Mariya disegna Muska, un cuore rosa dagli occhioni lucidi, dotato però di una doppia fila di zanne affilate e di poteri magici come quello di ipnotizzare le persone. La storia prosegue con Mariya che spedisce Muska da Putin, lo ipnotizza e lo divora. Terminato il pasto, il cuore fa un rutto. Natsya è una bambina ucraina, oggi rifugiata in un paese europeo, una delle tante che hanno preso parte al progetto di “disegno onirico”, una forma di arte terapia organizzato dalla psicologa Larysa Rybyk di Kiev, presidentessa dell’Associazione degli psicologi ucraini, che hanno messo in piedi una rete di sostegno alle vittime dei traumi dovuti alla guerra in corso, in particolare donne e bambini, attraverso le arti terapie creative, le cosiddette creative arts therapies. Ne abbiamo parlato con Ines Testoni, psicologa dell’Università degli studi di Padova, responsabile di un nuovo corso accademico, il primo in Italia, dedicato alle arti terapie creative per il sostegno alla salute e resilienza.
La rete di psicologi ucraini e le arti terapie da remoto
Sono tantissime le storie che Testoni potrebbe raccontare; è lei ad aver curato, insieme alla collega psicologa psicodrammatista Lucia Moretto, la formazione a distanza in inglese di Larysa Rybyk e la sua rete di centinaia di psicologi e psicologhe ucraini al lavoro con i bambini ucraini rifugiati nei diversi paesi europei. «Il disegno onirico è un percorso guidato di fantasia che permette ai bambini di disegnare animali fantastici o altri oggetti, è una modalità potente per trovare soluzioni al vissuto che stanno patendo per questa scellerata guerra» spiega Testoni, che lavora anche al centro di ricerca per le creative arts therapies dell’Università di Haifa in Israele. Il prossimo evento internazionale organizzato da Larysa Rybyk a Kiev per la rete di psicologi ucraini che aiutano la popolazione ad elaborare il trauma della guerra si terrà il 19-20 ottobre.
Il potere di un disegno
A volte, basta relativamente poco per sbloccare una situazione che sembra drammatica. Come nel caso di Anna, prima elementare, chiusa da giorni ormai in un improvviso mutismo a casa e a scuola. «Appena ci siamo incontrate, le ho detto “so che non parli, ma non importa. So che hai questa cosa dentro” e con un pennarello nero ho tracciato delle grosse linee concentriche su un foglio. Palle di righe. “Aiutami a capire se sono proprio così”. Anna ha preso il pennarello e ne ha disegnate delle altre, c’era molto nero sul foglio. Le ho rivelato che io, in questi casi, quella macchia nera la faccio diventare una palla di carta e la butto. Ho appallottolato il foglio e l’ho lanciavo nel cestino dello studio» racconta Testoni. «La parte psicodrammatica successiva, la drammatizzazione, ha sbloccato la situazione. Anna ha fatto come me e poi ha parlato, ha detto “ho paura della maestra” e in un gioco di ruoli in cui io ero lei e lei la maestra, poi lei era sé stessa e la maestra ero io, Anna ha finito per accettare di ripetere l’ammissione davanti a chi le faceva così paura».
Cosa sono le arti terapie creative?
Si usa l’inglese Creative arts therapies perché è il termine tecnico per indicare il ricorso alle varie arti per elaborare un vissuto difficile e per potenziare la resilienza, che è la capacità di far fronte alle avversità e allo stress post traumatico, ma anche perché tali interventi possono essere adottati non solo da medici e psicologi, come sarebbe il caso dell’”arte terapia”, ma anche dalle professioni sanitarie, formative e culturali. «Possono diventare arte terapeuti tutti coloro che, per professione o vocazione, gestiscono relazioni di aiuto verso anziani, malati e morenti come pure con persone che abbiano subito traumi» spiega Testoni «Per loro è pensato il nuovo corso universitario al via a Padova». In pratica, i requisiti per l’iscrizione non sono stringenti e ogni domanda verrà analizzata caso per caso.
Robuste evidenze
L’efficacia delle arti terapie è stata studiata con donne vittime di violenza, anziani alle prese con la paura della morte, popolazioni vittime di tragedie collettive, come nelle guerre e disastri naturali che costringono individui impreparati a riorganizzare la propria vita e la propria identità. Ma anche nel contesto clinico, con malattie psichiatriche, neurodegenerative e oncologiche, nonché nelle cure palliative, anche quelle pediatriche dal momento che il ricorso all’espressione artistica può bypassare l’uso del linguaggio in soggetti che, come i bambini, ancora non possiedono questo strumento pur vivendo ugualmente una sofferenza interiore. E si potrebbe continuare. Dice Testoni: «Come emerge dai dati preliminari di un nostro studio sui piccoli pazienti oncologici, la musicoterapia è efficace nel ridurre la nausea anticipatoria prima della chemioterapia».
Creatività, spontaneità, libertà
«Le evidenze ci sono, la letteratura scientifica è ormai piuttosto ricca» taglia corto la psicologa, che ha anche un altro merito, quello di aver portato in Italia ormai vent’anni fa tutto il filone dei Death Studies & The End of Life sulle varie dimensioni culturale, sociale e sanitario della morte e l’educazione alla morte, grande tabù. Dalla sua scuola provengono tutti gli esperti italiani. Per indagare le arti terapie, Testoni ha ricevuto due prestigiosi finanziamenti europei per progetti di ricerca internazionali: «Uno riguarda gli studenti di medicina in cure palliative; mentre l’altro, Empower Dafne, studia l’efficacia dello psicodramma nel consentire alle donne vittime di abusi di svincolarsi dalla trasmissione transgenerazionale da madre a figlia del ruolo di donna vittima che deve sottostare al marito e nell’aiutarla a scegliere ruoli diversi rispetto a quelli imposti loro dalla società» ci racconta. «Naturalmente, di fronte a gravi traumi, ci si rivolge allo psicologo o allo specialista, ma l’arte terapia aiuta la donna a tornare a vivere, le fornisce strumenti per trovare le risorse. I dati mostrano che le arti terapie, aumentando la creatività, rendono le donne spontanee, con questo intendo capaci di togliersi di dosso ruoli e reazioni imposte dalla società».
Il segreto dell’arte? L’elaborazione
Nel caso della violenza di genere, in cui spesso può crearsi nella vittima un forte distacco dal proprio corpo, un linguaggio come quello artistico, alternativo a quello verbale e quello corporeo, aiuta a recuperare il senso di sé e la forza. Inoltre, le varie espressioni come il teatro, l’azione drammatica, la fotografia, la musica, la pittura e la scrittura, sono integrabili le une con le altre. «La arti in generale attingono al serbatoio della creatività che è prelinguistico e può prendere forma linguistica, assumendo le fattezze strumentali della comunicazione o a supporto della comunicazione» spiega Testoni. «Una madre che perde il figlio vive il suo dramma, non ne parla per niente. Con il tratto grafico, disegnando delle linee, o con la musica, picchiando forte su dei tamburi, creerà un prodotto che diventa un simbolo del suo dolore e del quale poter parlare. Solo così il vissuto si potrà sbloccare, diventerà un’esperienza e verrà quindi elaborato». Non si creda che questo valga solo nel caso di traumi, puntualizza la psicologa: «Anche esperienze positive, come l’aver condiviso una nottata al chiaro di luna a osservare le stelle da parte di un gruppo scout, possono venire proficuamente elaborate l’indomani con dei disegni o delle immagini fotografiche».
La creatività? Le nostre cellule staminali psicologiche
Con l’arte esprimiamo la nostra parte bambina, che non si esaurisce mai, al massimo la teniamo sopita. «È la parte staminale, che ci da forza e che quindi dobbiamo imparare a riattivare costantemente. Immaginate la creatività come una sorta di cellule staminali psicologiche. Dopotutto, solo così possiamo dare forma a un problema, ridimensionarlo e affrontarlo» spiega Testoni, che vuole lasciare un messaggio chiaro e diretto a tutti, traumatizzati gravi e lievemente graffiati dalla vita, per andare avanti: «Se stai male, non negare la sofferenza che vivi; spera nella possibilità di stare meglio e trova strumenti per stare meglio».
Foto di Ines Testoni, Università degli studi di Padova
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