Strade maestre

«Noi la scuola la facciamo camminando»

di Luca Iacovone

Otto studenti, quattro insegnanti, oltre 3mila chilometri a piedi: una scuola senza classi né banchi che si sposta attraverso l’Italia. Strade Maestre è un’esperienza di apprendimento nata dalla cooperativa sociale Camminamenti, con il supporto di diverse realtà come Cai, Aigae, Agesci. Un viaggio educativo che intreccia studio, incontri e scoperta del territorio

«Dopo mesi in viaggio, durante la tappa a Matera, mi sono seduta di nuovo dietro un banco. Eravamo in un liceo artistico per raccontare la nostra scuola in cammino: le lezioni sotto gli alberi, davanti ai monumenti, lungo le strade d’Italia. Abbiamo incontrato tante comunità locali lungo il percorso, ma mai dentro una scuola. E quando, all’improvviso, è arrivato l’urlo della campanella, ho sentito un’ansia incredibile. Non vedevo l’ora di essere di nuovo fuori, con i miei compagni di Strade Maestre, nella nostra scuola senza banchi e senza orari d’uscita».

Lisa è una degli studenti di Strade Maestre, il progetto della cooperativa sociale Camminamenti, che coinvolge ragazzi degli ultimi anni delle superiori provenienti da scuole di tutta Italia. Il loro anno scolastico non si svolge tra banchi e aule, ma lungo un cammino, dove affrontano il programma scolastico in viaggio, intrecciando studio e scoperta del territorio, trasformando ogni tappa in un’esperienza di apprendimento viva e concreta.

Da settembre Strade maestre ha già attraversato Lazio, Umbria, Sicilia e Calabria

Partiti il 16 settembre da Orvieto, stanno percorrendo oltre 3mila chilometri a piedi, attraversando borghi, città e paesaggi naturali, fino ad arrivare a Trieste. Così, le materie scolastiche si intrecciano con la scoperta del territorio e l’incontro con le comunità locali. Ogni lezione prende vita nei luoghi che la raccontano.

Mentre la prima edizione è ancora in corso, il progetto sta già preparando la prossima: in questi giorni si stanno svolgendo i colloqui conoscitivi con giovani e famiglie interessati a partecipare alla seconda edizione.

Un giorno con Strade Maestre

Ore 8.30, appuntamento in un bar di Matera, per fare colazione prima della partenza. È la mattina della tappa che li porterà fino ad Altamura, oltre 20 chilometri a piedi. Un gruppo di ragazzi è sparso tra i tavolini, con le sedie trascinate a casaccio, le brioche condivise, lo zucchero che passa di mano in mano. L’atmosfera è quella di una gita scolastica, un momento di leggerezza tra amici di sempre, prima di rimettersi in cammino.

Poi, all’improvviso, la voce di Marco Saverio Loperfido richiama la loro attenzione. È lui, insieme a Marcello Paolocci, Roberta Cortella, Niccolò Gori Sassoli ed Emilio Ruffolo, uno degli ideatori di Strade Maestre, oltre che guida ambientale escursionistica, camminatore esperto e autore di diversi libri sul viaggio a piedi.

Da sinistra: Roberta Cortella, Marco Saverio Loperfido, Marcello Paolocci e alcuni studenti di Strade maestre

I ragazzi si alzano e si sistemano sulle spalle zaini che invece di libri e quaderni, contengono sacco a pelo e materassino per dormire, pochi selezionati vestiti, l’essenziale per il campeggio e l’igiene personale, un tablet o un computer portatile. Il necessario per vivere e studiare in cammino. 

Appena fuori Matera, il registro cambia. Il chiacchiericcio del bar si spegne, lasciando spazio a un nuovo silenzio carico di attenzione. I passi diventano più ritmati, le voci si abbassano. Qui il cammino è una cosa seria. C’è chi estrae un tablet per rivedere gli appunti, chi ripassa la Rivoluzione russa con un compagno.

Lisa, invece, infila una mano nello zaino e ne tira fuori un gomitolo di lana e un ferro da maglia. Inizia a lavorare mentre cammina. «Lavorare a maglia mi aiuta a stare concentrata» spiega.

Se non faccio almeno due cose insieme, mi distraggo. Mentre cammino e lavoro a maglia, sto ripetendo a mente: mi aiuta a fissare i concetti.

Lisa, studentessa di Strade maestre

La scuola itinerante oggi non è riconosciuta, in futuro potrebbe esserlo

In Italia per essere una “scuola” riconosciuta formalmente è necessario dichiarare l’esistenza di un “edificio-scuola”, un luogo che ospita insegnanti e studenti. Per realizzare Strade Maestre è stato necessario trovare altre strade. Al momento Strade Maestre si realizza grazie alla possibilità, riconosciuta dalla legge, di accedere all’“istruzione parentale” che permette di fare scuola al di fuori delle scuole statali o riconosciute.

Gli studenti in istruzione parentale devono sostenere un esame di idoneità annuale, per certificare il raggiungimento degli obiettivi previsti dal Ministero dell’istruzione, e chi deve ottenere il diploma si presenta come candidato esterno all’esame di Stato.

Strade maestre lungo la tappa tra Matera e Altamura attraversa il Cammino materano

«A scuola sei davvero bravo se sai seguire, se ti lasci condurre mano nella mano: ti danno compiti, verifiche, interrogazioni e il ritmo dello studio è deciso dagli insegnanti, tu devi solo affidarti e lasciarti condurre. E ogni verifica fai un reset di quello che hai imparato per far spazio e nozioni nuove». A parlare è Gioele, frequenta il liceo artistico, indirizzo architettura. «Qui invece non è così, tutto si deve tenere insieme e sei molto più responsabile. Se ti distrai, se rimandi, nessuno viene a recuperarti con un’interrogazione a sorpresa. Se non studi, lo capisci dai buchi che ti restano. È più faticoso, ma impari a contare su te stesso. Poi con Strade maestre c’è anche tutto il resto: quando arrivi a destinazione, non è che ti chiudi in camera a studiare e basta. Devi lavarti i vestiti, prepararti da mangiare, organizzare lo zaino per il giorno dopo».

Tra fasi stanziali e cammino: il ritorno sulla strada

Studiare camminando, però, non significa essere sempre in movimento. Strade Maestre alterna fasi itineranti e periodi più stanziali, in cui i ragazzi si fermano per consolidare lo studio e recuperare energie prima di ripartire.

Gioele racconta che l’ultima fase stanziale si è svolta in Calabria, dove hanno vissuto per alcune settimane, immergendosi in uno studio più strutturato. «Quando sei fermo riesci a concentrarti di più sulle materie, hai più tempo per studiare».

Durante la giornata sono sempre previsti momenti dedicati allo studio personale

Ma adesso, con Matera, il gruppo è tornato in cammino. «Riprendere a camminare è come riaccendere il motore della scuola itinerante. Anche perché ogni volta che riparti, non stai solo cambiando città: stai cambiando modo di imparare. Impari ad associare lezioni e concetti a paesaggi diversi. Ad esempio, se mentre mi spieghi una cosa nuova vedo un albero dalla forma strana che mi colpisce, lego quell’immagine al concetto e non lo dimentico più. Il programma di quest’anno è organizzato nella mia memoria per tappe e paesaggi».

La strada è ancora lunga. Dopo la Basilicata, il gruppo ha seguito il Sentiero Cammino Materano fino a Bari, passando poi da Napoli, sulla Via Francigena fino a Roma, in Toscana, facendo tappa a Milano in occasione di Fa’ la cosa giusta, e proseguendo poi in Emilia-Romagna e Veneto, fino alla conclusione a Trieste

Una pausa lungo il cammino è l’occasione per riprendere una lettura sospesa

«Pensare che arriveremo a Trieste a piedi mi fa un effetto strano,» riflette Gioele. «È incredibile pensare a quanto abbiamo già camminato e a quanto ci manca ancora. Qualche volta mi sento un po’ sopraffatto, penso ai chilometri e alla mole del programma da tenere a mente».

A scuola studi un argomento, fai la verifica e poi te lo dimentichi. Qui no, qui tutto deve tenersi insieme, e per certi versi è più impegnativo, ma i nostri prof sono super!

Gioele, studente di Strade maestre

C’è chi sente l’ansietta della prova finale che si avvicina, chi comincia a fare schemi e ripassi, chi cerca di ignorare la tensione. «Ora ci sarebbe da spingere un po’ di più, come si dice in salita».

Camminare mi ha cambiato la vita

Se c’è qualcuno per cui Strade Maestre ha significato una vera svolta, quello è Edoardo. Il suo percorso scolastico è stato accidentato: due bocciature e la decisione di lasciare la scuola. «Non mi sentivo a mio agio, né con i compagni né con i professori. Ero chiuso, asociale, e lo studio non mi entrava in testa. Lo vedi come sono oggi? Ho provato a dirlo ai miei qui che prima di conoscere loro ero un asociale, non mi credono! Perché oggi sono una persona diversa. Camminando ho trovato finalmente la versione di me che mi è più facile amare».

Il programma di una giornata tipo

Gli chiedo se è cambiato anche il suo rapporto con la scuola, risponde pieno di energia: «Come puoi imparare da una persona che percepisci come tuo nemico? Voti, interrogazioni… ansia. Qui ho scoperto di avere una memoria incredibile, mi ricordo tutto. Invece a scuola mentre i prof parlavano ero vinto solo dalla preoccupazione di dover capire cosa tenere a mente ai fini dell’interrogazione e cosa tralasciare. E alla fine non mi restava nulla».

Edoardo si ferma un attimo, raccoglie un sasso da terra e lo lancia nel campo accanto.

Qui con i prof costruisci un legame profondo, e questo aiuta l’insegnamento, non lo rovina. Condividi con loro la vita, vedi quanto tempo ci mettono a preparare le lezioni, l’impegno e la dedizione. E questa cosa ti contagia

Edoardo, studente di Strade maestre

Imparare dall’incontro con gli altri

La scuola in cammino non è solo studio, è anche incontri. A Matera, il gruppo ha dormito nei locali di una parrocchia, mentre per i pasti hanno condiviso la tavola nella mensa Caritas con gli altri ospiti della struttura. «Se mi avessero detto anche solo un anno fa che sarei finito a mangiare in una mensa per poveri, avrei detto: è che avrò combinato mo’? Invece è stato bello parlare con alcuni degli altri ospiti, scoprire la gentilezza incredibile dei poveri, mi ha sorpreso. Lì erano tutti gentili, pensa che lo stesso don Angelo ci ha dato un posto per dormire, ci ha offerto la cena, e solo quando siamo ripartiti ci ha chiesto cosa stessimo facendo. Ci ha dato tutto quello che ci serviva senza neanche sapere chi fossimo e cosa stessimo facendo. È l’incontro con persone così ti cambia la vita».

Ad ogni tappa i partecipanti di Strade maestre si devono occupare anche della preparazione della cena

Ma partire per un anno non è solo scoperta: significa anche lasciare indietro qualcosa. «Mi manca il mio migliore amico, siamo cresciuti insieme ed è come un fratello. Mi manca mia nonna, che non sta troppo bene. E mi manca il mio vecchio cane, anche se un po’ stronzo».

Edoardo sorride e aggiunge «Non mi mancano gli stereotipi sul Sud, è la prima volta che vengo giù, sono veneto e della gente di qui da noi si dice di tutto. Ma io ho trovato solo gentilezza. La cosa che più mi ha sorpreso, però, è il nulla tra una città e l’altra. Decine di chilometri di sola natura, interi paesaggi senza alcuna traccia di cemento e asfalto. Come uno spartito: città, poi natura, poi di nuovo città e di nuovo natura. Questa cosa è bellissima, peccato che nessuno la racconti».

Un ritorno al passato

A chi vede Strade Maestre come un’innovazione radicale, quasi hippie o woke, basta parlarne con Federico Coglitore, professore di matematica con anni di ricerca e insegnamento universitario alle spalle, per cambiare prospettiva. Per lui, più che una rivoluzione, questa scuola è un ritorno alle origini.

Si è unito al progetto come docente volontario per un mese, e mentre camminiamo lungo il sentiero del Cammino materano, mi spiega perché. «Se ci pensi, la matematica e la filosofia sono nate così, camminando. Nell’Antica Grecia, l’istruzione si faceva in movimento, nel dialogo, nella scoperta diretta del mondo».

Lungo il cammino Marco Saverio Loperfido aiuta una studentessa a ripetere il programma di storia

Mi parla dei peripatetici, la scuola di Aristotele, che insegnava passeggiando sotto i portici del Liceo di Atene, discutendo di logica e scienze mentre il corpo era in movimento. Di come Pitagora, prima che matematico, fosse un viaggiatore e un iniziato ai misteri d’Oriente. Di Socrate, che interrogava i suoi discepoli per le strade di Atene, trasformando la città in un’aula a cielo aperto.

Si ferma un attimo, indica la strada davanti a noi. «Alla fine, ciò che facciamo qui non è così diverso. Quando impari camminando, il sapere diventa parte di te, si intreccia con l’esperienza. Non studi più per la verifica, studi perché quello che scopri ti serve a capire il mondo».

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