Quando una donna riceve una diagnosi di tumore, nel pieno dell’età fertile, subisce due traumi. «Al momento della diagnosi di linfoma di Hodgkin mi dissero che, probabilmente, non avrei potuto avere figli. Era il mio desiderio più grande diventare mamma, purtroppo non avevo ancora incontrato la mia dolce metà. Mi crollò il mondo addosso. Sempre al momento della diagnosi, mi parlarono dell’associazione Gemme Dormienti che si occupa di oncofertilità. Mi sono affidata completamente a loro», dice Alessandra Corrotti, 39 anni, di Itri (in provincia di Latina) ma da anni residente a Roma.
Ho voglia di raccontare la mia storia per trasmettere speranza a tutte quelle donne che l’hanno persa. Voglio anche dire che è fondamentale prendersi in giro. Io dico che ero un flipper, avevo sette linfomi.
— Alessandra Corrotti
«Iniziai a stare male, con un prurito fortissimo su tutto il corpo. Dopo una cura di cortisone, peraltro per una errata diagnosi di scabbia, non si ravvisava alcun miglioramento. A causa della pandemia nel 2020 ho dovuto saltare dei controlli. Ho ancora i segni addosso di quel periodo, sembrava che avessi avuto, durante un safari, uno scontro con una tigre, ma alla fine ho vinto io. Nel 2021, feci una Tac all’ospedale Sant’Andrea di Roma, con successiva diagnosi di linfoma di Hodgkin. La dottoressa Mariavita Ciccarone, presidente di Gemme Dormienti e medico ginecologo, mi fece fare delle analisi del sangue da cui emersero valori ormonali ai limiti inferiori della norma. A 36 anni iniziai dei cicli di chemioterapia molto forti», racconta Corrotti, «fu programmata terapia medica con un farmaco che riduce il danno ovarico da chemioterapia ed un intervento di preservazione della fertilità attraverso prelievo di tessuto ovarico. Gemme Dormienti ha organizzato la mia operazione in un centro pubblico specializzato, ha pensato a tutto in collaborazione con il reparto di oncoematologia dove sono in cura». La criopreservazione del tessuto ovarico consiste nell’asportazione di frammenti di tessuto con un piccolo intervento chirurgico in genere laparoscopico. Il tessuto potrà essere reimpiantato ad avvenuta guarigione.
«Feci l’intervento non di buonumore, ero single e non sapevo se sarebbe mai servito. Avevo anche interrotto un ciclo di chemioterapia per me “salvavita” in quel momento. Da settembre 2021, finite le cure, ho ricominciato piano piano a recuperare, sia fisicamente che psicologicamente. A causa della malattia, avevo iniziato ad avere attacchi di panico e soffrire di vertigini, avevo persino smesso di guidare. Il recupero l’ho ottenuto durante tre settimane di vacanza in riva al mare, ogni giorno mi davo un obiettivo maggiore di camminata e di gradini saliti a piedi. A metà ottobre ero al lavoro: con la parrucca, ma ero in ufficio. Ci stavo male, per il fisico che cambiava (mi ero ingrassata) e per i capelli persi, misi le ciglia finte».
A maggio 2022 l’associazione Gemme Dormienti promosse un progetto pilota, “Giro di boa”, con il supporto di Fondazione Tender To Nave Italia, per sostenere il benessere coniugando la terapia ricreativa e la riabilitazione. “Giro di boa” è stato ideato in sinergia con la presidente di Gemme Dormienti Mariavita Ciccarone, Giuliana Baldassarre, docente di management del Terzo Settore presso Sda Bocconi, e le studentesse e gli studenti dell’Università Bocconi nell’ambito del progetto Dai un senso al profitto.
«Presi al volo l’opportunità di partecipare al “Giro di boa”, da sola dovevo per forza affrontare le mie paure. Partii insieme ad altre otto donne. Ero terrorizzata, non conoscevo nessuna delle altre partecipanti, tranne la dottoressa Ciccarone, che accompagnava il gruppo. Ci siamo presentate alla stazione Termini di Roma, ci siamo dette “nome, cognome, patologia”. Una volta detto quello che avevamo, non c’era più necessità di dirci altro», continua Corrotti, «ci siamo aiutate a vicenda, anche se nessuna di noi aveva una grande forza, chi stava un po’ meglio ha aiutato chi aveva più bisogno. Dopo quattro giorni sulla nave, ero più grintosa e ricaricata, mi sono sentita come se mi avessero attaccata al caricabatterie. Sono diventata grande amica di due ragazze conosciute in quella occasione, sono le “zie” del bimbo che arriverà, Andrea Francesco».
Alessandra Corrotti è al nono mese di gravidanza. «Nei giorni in cui abbiamo partecipato all’iniziativa, siamo diventati amici anche dell’equipaggio. Con uno dei marinai, Luigi, ho avuto l’opportunità di rivedermi a Gaeta e in altre tappe successive del suo lavoro. L’amicizia è diventata amore e psicologicamente mi è servito molto andare a trovarlo in giro per l’Italia, ho ricominciato a prendere treni e aerei da sola, dopo il periodo di attacchi di panico e di paure varie. Lo scorso ottobre i valori ormonali erano bassissimi, ero sempre più preoccupata di non poter avere un figlio, ora che avevo trovato l’amore. Invece lo scorso dicembre sono rimasta incinta, in modo naturale. Era il mio sogno da sempre, ero felicissima. L’intervento che ho fatto per la preservazione ovarica sarà il mio piano b, se un giorno vorremo un secondo figlio e non riuscirò a rimanere di nuovo incinta naturalmente o in caso di anticipo dell’età della menopausa», racconta Corrotti.
«Ho voglia di raccontare la mia storia per trasmettere speranza a tutte quelle donne che l’hanno persa. Voglio anche dire che è fondamentale prendersi in giro. Io dico che ero un flipper, avevo sette linfomi. Persi tutti i capelli, a causa della chemioterapia, tranne un ciuffetto e per un mio compleanno mi vestii da ananas per sdrammatizzare. Invito tutte le persone a non abbattersi mai, la tristezza non aiuta la guarigione. Meglio scherzarci su e conservare un approccio positivo». Pensavo al peggio», prosegue Corrotti, «ma non davo modo ai brutti pensieri di prendere il sopravvento. I miei controlli saranno continui, il prossimo subito dopo il parto, ma cerco sempre di essere ottimista. L’associazione mi ha seguito passo dopo passo dall’inizio, oltre all’intervento per la preservazione ovarica, mi ha offerto la consulenza di una nutrizionista durante la chemioterapia e, dopo le cure, ho seguito anche un percorso psicologico».
«In questi anni la preservazione della fertilità ha fatto una strada molto lunga, anche grazie all’associazione Gemme Dormienti che è nata per promuovere la qualità della vita delle persone dopo la guarigione da un tumore o dopo trattamenti per malattie croniche invalidanti. Abbiamo scelto questo nome mutuandolo dalla botanica: le gemme dormienti sono deboli, morirebbero se la natura non le proteggesse con un velo impermeabile per farle sbocciare al momento opportuno, così come proteggiamo gli ovociti delle nostre pazienti per fare in modo che diventino madri, una volta guarite dalla malattia», dice Mariavita Ciccarone, presidente di Gemme Dormienti. «Abbiamo fatto un percorso molto importante, che continuiamo a portare avanti, il nostro lavoro è iniziato con i miei colleghi medici: la prima cosa era spiegare che la malattia ha la priorità assoluta, ma che più aumenta la possibilità di guarigione e più la qualità della vita delle pazienti diventa importante. Quindi abbiamo iniziato a fare opera di informazione tra gli oncoematologi e gli oncologi, le patologie con cui ci confrontavamo più spesso erano i linfomi di Hodgkin (soprattutto fino a 25 anni di età), i linfomi non Hodgkin e i tumori della mammella».
Le gemme dormienti sono deboli, morirebbero se la natura non le proteggesse con un velo impermeabile per farle sbocciare al momento opportuno, così come proteggiamo gli ovociti delle nostre pazienti per fare in modo che diventino madri, una volta guarite dalla malattia
— Mariavita Ciccarone
L’associazione si rivolge non solo alle persone con patologie oncologiche, ma anche con patologie croniche invalidanti che vengono trattate con farmaci dannosi per la fertilità. «Piano piano siamo riusciti a farci conoscere, ad esempio siamo un centro di riferimento della Rete ematologica laziale dei linfomi. Tutti i medici hanno trovato utile l’offerta di questo servizio», continua la presidente. Gemme dormienti cerca di vedere ogni paziente entro 24-48 ore dalla segnalazione, in una mattinata la donna riceve un bilancio di fertilità e viene indirizzata ad uno di noi ginecologi esperti di preservazione della fertilità, per capire se nel suo caso può usufruire di una o più tecniche. «Il percorso viene attivato in breve tempo, in modo da non interferire con le cure oncologiche. Ma l’associazione si occupa anche di gestire nel tempo la situazione: iniziamo un follow-up di ripresa della funzione ovarica al termine dei trattamenti, parallelo al follow-up oncologico. Dopo un po’ di anni di lavoro, iniziamo a seguire un buon numero di gravidanze, sia perché al momento della diagnosi l’età delle donne spesso è molto giovane, sia perché il follow-up è più o meno lungo e recuperare ciò che è stato preservato richiede uno studio attento. Offriamo anche un contatto con la nutrizionista, che si occupa di dare consigli e suggerimenti durante le terapie e gli interventi chirurgici e con uno psicoterapeuta esperto in oncopsicologia».
Abbiamo esigenza di volontari: persone comuni, donne che stanno vivendo o hanno superato un percorso di malattia, medici specialisti
Mariavita Ciccarone, presidente di Gemme Dormienti
La mission di Gemme Dormienti è che il 100% delle donne che si sottopone ai trattamenti oncologici deve poter accedere almeno alla consulenza di preservazione della fertilità. «Per fare in modo che ciò avvenga, i medici devono essere formati», continua Ciccarone, «poi la donna è libera di decidere se voler fare o meno un percorso di oncofertilità, ma deve sapere che c’è questa opportunità».
Per l’ottavo anno Gemme Dormienti organizza, in collaborazione con l’Università “La Sapienza” di Roma, il Corso di Alta formazione in Oncofertilità, unico del genere in Italia e fiore all’occhiello del lavoro scientifico dell’associazione. La scuola ha come docenti i migliori esperti del tema, italiani e internazionali.
Lo scorso maggio si è svolta la seconda edizione dell’iniziativa “Giro di boa”. L’associazione ha portato un gruppo di sue “Gemme Dormienti” sul brigantino Nave Italia, il più grande d’Europa, a fare un’esperienza molto particolare con un equipaggio e un comandante che coinvolge le partecipanti nel lavoro di marinaie. È un progetto di terapia dell’avventura che dura diversi giorni e che porta le persone ad abbattere le proprie difese attraverso un percorso di elaborazione della malattia e di rinascita.
«Più siamo, più persone riusciamo a seguire. Ogni anno vediamo centinaia di pazienti. Abbiamo esigenza di volontari: persone comuni, donne che stanno vivendo o hanno superato un percorso di malattia, medici specialisti. In particolare, abbiamo sempre più necessità di volontari medici che ci possano affiancare nel lavoro tecnico e imparare tanto sull’argomento, inoltre abbiamo bisogno di biologi e di statistici. Alcuni nostri volontari si occupano di oncoestetica, specialmente per le donne giovani è importante migliorare l’aspetto psicofisico dopo gli interventi».
La nostra paziente più piccola ha tre anni. Per quanto riguarda le bambine, si affronta con molta delicatezza l’argomento che coinvolge ancora di più la famiglia intera ed in qualche modo vede i genitori turbati da una grande responsabilità, cioè scegliere per un altro
Mariavita Ciccarone
L’associazione si rivolge alle donne, alle bambine e, inoltre, agli uomini che chiedono aiuto. Per questi ultimi, è più semplice in quanto si effettua la crioconservazione del liquido seminale. Per le donne adulte si può consigliare una terapia medica e/o effettuare la crioconservazione di ovociti o tessuto ovarico; per le bambine e ragazze prepuberi è possibile solo la crioconservazione di tessuto ovarico. «La nostra paziente più piccola ha tre anni. Per quanto riguarda le bambine, si affronta con molta delicatezza l’argomento che coinvolge ancora di più la famiglia intera ed in qualche modo vede i genitori turbati da una grande responsabilità, cioè scegliere per un altro. Anche per le bambine è molto importante il follow-up successivo, anche se non hanno utilizzato tecniche di preservazione».
Nella foto di Matteo Nardone / Pacific Press/Sipa USA per LaPresse, il murale di Carlos Atoche “#AMORETCURA – A VENUS FOR PREVENTION”, realizzato nel quartiere della Garbatella a Roma e dedicato alla salute femminile.
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