zaino molto pesante di esperienze dolorose. Passano dal disagio (percepito o meno) all’interno delle loro famiglie alla vita in comunità, dove l’accompagnamento è costante, per poi improvvisamente ritrovarsi a 21 anni con l’obbligo di lasciare anche quel nuovo equilibrio». Le cooperative che fanno capo a Il Nodo accompagnano decine di adolescenti nel loro quotidiano: «Ogni ragazzo per noi è un seme di cui prendersi cura. Se subito prima di vederlo fiorire smettiamo di innaffiarlo, rischiamo di annullare tutto il lavoro fatto. La fondazione illimity sta tessendo con noi un filo invisibile che permette a ognuno di loro di avere il tempo, e la libertà, di cucirsi un abito su misura, non di indossare un capo a priori, semplicemente perché non c’è altra scelta».
Una storia che continua
Libertà. È il cuore di Barrio21. Sta in un anno di tempo per mettersi in viaggio, davvero, verso la vita adulta. Nella figura del tutor, molto diversa dall’educatore in comunità, qualcuno che ti guida, un fratello maggiore con cui provare a immaginare il futuro. Dentro il mazzo di chiavi di una casa che è bella da far piangere (letteralmente) le sue prime inquiline.
Desirée voleva un lavoro stabile e un’auto tutta sua. Ha trovato lavoro nel quartiere, come Manuela, che oggi vive in una casa di cui paga l’affitto. Zorha, invece, va ancora a scuola: è il suo impegno da onorare ogni giorno. Cadono e si rialzano come si fa a vent’anni, «lottano con tenacia per non ricadere negli errori che hanno visto compiere sulla propria pelle, imparano a volersi bene ribellandosi alle ingiustizie». Thomas, nell’appartamento accanto, è riuscito a non far crollare del tutto la fiducia nei confronti del mondo. Gli sono bastati pochi mesi per trovare il coraggio di investire su se stesso e partire verso un lavoro in un’altra regione.
Prima di trasferirsi, Desirée ha lasciato a Barrio21 un peluche e qualche oggetto che le sue amiche definivano trash. «Piccole cose che all’occhio di chi è esterno non significano niente, e invece è una storia che continua».
Le immagini sono di Fondazione illimity.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.