Non è gradevole ascoltare i racconti di chi, venti o trenta anni fa, frequentava da studente sordo le scuole del nostro Paese. Immaginare anche solo di dover partecipare con la classe ad una gita era e resta molte volte anche oggi motivo di frustrazione e rabbia: il diritto allo studio non è garantito a pieno da un patrimonio culturale spesso non accessibile. Non sentire diventa non capire, non apprendere, non avere le stesse possibilità di altri. Benché tanti passi avanti siano stati fatti in questi ultimi decenni relativamente all’accessibilità di luoghi museali e beni archeologici e monumentali per il godimento degli stessi da parte dei cittadini sordi, esiste una generazione 2.0 che chiede di poter lavorare sull’idea che anche i sordi possano diventare guide turistiche.
È quanto emerso durante la tappa romana (5-6 maggio scorsi) del progetto Maps – Musei accessibili per le Persone Sorde: un corso sull’accessibilità museale rivolto a giovani sordi nella splendida cornice di Palazzo Massimo e delle Terme di Diocleziano. Il progetto, promosso dall’Ente nazionale sordi (Ens) e cofinanziato dal ministero del Lavoro e delle politiche Sociali con il supporto della Direzione Generale Musei del Mibact, ha l’ambizione non solo di realizzare un'area web che dia informazioni e visibilità su quanto di esistente ci sia in Italia in termini di patrimonio culturale accessibile per la popolazione sorda, ma anche quella di fornire a giovani sordi strumenti di conoscenza utili ad una formazione professionale che consenta un inserimento lavorativo futuro nel settore. Parlarne con responsabili, docenti e giovani sordi non è stato facile: un insieme di gesti per cui, da udenti, si è avuto bisogno di un interprete.
Qui e in basso il racconto in LIS che ha avuto il supporto di un interprete
«Come si realizza un servizio culturale accessibile?», si chiede Amir Zuccalà, responsabile Progetti dell’Ens. «Fornendo formazione e conoscenza, certo, ma anche rafforzando l’empowerment dei giovani sordi a diventare punti di riferimento sui territori in tema di accessibilità».
«L’interesse delle nuove generazioni di sordi nasce dalla sofferenza di non aver avuto informazioni sufficienti sul patrimonio culturale del proprio Paese, ha poi aggiunto Vittorio Corsini, presidente di Ens Roma. «L’esperienza museale, quando ad essere giovani eravamo noi, è sempre stata frustrante. Il nostro obiettivo non è solo quello di insegnare come è possibile l’accessibilità, quali strumenti tecnologici aiutano, ma anche e soprattutto aprire l’orizzonte a guide sorde, ovvero professionisti del settore. Recuperare il gap del mero interprete, che spesso non basta. Anche i prodotti video devono poter essere fatte da persone sorde: la formazione che offriamo è un messaggio anche verso chi immagina, da non sordo, servizi per noi. Immaginiamo generazioni di sordi protagonisti come guide, punti di riferimento nei Musei, anche in più lingue. La persona sorda che lavora in un museo in Italia come professione non esiste. Eppure c’è un grande problema di occupazione tra i sordi, così come una richiesta crescente di accessibilità nei musei».
«Si dice che i sordi siano spesso persone scontrose», aggiunge Rosario De Caro, vice presidente Ens Roma. «In realtà vivono la frustrazione di un ambiente respingente: dalla scuola, dove senza un monte ore adeguato di assistenza alla comunicazione si resta isolati, alla vita di tutti i giorni. Sportelli pubblici, musei, luoghi di divertimento, palestre: sono tutti luoghi dove ti viene solo ansia e nervoso. Temi da principio l’incomunicabilità. A volte vai via senza aver capito niente. Ci stai male. Ti arrabbi. Non ti senti un cittadino. Evito il discorso su quando devi aprire un conto in banca o magari sei ricoverato in ospedale».
«Non è un caso se sembriamo sempre arrabbiati» continua Vittorio Corsini. «Quando da Salerno arrivai a Roma per frequentare la scuola dei Sordi a Roma per affrontare medie e superiori fui contento. Una grande opportunità, ma anche una grande sofferenza. Le scuole oggi sono per tutti, ma godere di assistenti alla comunicazione solo per un breve monte ore di fatto esclude. I genitori giustamente protestano perché la scuola è dell’obbligo. I bambini sordi, senza assistenza, non sentono. Questo comporta nervosismo. Rabbia. A volte gli viene detto di stare zitti. Non sentono. Scappa il verso. L’aggressività è la naturale conseguenza di informazioni che non arrivano».
«Mio figlio sta svolgendo un tirocinio a Parigi sui musei e sono andato a fargli visita», incalza Rosario De Caro. «In quanto sordo, al museo avevo diritto ad alcuni servizi e mi sono rapportato direttamente con un dipendente che parlava la Lis. Ero incluso. Arrabbiato con il mio Paese, certo, ma incluso a Parigi. Giro l’Europa perché mi occupo di sport ed è così dappertutto. Persino negli stadi».
«Lavoro ai Musei Vaticani e i sordi che vengono come turisti sono tanti», conclude poi Anna Argentieri, giovane referente del progetto Maps per il Lazio. «Sono accolti bene. Spiace vedere altri poli museali che credono di offrire servizi per l’accessibilità ai sordi. Il nostro progetto ha l’ambizione di dare strumenti per un’accessibilità vera, realizzata e pensata da noi per noi». «Le stesse nozioni di montaggio e ripresa saranno utili per creare video che andranno subito sulla piattaforma Maps: un training on the job per sentirsi sin da subito protagonisti», spiega il docente Carlo di Biase, ovviamente sordo e coetaneo di Argentieri.
Per la generazione 2.0 dei sordi l'accessibilità passa anche da Maps, una piattaforma pensata ad hoc
La differenza tra generazioni si vede. Il progetto Maps punta a questo: rendere i sordi protagonisti nella realizzazione di servizi di accessibilità, ovvero dare la possibilità concreta di partecipare attivamente alla vita culturale del Paese. Il progetto Maps, che andrà avanti per tutto il 2018 in diverse città italiane, rientra nelle attività per l’Anno europeo del Patrimonio Culturale. Per saperne di più o seguire l’evoluzione del progetto, visitare il sito www.progettomaps.it
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