Da 25 anni è scultore, tiene laboratori in tutto il mondo e crea opere «bellissime da vedere, ma ancora più belle da toccare perché toccandole si vedono delle cose che, con gli occhi, non si possono vedere»: così dice Felice Tagliaferri, 55 anni, non vedente da quando ne aveva 14.
Tagliaferri, come si è avvicinato all’arte?
L’arte l’ho incontrata a 25 anni perché uno scultore di Bologna, che all’epoca insegnava all’Accademia di Brera, ha voluto fare un esperimento, vedere quanto la vista servisse per fare scultura. Quindi ha chiamato tre o quattro persone non vedenti nel suo laboratorio, ci ha incontrato per tre volte e alla fine ci ha detto: «Ragazzi, sono posto, ho visto che si può fare scultura anche senza vista». Io gli ho risposto: «Mi hai fatto venire voglia, ora mi tieni qui». E sono rimasto per due anni.
Dopo i due anni?
Da lì ho iniziato a produrre una quantità di opere smisurata, è arrivato un gallerista, ha fatto una mostra. Io mi sono preoccupato di non dire che sono una persona non vedente: ho venduto due pezzi, mi sono gasato e ho mollato la provincia e il mio lavoro da centralinista e ho deciso di fare l’artista.
Dove vive e lavora ora?
Vivevo a Bologna, da sei anni mi sono trasferito a Cesena perché mia moglie, che è siciliana, voleva stare al mare. Tanto per me abitare a New York o a Palermo è uguale: io faccio le mie opere, le porto in giro, vado a fare laboratori per il mondo, sono sempre in movimento, sto a casa due-tre giorni a settimana.
Quanto è difficile oggi il mercato dell’arte?
Dopo il boom negli anni ’80-’90 del mercato dell’arte, c’è stato un calo. Però secondo me questo è positivo, perché quando la mucca è grassa chiunque si attacca e prende il latte. Quando la mucca diventa magra, deve dar da mangiare a pochi prediletti. Quindi tutti gli artisti che facevano “pop” (che non era arte) sono “morti” artisticamente. Io purtroppo ho amici scultori bravi che per campare devono fare i camerieri. La mia fortuna è stata che, quando ho iniziato a fare lo scultore, tutte le mie competenze di una vita le ho messe lì. Faccio lo scultore ma tengo anche corsi per insegnanti, per artisti, per studenti, per manager.
![](https://www.vita.it/wp-content/uploads/2025/02/Felice-Tagliaferri-4.jpg)
Dal momento che sono l’unico non vedente al mondo che campa della propria arte, il mio modo di fare arte incuriosisce. Bisogna avere tenacia e fiducia. I primi anni – direi i primi dieci, non solo i primi due – si guadagna pochissimo, ci vuole tempo per farsi conoscere. Io ho avuto la fortuna che una compagnia teatrale di Catania aveva bisogno di uno scultore di scena, quindi andavo una volta a settimana giù in Sicilia. Però bisogna che la gente ti conosca. Tu puoi essere l’artista più bravo del mondo, ma se non hai fiducia in te stesso e non hai pazienza, non riesci a campare con questo mestiere.
Sono l’unico non vedente al mondo che campa della propria arte: il mio modo di fare arte incuriosisce. Bisogna avere tenacia e fiducia. I primi anni si guadagna pochissimo, ci vuole tempo per farsi conoscere
Qual è il suo modo di fare arte?
Le mie sculture sono bellissime da vedere, ma sono ancora più belle da toccare, perché toccandole tu vedi delle cose che con gli occhi non puoi vedere.
È famoso il suo Cristo Rivelato, per cui si è ispirato al Cristo velato di Giuseppe Sanmartino, nella Cappella Sansevero di Napoli, uno dei maggiori capolavori della scultura.
Quell’opera è nata come forma di denuncia perché mi fu impedito di toccare il Cristo velato con le mani. Sono stato tre giorni chiuso in una stanza con Massimiliano Trubbiani che me la descriveva centimetro per centimetro e anche perché chi non vede vede al contrario di chi vede. Chi vede guarda l’insieme, poi si ferma sul dettaglio che gli interessa di più. Chi non vede, invece, riconosce l’insieme partendo dal dettaglio. Quindi mettiamo un dettaglio alla volta, come un puzzle nella nostra testa, fino a crearci l’immagine completa. Ho creato un bozzetto in creta di 30 centimetri, ho comprato quattro tonnellate di marmo e ho fatto il Cristo rivelato.
![](https://www.vita.it/wp-content/uploads/2025/02/Tagliaferri-il-Cristo-Rivelato-particolare-mani-che-esplorano-la-scultura.jpg)
Dove ha girato per l’Italia il Cristo rivelato?
Il primo posto è stato Napoli, vicino alla collezione Farnese. Tutti i ciechi di Napoli hanno detto che il mio Cristo rivelato era più bello del Cristo velato di Giuseppe Sanmartino, ma ovviamente perché il mio si poteva toccare e l’altro no. Poi è stato in Sicilia, a Milano, a Parma, a Bergamo quando era Capitale della cultura. Adesso attualmente è a San Vito al Tagliamento, in Friuli-Venezia Giulia dove sta aprendo un museo tattile, l’anno prossimo andrà al Palazzo Te di Mantova. Dal 2010, l’anno in cui l’ho creato, non è mai tornato a casa.
Com’è nata, invece, l’opera Nuovo sguardo?
Una cosa bellissima che mi è capitata è che i Musei Vaticani mi hanno fatto toccare la prima copia della Pietà di Michelangelo perché volevo rifarla. Ho realizzato i due volti di Gesù e di Maria, poi ho comprato un blocco di marmo e ho fatto la Pietà. Però ho invertito: ho messo la Madonna in braccio a Gesù. La Madonna ha il volto da giovane, il corpo da donna e le gambe da persona anziana, come simbolo che l’uomo deve prendersi cura della donna sempre.
Tu puoi essere l’artista più bravo del mondo, ma se non hai fiducia in te stesso e non hai pazienza, non riesci a campare con questo mestiere
Quali sono le difficoltà e le soddisfazioni del suo lavoro?
Le difficoltà non esistono, sono fatte apposta per essere superate, quindi vanno bene. Le soddisfazioni ce ne ho a centinaia, a tutti i giorni. Per il mio lavoro incontro mediamente 30-40 persone al giorno, sempre nuove. Sono veramente stracolmo di ricchezza perché incontro la vita di tante persone, nei laboratori, nelle mostre.
![](https://www.vita.it/wp-content/uploads/2025/02/Felice-Tagliaferri-3.jpg)
E dove tiene i suoi laboratori in giro per il mondo?
In tanti posti, in India, Africa, Francia…
Lei ha una scuola d’arte?
La mia scuola d’arte è a casa mia ma è itinerante, è più facile che io mi muova. Ad esempio, ora vado a Firenze perché devo fare i laboratori in una scuola superiore. La settimana scorso ho fatto un laboratorio motivazionale in un’azienda, con tanti dirigenti. I miei laboratori cambiano a seconda dell’utenza, quello che non cambia è il fatto che l’esperienza tattile è sempre fondamentale. È interessante perché nove persone su dieci che partecipano poi mi dicono: «Ci siamo fidati fino ad oggi dalla vista, invece la vista è il 50% dell’esperienza». Posso dirle che non mi piace il nome che avete dato a questa serie di articoli, “Disabilità & Impresa”?
Certo, perché?
Perché le persone vanno valutate per le proprie abilità, non per le proprie disabilità. Valutatemi per quello che valgo come artista. Vorrei invitare tutti a Roma a giugno.
Per quale occasione?
Il 20 e 21 giugno farò una mostra a Roma, assieme al pittore non udente Francesco Paparozzi nell’Aula Clinica Oculistica, Dipartimento Organi di Senso Policlinico Umberto I dell’Università La Sapienza. Io ho detto all’organizzatore: «Se lui fa i quadri, io non posso vederli. Per dispetto io farò una scultura sonora così lui non la può sentire. Le nostre opere saranno esposte entrambe, a dimostrazione del fatto che arte e scienza possono andare insieme per suggerire un diverso modo di considerare la disabilità sensoriale. È nell’ambito del convegno “Cecità e sordità tra ricerca, educazione e tecnologia”. C’è un video che invito tutti a vedere, si chiama Andrei bene per il cinema muto, un progetto realizzato a Catania insieme a Daniele Ferraris, persona tetraplegica non comunicante. Siamo stati insieme una settimana. Non ho avuto problemi a comunicare con lui, io comunico anche con i sassi.
Questo articolo fa parte di una serie dedicata a “Disabilità & Impresa”. Qui gli articoli già pubblicati:
Non solo collocamento mirato, le persone con disabilità vogliono essere (anche) imprenditori
Imprenditori con disabilità: la sfida di essere più capaci degli altri
Ho messo 40 persone all’opera per facilitare la vita di chi è in carrozzina, come me
Abilismo e pietismo nei miei ciak sono banditi
I miei pazienti ? Vedono la professionista, non la disabilità
Foto dell’intervistato e dal sito www.felicetagliaferri.it
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.