Giuseppe De Stefano

Napoli, il Terzo settore funziona bene solo se gli enti fanno rete

di Anna Spena

La fondazione di comunità del centro storico di Napoli è nata nel 2010: «Fin dall’inizio», spiega Giuseppe De Stefano, segretario generale della fondazione, «abbiamo lavorato per essere il luogo di incontro tra chi vuole donare e chi ha bisogno d’aiuto. Sono oltre 440 le associazioni, cooperative sociali, e organizzazioni del territorio con cui lavoriamo: per noi gira tutto attorno al concetto di rete, e ci immagino, sempre più, come una realtà che crea legami tra gli altri enti»

La fondazione di comunità del centro storico di Napoli è stata costituita l’8 marzo del 2010, ed è nata con l’obiettivo di promuovere la cultura del dono per migliorare la qualità della vita nel territorio del Centro Storico di Napoli, patrimonio dell’umanità Unesco dal 1995. «Fin dall’inizio», spiega Giuseppe De Stefano, segretario generale della fondazione, «abbiamo lavorato per essere il luogo di incontro tra chi vuole donare e chi ha bisogno d’aiuto, in una diversa e nuova logica del bene comune che vede la Comunità territoriale come soggetto attivo e partecipe dei processi di cambiamento e sviluppo». Sono oltre 440 le associazioni, cooperative sociali, e organizzazioni del territorio con cui dialoga la fondazione, che da circa 12 anni è presente nella II – IV e VI Municipalità di Napoli.

Come e quando siete nati

Siamo stati la prima fondazione di comunità campana a costituirsi, seguiti poi da fondazione San Gennaro e dalla fondazione di comunità salernitana, con le quali negli anni si è sviluppata una proficua collaborazione. Siamo nati più precisamente nel 2010 a Napoli, un luogo straordinariamente ricco di potenzialità, ma dove le fasce di disagio e i bisogni sono in continuo aumento. A questa città serviva “un braccio armato del sociale” indipendente e radicato sul territorio, che imparasse a leggere i bisogni e poi a costruire le risposte; ed è su questa necessità che è stata costruita la partnership tra i 17 soci fondatori della fondazione di comunità del centro storico di Napoli, tra cui, ad esempio, la Fondazione Banco di Napoli, il Consorzio Proodos, il comitato provinciale della Croce Rossa italiana e le università Federico II e l’Orientale.

Come lavorate?

Il nostro obiettivo principale è sviluppare azioni di carattere “generativo”, in grado cioè di crescere e produrre effetti durevoli e replicabili nel tempo.Nessuna mera azione assistenzialista, fine a sé stessa, ma un reale sostegno alle organizzazioni affinché riescano a restare in piedi da sole sulle proprie gambe. Un lavoro complesso e spesso frustrante: la nostra scelta è quella di “camminare al fianco” delle realtà di cui ci prendiamo cura, non, come troppo spesso accade, “avanti” ad esse, credendo di sapere quale debba essere lo sviluppo di un territorio. Questo significa essere presenti, ma senza dare direttive, non avere “la verità in tasca” ma aprirsi al confronto, al contraddittorio. E anche assistere impotenti, qualche volta, alle cadute ed alle crisi. Eppure questo è e resta l’unico processo che realmente crea una comunità voluta e condivisa da tutti, e non la semplice rappresentazione dell’idea di pochi. E questa è l’unica comunità che riteniamo possa avere un futuro e lasciare un segno nel nostro tempo. Per noi gira tutto attorno al concetto di rete, e ci immagino – sempre più – come una realtà che crea legami tra gli altri enti del territorio.

In che senso?

Dal 2010 ad oggi siamo entrati in contatto con oltre 440 organizzazioni nei diversi quartieri che compongono il centro storico di Napoli. Sono enti diversi tra loro sia per obiettivi, sia per dimensione. Oltre che delle nostre ordinarie attività di sostegno a iniziative che rispecchiano quei valori di generatività e autosufficienza cui facevo riferimento prima, ci occupiamo anche di intercettare bandi, italiani o europei, e poi – in base alla tipologia della richiesta o dei fondi destinati a quel progetto – invitiamo le realtà che potrebbero rispondere, ognuna per le sue competenze, a sedersi allo stesso tavolo, conoscersi, mettersi insieme per partecipare al bando e in seguito per sviluppare il progetto. E poi li supportiamo per la parte amministrativa, come può essere quella della rendicontazione, la comunicazione, il fundraising e il monitoraggio.

Quali Reti siete riusciti a creare in 12 anni di attività?

Siamo molto fieri del lavoro svolto in questi anni quando si parla di reti territoriali o di intenti; da questo punto di vista riteniamo di esser stati anche avanguardia, intercettando con un certo anticipo bisogni e potenzialità di quartieri considerati “difficili”.

Qualche esempio?

Nel 2018 abbiamo avviato la Rete "Je Sto Vicino a Te", finalizzata alla programmazione di attività legate alla lotta alla povertà educativa degli adolescenti del centro storico di napoli: hanno aderito 12 soggetti, sia associazioni che istituti scolastici, come l’Associazione San Camillo Onlus, Sab Kuch Milega o l’Associazione Ariete Onlus. Un'altra rete che siamo riusciti a creare è "Rete Forcella", nata per disegnare la vision del quartiere da qui ai prossimi 10 anni. Qui è stato creato un vero e proprio Patto di Comunità per Forcella al quale aderiscono attualmente quasi 20 realtà. Il quartiere è uno dei più fragili della città, ma ci siamo posti l’obiettivo di abbattere la segregazione che vede tale insula chiusa in sé stessa, sconnessa dal centro storico cui appartiene. Mi piace ricordare anche il lavoro che stiamo provando a portare avanti da anni a Piazza Mercato, una volta centro nevralgico del commercio della città e ora in profonda crisi, e per la cui valorizzazione, grazie anche alle vivacissime realtà che animano il territorio, sosteniamo progetti destinati a minori, alla formazione professionale, all’imprenditorialità giovanile e all’inserimento lavorativo. Mi preme ricordare, infine, quanto grazie alla nostra fondazione sia stato poi declinato il concetto di “rete” sul territorio del centro storico di Napoli: durante la pandemia, quando sembrava impossibile mantenere legami fisici, abbiamo trasformato le reti fatte di incontri in reti di obiettivi: oltre 30mila euro raccolti per la campagna Spesa "SOSpesa", che ci ha permesso di consegnare 1.807 spese ad altrettante famiglie in difficoltà, e oltre 29mila euro raccolti per "Noicisiamo", iniziativa che abbiamo avviato durante la seconda ondata della pandemia e finalizzata all’acquisto di tablet, pc, materiali didattici e libri scolastici. Nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza il supporto, il contributo e il legame viscerale con ilterritorio che hanno le realtà di cui ci siamo circondati in questi anni.

Quali sono i progetti o le iniziative su cui state lavorando ora?

Senza dubbio, profondo spazio alla formazione professionale e all’inserimento lavorativo. Siamo ente accredito da parte di Invitalia per fornire consulenza sull’incentivo Resto Al Sud, e stiamo avviando la terza edizione del nostro “Frecciazzurra”, corsi di formazione professionale gratuiti destinati a giovani, donne e stranieri. È poi in corso la seconda edizione di Delyramus, partenariato europeo che ha come obiettivo recuperare e promuovere il patrimonio musicale relativo agli strumenti a corda e realizzare nuove forme di audience development per adulti con disabilità attraverso l’arte e l’espressione creativa. A fine 2022, inoltre, abbiamo avviato “Guida bene in piazza Mercato”, progetto nato dalla collaborazione con alcune realtà territoriali e con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che ha come finalità quella di fornire l’opportunità a 100 giovani che vivono realtà socio economiche poco fortunate di conseguire la patente di guida A1 o B. Infine, istituiti presso la nostra fondazione abbiamo due fondi permanenti, cui è possibile donare e per cui è possibile sempre far richiesta. Si tratta del fondo “mai più sola”, promosso dalla nostra Fondazione in accordo con l’associazione Salute Donna, ed interamente dedicato alle donne vittima di violenza, alle loro necessità, ai problemi quotidiani che sono costrette ad affrontare, come: canoni di locazione, pagamenti utenze, strumenti di supporto per il lavoro domestico ed extradomestico, strumenti e materiali di supporto per l’attività scolastica, sportiva e di cura dei figli. E il Fondo “Rita De Santo Alfano”, che offre a ragazzi con difficoltà economiche, ma dalle grandi attitudini, la possibilità di proseguire gli studi universitari, comprendo interamente i costi sostenuti durante gli anni della formazione.

E nel settore salute?

Sosteniamo il centro medico curato dall’associazione Sisto Riario Sforza, primo studio medico gratuito del centro storico di Napoli, destinato a chi si trova in maggiore difficoltà economica. Ad oggi ha coinvolto più di 30 professionisti, tra specialisti di cardiologia e radiologia, ortopedici, ginecologi, oculisti, neurochirurghi, oncologi e medici ospedalieri a titolo totalmente gratuito, realizzando più di 4mila visite e indirizzando oltre 500 pazienti ad interventi in strutture specializzate. Durante tutta l’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus, il nostro studio medico gratuito non ha mai smesso di operare, fornendo e garantendo prestazioni sanitarie in un momento critico per il nostro paese e la nostra città. E poi, l’attenzione al Dopo di Noi. La legge sul Dopo di Noi, 116 del 2016, prevede all’articolo 1 comma 3 che tra le forme di tutela della persona con disabilità, i familiari possano stipulare un’assicurazione o sviluppare un trust. Per questo motivo, negli ultimi anni la nostra Fondazione ha sviluppato in tal senso un’ipotesi ben più articolata: la persona interessata – familiare di una persona con disabilità – stipula la stessa polizza assicurativa, effettuando però una donazione alla Nostra Fondazione, garantendo dunque la nascita di un fondo dedicato a tutelare il beneficiario finale. La Fondazione, inoltre, fungerebbe da controllore e garante dell’intervento, tutelando il patrimonio e garantendo al beneficiario finale di mantenere la stessa qualità di vita anche dopo la scomparsa dei suoi genitori.

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