João Feijó

Mozambico, chi sono e cosa vogliono i terroristi di Cabo Delgado

di Redazione

Il gruppo è noto come Ahlu Sunna Wa Jama (ASWJ) ma la gente di Cabo Delgado li chiama i Machababos. Sono loro i responsabili dell’assalto alla missione di Chipene e dell’omicidio della missionaria comboniana Suor Maria De Coppi. Una traccia del loro profilo arriva da João Feijó, sociologo e ricercatore di OMR- Observatorio do Meio Rural, un istituto di ricerca indipendente basato a Maputo, capitale del Paese

Il gruppo è noto come Ahlu Sunna Wa Jama (ASWJ) ma la gente di Cabo Delgado li chiama i Machababos, dove ma è il prefisso bantu per “numerosi” e alshababs in arabo significa “i giovani”. Il governo mozambicano dopo aver a lungo minimizzato, ha ammesso la loro esistenza nel 2020, quando a Xitaxi cinquantadue ragazzi che si rifiutavano di unirsi ai rivoltosi sono stati trucidati. Sono i terroristi di matrice islamista affiliati al ISCAP, Islamic State Central African Province, responsabili dell’assalto alla missione di Chipene e dell’omicidio della missionaria comboniana Suor Maria De Coppi, stando alle rivendicazioni giunte via Telegram e riportate dalla BBC. Ma chi sono i Machababos? Una traccia del loro profilo arriva per Vita non profit da João Feijó, sociologo e ricercatore di OMR- Observatorio do Meio Rural, un istituto di ricerca indipendente basato a Maputo che studia da vicino l’evolversi del fenomeno terroristico con ricerche approfondite, collaborando tra gli altri anche con la ong italiana Iscos Emila Romagna .

Professor Feijó, qual è l’origine, in breve, del gruppo terroristico Sunna Wa Jama, noti come i Machababos?

Negli ultimi 20 anni, i movimenti radicali di matrice islamista sono penetrati sulle coste dell’Africa orientale dove hanno incontrato risposte repressive dei governi e via via si sono spostati verso sud, dalla Somalia al Kenya, poi in Tanzania e quindi in Mozambico. Come in altri paesi, anche in Mozambico hanno trovato terreno fertile: alti livelli di analfabetismo e povertà, una popolazione costiera prevalentemente di religione islamica, oriundi dai tempi delle colonie, che storicamente si sentono esclusi dal Governo centrale, elevata corruzione, disuguaglianza e ingiustizie sociali. La scoperta nell’area di importanti risorse naturali ha suscitato le aspettative di molti giovani, ma di fatto le opportunità di lavoro sono state assorbite principalmente da personale fuori regione, frustrando le aspettative delle popolazioni. Il gruppo è riuscito ad adattare il proprio discorso intercettando le esigenze locali e ha supportato molti giovani nella creazione di attività lavorative, creando reti di sostegno. Molti giovani sono stati reclutati per andare a studiare in Tanzania nelle madrasa (scuole islamiche, ndr), dove sono entrati in contatto con idee più radicali e violente, e hanno avuto l’opportunità di prendere parte ad attentati nel vicino paese. Poiché la risposta del governo tanzaniano è stata repressiva e violenta, il gruppo ha trovato in Mozambico un terreno più fertile per la penetrazione.

Quali sono attualmente, e qual è la loro organizzazione?

Sapere il numero esatto è difficile per due motivi. Primo, perché intanto bisogna intendersi su cosa significhi appartenere al gruppo, visto che molti sono nascosti nella boscaglia e altri sono infiltrati nei campi profughi, a Pemba o a Nampula. In altre parole non si sa fino a che punto il numero degli infiltrati – composto anche da familiari, che finanziano le attività, forniscono supporto logistico e informazioni e altro – siano più numerosi degli stessi terroristi che vivono nel mato, la foresta. In secondo luogo, il loro numero oscilla molto in relazione alle forze messe in campo dalle Fds, Forze di difesa e sicurezza governative, e in relazione al periodo dell’anno. Nei mesi delle piogge, che sono di carestia, possono diminuire per mancanza di cibo. Ma nella stagione secca, dopo il raccolto, possono aumentare. D’altro lato, se nel 2020, quando le Fds mozambicane erano molto deboli, la stima era di circa duemila guerriglieri nei boschi, oggi si ritiene che il gruppo sia composto solo da alcune decine, che compiono attacchi isolati, in una chiara strategia di guerriglia.

Qual è il peso della loro radicalizzazione religiosa?

Nonostante il gruppo abbia una retorica religiosa, è importante inquadrare il loro atteggiamento in relazione all’ economia politica della regione, dove si sta attuando un modello di sviluppo basato sul capitale intensivo che non genera occupazione, dove le aspettative dei giovani sono frustrate, ci sono disuguaglianze sociali col sud del Mozambico, persistono tensioni interetniche tra le popolazioni. Quelle costiere, per lo più musulmane, di commercianti e pescatori, che non hanno avuto rapporti storici con il Frelimo. E quelle dell’interno, vale a dire i Makonde, cattolici, agricoltori e allevatori, che si sono impegnate col Frelimo durante la Guerra civile e che, di conseguenza, hanno ricevuto benefici nel periodo post-indipendenza, cioè posti di lavoro, pensioni, cariche nelle forze militari. Bisogna poi considerare l’interruzione delle reti informali e illegali per lo sfruttamento delle risorse naturali, pietre preziose, legno, avorio. Lo sfruttamento di tali risorse oggi è formalizzato. Esso è in mano ai big locali, vicini alla commissione politica del Frelimo, tra cui i generali Makonde reduci della lotta di liberazione, in joint venture con le multinazionali. L’interruzione di queste reti informali è avvenuta in modo violento e brutale, attraverso l’uso dell’esercito al servizio di interessi privati, di fronte all’inefficacia e al silenzio della Procura Generale, alimentando il contrasto tra apparati dello Stato e popolazione. La religione è diventata la risposta a tutto. Come direbbe Marx, ‘La miseria religiosa esprime tanto la miseria reale quanto una reazione alla miseria reale’

Negli ultimi mesi assistiamo a una ripresa e recrudescenza degli attacchi terroristici. Perché?

Si tratta di una risposta normale e prevedibile, già annunciata. Di fronte a una grande controffensiva, qualsiasi movimento di guerriglia usa la strategia di dividersi in piccoli gruppi e agisce in modo più isolato nelle aree dove il nemico è più vulnerabile: verso le popolazioni isolate. D’altra parte, l’esistenza di una coalizione straniera che combatte un gruppo islamico consente ai terroristi di appellarsi al jihadismo internazionale per opporsi a quelle che chiamano “crociate cristiane”, così da richiamare il sostegno anche da altri paesi.

Come spiega l’attentato alla missione cattolica di Chipene e il conseguente omicidio di Suor Maria De Coppi?

Ancora non so spiegarlo, è necessario indagare. Ad ogni modo, alcune notizie riportano che il gruppo ha prima attaccato una moschea e le persone sono fuggite nella missione cattolica, dove sono state inseguite e aggredite. È necessario indagare su ciò che è realmente accaduto, ripeto. D’altra parte è provato che in passato questo gruppo terroristico ha ucciso molti leader musulmani e distrutto anche delle moschee. Va notato che, sempre in passato, ha rapito suore cattoliche che sono state trattate bene, con rispetto e persino ammirazione e per la loro liberazione è stato richiesto un riscatto. E gli edifici cattolici di Mocímboa da Praia non sono stati distrutti dal gruppo armato, ma sono stati attaccati via cielo, da elicotteri, presumibilmente perché i terroristi si stavano nascondendo lì. Pertanto, il discorso della guerra religiosa incontra molte contraddizioni, nonostante siano usati argomenti religiosi.

Perché è così difficile per le forze militari regolari controllare questi gruppi ribelli?

Perché è molto difficile per una forza militare regolare prendere il controllo su un gruppo di guerriglieri, soprattutto in una foresta fitta come quella di Cabo Delgado, soprattutto quando questi continuano ad avere sostegno da una parte della popolazione. Se né gli Stati Uniti né l’URSS sono riusciti a sconfiggere i talebani in Afghanistan, se gli Stati Uniti non sono riusciti a vincere in Vietnam, con tutta la forza militare di cui disponevano, è chiaro che anche l’esercito mozambicano abbia delle difficoltà, coi mezzi di cui dispone, con il livello di organizzazione che ha, coi livelli di corruzione esistenti in tutta la società mozambicana.

(Ha collaborato alla stesura dell’intervista Sarah Alessandroni, Iscos Emilia Romagna – desk Mozambico)

Credit Foto Orsola Bernardo

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