Dal 1997 sono approdati sulle coste italiane oltre 1 milione di migranti, in fuga da conflitti, carestie, soprusi, instabilità politica ed economica, in provenienza soprattutto dalla vicina Africa e dal Medio Oriente. E, nonostante una certa politica xenofoba continui ad urlare all’emergenza, il numero di sbarchi non è mai stato cosi basso come nell’ultimo triennio. Il report di Fondazione Ismu “Calano gli sbarchi, cambiano le provenienze. Andamento degli arrivi via mare in Italia” a cura di Giorgia Papavero, realizzato dal Dipartimento di Statistica della Fondazione, diretto dalla demografa Livia Ortensi, analizza il numero di arrivi degli ultimi 22 anni.
“Fino al 2010 – come si legge nell’analisi – mediamente giungevano via mare in Italia 23mila migranti, con punte di 50mila nel 1999 (provenienti dall’Albania, o chi scappava dal conflitto in Kosovo) e 37mila nel 2008 (persone che cercavano di sfuggire ai conflitti e alle carestie in Somalia, Eritrea, Nigeria). Negli anni 2009 e 2010 si è registrato un calo degli sbarchi imputabile in particolare al “pacchetto sicurezza” e al “Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione” stipulato con la Libia di Gheddafi. Dal 2011 con “le Primavere” arabe in Nord Africa gli sbarchi ricominciarono sostenuti, per un totale di 63mila migranti giunti sulle nostre coste nel corso del 2011 (di questi il 45% di nazionalità tunisina). Tra il 2013 e il 2014 l’emergenza umanitaria e la così detta “crisi europea dei rifugiati” ha portato sulle coste italiane la cifra record di oltre 170mila migranti sbarcati nel 2014. Tra il 2014 e il 2017 il numero degli sbarcati è a sei cifre, e culmina nel 2016 con la cifra più alta mai registrata: 181mila migranti giunti via mare, tra questi 26mila minori non accompagnati.
Da luglio 2017 con il “Decreto Minniti” e gli accordi con la Libia si sta registrando un calo costante degli sbarchi, che ha portato 23.370 migranti sulle coste italiane nel 2018 e 11.471 nel 2019, una tra le cifre più basse registrate tra il 2014 e il 2019 i minori non accompagnati giunti via mare nel nostro paese sono stati 72mila, e nel solo anno 2016 si è registrata la cifra record di 26mila i minori soli (di questi oltre 3.700 di nazionalità eritrea). In termini assoluti da metà 2017 in poi anche il numero dei MSNA è diminuito, sebbene l’incidenza sul totale degli sbarcati resti significativa: essi costituiscono il 15% del totale sbarcati nel 2018 e nel 2019». Intervista a Livia Ortensi che ci spiega i dati.
Alcuni continuano con ad urlare “in Italia c’è un’emergenza immigrazione”. Invece, quelle degli ultimi anni sono tra le cifre più basse mai registrate. Come si risolve questo disallineamento tra realtà e sentito dire?
Indubbiamente il numero di sbarchi è molto calato a seguito degli accordi stretti dal Ministero dell’Interno guidato da Marco Minniti con i vari attori presenti in Libia. Il calo è proseguito nel periodo successivo anche se a una velocità inferiore. È un errore tuttavia ridurre il fenomeno migratorio a quello degli sbarchi che rappresentano solo una parte degli ingressi irregolari (a cui vanno aggiunti gli ingressi dalla frontiera terrestre su cui non esistono dati ufficiali e quelli non registrati perché arrivati direttamente sulle coste). A questi vanno aggiunti anche gli ingressi regolari di cui avremo una valutazione per il 2019 nei prossimi mesi. Nel 2018, come abbiamo mostrato anche nel nostro rapporto sulle migrazioni, sono stati emessi 242mila nuovi permessi di soggiorno, un calo dell'8% rispetto al 2017. Per quanto riguarda i cittadini comunitari il numero di residenti è cresciuto dell'1,3%. Si tratta indubbiamente di numeri molto più bassi di quelli che hanno caratterizzato la dinamica migratoria del primo decennio degli anni 2000. Il rallentamento, dovuto anche all'economia è comune a tutti i paesi dell'Europa Meridionale (Spagna, Grecia). Il disallineamento tra fenomeno e percezione è dovuto alla sua estrema politicizzazione e alla sproporzionata copertura mediatica. Come ha mostrato il Rapporto Carta di Roma nel 2019 i quotidiani hanno parlato di immigrazione il 30% in più rispetto al 2018 dedicando al tema oltre 4.000 servizi, ossia il numero più alto negli ultimi dieci anni. Il dato a mio parare più esemplificativo è che nei tg solo un giorno su 365 non ha avuto notizie riguardanti profughi, migranti, rifugiati. Non c'è da stupirsi che le persone tendano a sovrastimare l'incidenza del fenomeno e ad attribuirvi dimensioni allarmanti.
Quali sono negli ultimi anni i principali Paesi di provenienza che arrivano in Italia?
Bisogna anche qui distinguere gli sbarchi dagli arrivi regolari. Per quel che riguarda gli sbarchi nell'ultimo anno abbiamo assistito recentemente ad una crescita della componente tunisina e pakistana. Per quando invece riguarda la componente legale che è di gran lunga superiore, i dati sui primi permessi di soggiorno (di cui abbiamo l'informazione al 2018) e che sono prevalentemente per motivi familiari, ci dicono che il primo gruppo è quello albanese, seguito da quello marocchino. Al terzo posto troviamo la Nigeria, gruppo in cui invece prevalgono i permessi rilasciati per asilo/motivi umanitari.
Perché è importante imparare a leggere questi numeri?
I dati servono per dare una dimensione al fenomeno ed estrapolare tendenze. Per leggere i numeri in modo corretto occorre conoscere il fenomeno. Se parliamo degli sbarchi equiparandoli al totale degli ingressi o se equipariamo i richiedenti asilo al totale della popolazione migrante (quando questi sono una piccola sottopopolazione con caratteristiche molto diverse dalla media della popolazione immigrata) raccontiamo una storia che ha ben poco a che fare con la realtà. Poi ci si stupisce se la percezione del fenomeno migrazione è errata.
E secondo lei è possibile fare una previsione degli arrivi via mare per i prossimi mesi?
In generale gli arrivi via mare sono poco prevedibili perché dipendono non solo dal numero di persone presenti in Libia disposte a rischiare la vita su un gommone e con le possibilità economiche di pagare il viaggio, ma anche dalle politiche messe in atto per fermarli. A giugno 2017 era difficile prevedere il calo degli sbarchi, che è stato decretato non dall'esaurirsi del fenomeno, ma dalle politiche messe in atto per fermarlo. È stato rinnovato il memorandum Italia Libia sancendo una continuità di fatto nelle scelte fatte dai vari governi che si sono succeduti dal 2017 ad oggi. Se nulla cambia non ci sono motivi per ipotizzare una ripresa degli sbarchi, ma la Libia è un paese sempre più instabile per cui occorre cautela. E magari una seria riflessione sui costi umani che queste policy implicano.
Foto di apertura Sintesi
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