Quando Giorgio Righetti, direttore generale di Acri, associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio, ha assisto per la prima volta ad uno spettacolo della Compagnia della Fortezza, nella casa di reclusione di Volterra, racconta di non aver visto neanche per un solo attimo un detenuto che recitava. «Ho visto un uomo. Ed è stato commovente. Non un carcerato, ma un uomo con le sue difficoltà, fragilità, paure».
L’attenzione di Acri ai contesti come le case di reclusione è presente fin dalla nascita dell’associazione. «Gli interventi», spiega Righetti, «hanno due obiettivi fondamentali: alleviare il peso della pena nella quotidianità e offrire percorsi formativi e professionalizzanti che consentano ai detenuti un più facile reinserimento nella società una volta scontata la pena. Si va da progetti di assistenza di carattere psicologico, a laboratori di arti e mestieri, dal tutoraggio per il conseguimento di titoli di studio, alla costruzione di percorsi professionalizzanti nell’ambito delle pene alternative».
Ma il nostro problema, il nostro obiettivo non è rendere più umane le carceri, quanto quello di mettere alla prova il teatro in queste condizioni. Per noi, paradossalmente, il carcere può diventare il luogo dove reinventare il teatro e restituirgli la sua necessità”
Compagnia della Fortezza
Sul valore e l’efficacia di queste attività ai fini del reinserimento nella vita sociale e civile dei detenuti vi è unanime consenso. Lo dimostrano i numerosi studi che evidenziano come il tasso di recidiva, cioè la probabilità di commettere nuovamente un reato da parte di un ex-detenuto.
«Un particolare filone di interventi delle Fondazioni a favore dei detenuti», continua Righetti, «si concentra sulla realizzazione di attività culturali e laboratori artistici. Nello specifico il teatro rappresenta un campo artistico di particolare attenzione da parte di alcune Fondazioni. Proprio per questo motivo, la Commissione Beni e Attività culturali di Acri si è interrogata sul ruolo delle Fondazioni nella diffusione della pratica teatrale all’interno degli istituti di pena. Da questa riflessione è emersa l’esigenza di creare una occasione di confronto tra le Fondazioni che consentisse di fare il punto della situazione e cogliere eventuali opportunità di ulteriore sviluppo».
Ne è nato un seminario, tenutosi a Volterra il 9 giugno 2017 alla presenza di numerose Fondazioni che sono attive nel settore o desiderano entrarvi. La scelta del luogo non è stata casuale: nella casa di reclusione di Volterra, da circa 30 anni, è lavora la Compagnia della Fortezza, che nel 2018 festeggia i 30 anni di attività, e rappresenta un caso di assoluta eccellenza sul piano della qualità e del valore artistico dell’attività svolta all’interno dell’istituto di pena.
«La filosofia della Compagnia della Fortezza», dice Righetti, «è riassumibile da una frase, apparentemente provocatoria, ma che pone il tema del teatro in carcere in una prospettiva inusuale e capovolta rispetto al comune sentire: “Ma il nostro problema, il nostro obiettivo non è rendere più umane le carceri, quanto quello di mettere alla prova il teatro in queste condizioni. Per noi, paradossalmente, il carcere può diventare il luogo dove reinventare il teatro e restituirgli la sua necessità”».
Proprio partendo da questa sollecitazione, a seguito del seminario, si è deciso di approfondire l’opportunità di dare vita a un percorso che consenta di mettere assieme le migliori esperienze e prassi presenti in diversi contesti territoriali, farle dialogare e diffonderne l’approccio a beneficio di altri contesti e operatori. Ne è nato il progetto sperimentale “Per aspera ad astra” cui hanno dato la propria adesione le seguenti sei Fondazioni associate ad Acri: Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariplo, Fondazione con il Sud, Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia, Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra.
Il progetto si articola in una serie di eventi formativi e di workshop, alcuni realizzati a Volterra altri all’interno degli istituti di pena localizzati nei territori di competenza delle Fondazioni partecipanti, rivolti a operatori artistici, operatori sociali, partecipanti alla Scuola di formazione e aggiornamento del Corpo di polizia e del Personale dell’Amministrazione Penitenziaria, detenuti.
Quella delle compagnia della fortezza è un’esperienza straordinaria. Trent'anni anni di costruzione continua di Architetture dell’impossibile hanno fatto di questo Impossibile un’utopia concreta. Nata come esperienza di “teatro in carcere”, come i più hanno provato inizialmente a etichettarla, la Compagnia della Fortezza si è affrancata da questa categorizzazione, dimostrando come il teatro non ha bisogno di alcuna aggettivazione che lo costringa.
Il carcere è una situazione dove la realtà si mostra in tutta la sua forza, come artista non ti puoi illudere mai di niente. La realtà è sempre presente in questo confronto quotidiano
Armando Punzo
Questi trent’anni sono un traguardo unico, per un’esperienza unica, che per prima ha creato un nuovo genere, un nuovo modo di immaginare e fare il teatro, ha aperto nuove strade, diventando un modello artistico, culturale e operativo insuperato, da seguire e da studiare e a cui fanno riferimento da tutto il mondo.
«La Compagnia della fortezza», dice Armando Punzo, fondatore, drammaturgo e regista, «nasce dalla volontà di un giovane artista di trovare un suo modo di lavorare. Io ho avuto bisogno di queste pietre, frammento di realtà, che è il carcere per confrontami e mettere alla prova il teatro. Non volvo lavorare con gli attori e i teatri ufficiali, ma con i non professionisti e immaginare un'altra possibilità per il teatro».
Si pensa spesso al teatro in carcere come uno strumento di rieducazione, ma quello non è un aspetto che interessava o interessa Punzo. «Il carcere è una situazione dove la realtà si mostra in tutta la sua forza, come artista non ti puoi illudere mai di niente. La realtà è sempre presente in questo confronto quotidiano. Lavoro tutti i giorni qua dentro, è il mio teatro. E il carcere arricchisce la possibilità di trovare altre strade. Hai di fronte una realtà dura e da questa nasce il teatro vero, la poesia, l’arte».
Gli attori non sono professionisti. «Ma il professionismo», sottolinea Punzo, «non è la base di ogni cosa. Alcune delle persone che hanno lavorato e lavorano con me hanno acquisito con il tempo competenze e professionalità. Anche se nel non professionismo non c’è nessun limite».
«Entrando in carcere ho trovato il sud del mondo: volti, corpi, voci, dialetti, lingue. Un mondo rimosso che sembrava non avesse diritto di andare in scena: e questo non è un problema di reclusione e detenuti. Ho avuto la possibilità di toccare anche altri temi, testi e autori che sembravano ingialliti superati invecchiati e che invecchiati invece non lo sono».
In 30 anni di attività sono stati oltre 80 gli spettacoli realizzati dalla compagnia : «Bisogna essere chiari con le persone con cui si lavora», dice Punzo. «A me interessa il teatro. Non l’aspetto educativo del teatro. Quando lavoriamo non parliamo mai direttamente delle storie delle persone. È come se se lavorando alla Scala di Milano parlassimo delle storie personali del direttore d’orchestra, o di un componente del coro. Perché dovremmo parlare della loro storia. Parliamo invece di quello che è il lavoro da fare. Ed è così che poi emergono possibilità e sensibilità diverse. Che sì, quelle dipendono anche dalla storia personale».
Entrando in carcere ho trovato il sud del mondo: volti, corpi, voci, dialetti, lingue. Un mondo rimosso che sembrava non avesse diritto di andare in scena, E questo non è un problema di reclusione e detenuti
Armando Punzo
Armando Punzo non ha mia lavorato in altre case di reclusione. «Io ho bisogno di avere un gruppo di persone con cui lavorare crescere, pensare, immaginare. Non fare solo gli spettacoli. Io non sono un educatore aggiunto che fa progetti in giro. Io faccio questo lavoro e voglio difendere il teatro. Poi è evidente che tutto il lavoro che facciamo comporta una riflessione, negli altri come in me stesso». Chi ricerca solo "educazione" riduce le possibilità del teatro. Lo usa solo come strumento e ciò lo rende una riduzione e non un potenziamento.
Il viaggio dentro i 30 anni della Compagnia della Fortezza si fa più intenso durante i mesi estivi, attraversando multiformi atti di scena e di arte.
Si inizia con la presentazione dello spettacolo Beatitudo in anteprima nazionale dal 23 al 26 luglio 2018 nel Carcere di Volterra, spettacolo che sarà poi allestito in una versione speciale per un grande teatro all'italiana e presentato il 29 luglio al Teatro Persio Flacco di Volterra. Beatitudo debutterà in prima nazionale al Teatro Verdi di Pisa il 6 e 7 ottobre 2018, poi in tournée in tutta Italia.
Beatitudo, ultimo lavoro della Compagnia, regia e drammaturgia di Armando Punzo, liberamente ispirato all'opera di Jorge Luis Borges, trae le sue radici dal primo studio presentato lo scorso anno.
Beatitudo è lo spettacolo dei trent'anni, frutto di un lavoro lungo ed impegnativo che si pone quasi più come una pratica filosofica che teatrale, nel quale Armando Punzo ha deciso di affrontare la sfida di rappresentare l'irrappresentabile.
«Voleva sognare un uomo, sognarlo con minuziosa interezza, e imporlo alla realtà», dice Punzo. «Asciugare le acque di un fiume in piena, prosciugarle prima che inondino le pianure circostanti travolgendo tutto quello che incontrano sul loro cammino, procurando distruzione e morte, è questo il teatro che cerca di arginare la vita che dilaga in noi senza nessun freno, vita che rompe gli argini e si insinua in tutte le pieghe della nostra esistenza per possederci e soffocarci con il suo fluido limo, è questo il teatro che solleva solide barriere e svela in noi spazi inesplorati e segreti, impermeabili e irraggiungibili da queste acque sinistre e violente. Il fiume della vita scorre fino a che non inizia a scorrere la montagna che in esso si specchia immobile, silenziosa e imprevedibile.
Il 4 agosto andrà in scena l’evento di punta del primo anno di attività dal titolo Le Rovine Circolari – Cerco il volto che avevo prima che il mondo fosse creato, ispirato all’opera di Borges, evento site specific della Compagnia della Fortezza, con l’ideazione e la regia di Armando Punzo e la cura di Cinzia de Felice.
Il progetto nasce dalla volontà condivisa di creare un grande evento collettivo in occasione dei 30 anni della Compagnia della Fortezza in concomitanza con le iniziative per i 200 anni della Geotermia. Un evento che non sia solo uno spettacolo fine a sé stesso, presentato con l'intenzione di richiamare un grande pubblico, ma concepito come la creazione di una grande opera d'arte, fruibile da tutta la comunità, che rimanga nella memoria collettiva e che possa diventare simbolo di un territorio.
L'opera che prenderà forma nell'area della Centrale Geotermica Enel Green Power Nuova Larderello, già Larderello 3, all'interno della quale una monumentale torre di raffreddamento è stata trasformata in un’arena per spettacoli: la nuova struttura sorge all'interno di una vecchia torre di raffreddamento la cui parte superiore è stata demolita, mentre il basamento e l'opera inferiore sono stati mantenuti e ristrutturati per dare forma a una grande arena all'interno della quale sorge un ampio e suggestivo spazio per spettacoli a cielo aperto.
La monumentale scenografia in cemento, progettata come la gradinata di un antico tempio circolare sospeso su di uno specchio d’acqua, diventerà un’installazione permanente all’interno del sito di archeologia industriale, trasformandolo in un teatro all’aperto unico al mondo, una grande opera d’arte offerta a tutta la comunità, simbolo e metafora dell’esperienza della Compagnia della Fortezza. Il refrigerante geotermico sarà invaso di acqua come a creare un immenso lago di forma circolare e il pubblico sarà fatto entrare al suo interno e collocato in sospensione sullo specchio d'acqua. Immagini, luci, azioni performative, parole, sonorizzazioni, musiche e ritmi percussivi eseguiti dal vivo, enfatizzati attraverso la rielaborazione e la manipolazione dello straordinario riverbero del luogo, risuoneranno nel cuore e nella mente delle persone e trasformeranno lo spettacolo in una gigantesca opera d'arte, che sarà fruita dal pubblico in maniera totalmente diversa, dallo stesso pubblico partecipante quasi ri-creato in una nuova veste e con anche quest'ultimo trasformato, a sua volta, in opera d'arte. L'immagine guida è quella di uno specchio d'acqua sul quale ci si raccoglie per compiere un rito collettivo di purificazione e rinascita.
«Stando sulla riva di un lago è possibile dare libero sfogo ai sogni, alle riflessioni, all'immaginazione. ”Occhio liquido della terra spalancato ai confini della conoscenza, dove tutto ciò che è solido si dissolve nello specchio a doppia faccia», Armando Punzo.
Foto di Stefano Vaja
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