Non si diventa adulti a 18 anni: si diventa adulti quando si hanno gli strumenti per esserlo davvero, per prendere in mano la propria vita e iniziare a costruire il proprio futuro. Eppure, ai ragazzi e le ragazze che vivono in una casa famiglia, si chiede di diventare “grandi” puntualmente a 18 anni, o al massimo a 21, nel caso in cui il giudice conceda il cosiddetto “prosieguo amministrativo”. E così ragazzi e ragazze ancora giovani, spesso arrivati da lontano e sempre con vissuti difficili alle spalle, si trasformano, da un giorno all’altro, in carelevers: letteralmente, coloro che lasciano il contesto di “cura” ed escono dal sistema dell’accoglienza, per iniziare a essere, allo scoccare della maggiore età, del tutto indipendenti.
«Noi però non li lasciamo andare, fin quando non siamo sicuri che siano pronti a camminare da soli. Una casa e un lavoro sono gli strumenti minimi necessari per affrontare la strada da soli». Elda Melaragno è la presidente della Fondazione Protettorato San Giuseppe di Roma, nata oltre 100 anni fa come “orfanotrofio” e diventato, con il passare degli anni una casa e una famiglia – cinque case famiglia, per l’esattezza – per minori italiani e stranieri. Con un’attenzione particolare, oggi, anche per chi minore non lo è più. Da un anno a questa parte, infatti, è nata Solinc, un’impresa sociale, ideata e sostenuta dalla Fondazione con un prestito che verrà restituito grazie agli utili prodotti dalle attività.
Solinc, perché mette insieme solidarietà e inclusione. Come? Offrendo una casa e un lavoro, appunto, fondamenta per la costruzione di sé e del proprio futuro. «Il nostro compito non è solo accogliere, ma dare ai ragazzi e le ragazze le ali perché possano prendere il volo», spiega Melaragno. Per questo, Solinc mette a disposizione innanzitutto un appartamento, ampio e luminoso, in cui i ragazzi e le ragazze, compiuti i 18 anni, possono trasferirsi temporaneamente, una volta usciti dalla casa famiglia. «Si trova a pochi passi dalla Fondazione, perché si cresce e si diventa indipendenti a piccoli passi – aggiunge Melaragno – Per questo abbiamo introdotto una nuova figura professionale, il tutor per l’autonomia, che accompagna i ragazzi in questo percorso di emancipazione e li aiuta a superare piccoli e grandi ostacoli, conservando un occhio vigile e attento, ma discreto». I ragazzi possono restare nell’appartamento per un periodo limitato, pagando un affitto calmierato, fin quando non saranno in grado di procurarsi un proprio alloggio.
Nel frattempo, imparano un mestiere e iniziano a lavorare: dopo un percorso di formazione professionale, che inizia già in casa famiglia, vengono inseriti con regolare contratto nell’impresa Solinc, per lo più nel settore della ristorazione, presso enti e istituzioni che aderiscono al progetto. Mentre lavorano, continuano a formarsi, per affinare le loro competenze, che sono la forma più efficace di protezione sociale e di crescita personale.
Come spiega Massimiliano Umani, tutor per l’autonomia di Solinc: «È molto rischioso lasciarli andare, senza essere sicuri che abbiano gli strumenti per badare a se stessi. Ragazzi giovani, soli, senza punti di riferimento, senza risorse, diventano facili prede di piccole e grandi organizzazioni criminali. Dobbiamo assicurare loro un’alternativa a condizioni di illegalità o schiavitù, che li vedrebbero perdenti in tutto, dall’orario alla paga: dobbiamo dare a ogni ragazzo e ragazza il potere di scegliere il meglio per sé. Per questo, puntiamo sulle competenze, non solo dal punto di vista tecnico, ma anche personale e relazionale. I risultati sono spesso straordinari: alcuni dei ragazzi, dopo un primo inserimento in azienda, sono stati assunti proprio grazie alle capacità e alle qualità che hanno saputo dimostrare. In questo modo, non solo si sono assicurati un mestiere, ma anche l’opportunità di restare in Italia con un contratto di lavoro, documento fondamentale per una regolare e serena permanenza nel nostro Paese».
Attualmente nell’appartamento di Solinc abitano tre ragazzi, tutti stranieri, altri – qualcuno italiano – arriveranno nelle prossime settimane. I primi che hanno abitato in questo appartamento, se ne sono andati qualche mese fa, ormai pronti per vivere in autonomia. Come Arafat, che era arrivato minorenne in Italia dalla Somalia, dopo essere rimasto bloccato per due anni in Libia. Accolto in Protettorato, qui ha studiato e ha imparato la lingua un mestiere, mentre faceva tutto il necessario per ottenere i documenti necessari per la sua permanenza in Italia: festeggiati i suoi 18 anni in casa famiglia, aveva inaugurato, insieme ad alcuni compagni del Protettorato anche loro neomaggiorenni, l’appartamento appena ristrutturato e gli aveva dato vita. Ora si è trasferito in Germania, dove ha raggiunto alcuni familiari. «Sia lui che gli altri ragazzi usciti dalla semiautonomia hanno raggiunto ormai la piena indipendenza economica, stanno bene, hanno trovato la loro strada e conquistato i diritti di cittadinanza. Oggi sono a tutti gli effetti nuovi cittadini italiani ed europei», conclude Umani.
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