Confindustria ha stimato che saranno poco meno di 200 mila le posizioni più qualificate a disposizione, nel triennio 2019-21, nei settori della meccanica, Ict, alimentare, tessile, chimica, legno-arredo, ovvero le sei produzioni trainanti del Made in Italy. Nel giorno in cui l’Italia entra ufficialmente in recessione (secondo trimestre consecutivo con il segno meno davanti al Pil, ci fa sapere l’Istat dopo le anticipazioni del premier Giuseppe Conte) non si può che accendere un faro sul cosiddetto mismatch fra domanda e offerta di lavoro. Una distanza che dovrebbe essere coperta, almeno in parte, dal provvedimento bandiera del Governo del cambiamento: il reddito di cittadinanza. Una misura ibrida che il suo ideatore, Pasquale Tridico, in un recente intervento sulle colonne del Corriere della Sera definisce come «misura di reddito minimo, di contrasto alla povertà e di riattivazione verso il mercato del Lavoro». Può dunque essere la carta di volta? L’abbiamo chiesto ad Andrea Malacrida, amministratore Delegato di Adecco Group Italia (2500 dipendenti, oltre 400 filiali, 50mila lavoratori gestiti ogni giorno di cui 10mila a tempo indeterminato e più di 10mila aziende clienti ogni settimana). Malacrida è anche vicepresidente di Assolavoro, l’organo di rappresentanza di tutte le agenzie del lavoro operative nel nostro Paese.
Partiamo dal dato delle 200mila vacancies: conferma? Malgrado i venti di crisi in Italia c’è ancora chi offre lavoro?
Partiamo allora dai nostri numeri. Su 50mila persone ci sono tante figure operative, senz’altro. Ma quelli che riusciamo a stabilizzare e ad assumere a tempo indeterminato generalmente sono profili con laurea e competenze medio alte. Venendo al dato di Confindustria: è vero il sistema Italia si è dimostra, e non certo da ora, incapace di reclutare o costruire professionalità e competenze proprio in quelle aree dove c’è offerta di occupazione.
Può fare qualche esempio?
C’è una fame incredibile di competenze digitali e mancano persone realmente formate sulla digitalizzazione e le attività delle nuove tecnologie. E questo vale in senso trasversale in tutti i settori. Oggi siamo in un mercato di sharing economy, un mercato dove l’evoluzione, il next step di ogni industry è quello di capire la copia digitale che avrà il business. Io stesso sto ispirandomi, studiando, sto immaginando quella che sarà la copia digitale di Adecco. Per definire il modello è necessario avere competenze forti digitali all’interno dell’azienda. Competenze che non si trovano.
Il primo intervento del Governo è stato il decreto Dignità…
La norma è uscita ad agosto. Tra settembre, ottobre, novembre e dicembre abbiamo assunto 50mila persone in meno, rispetto al medesimo periodo del 2017. Un dato preoccupante, ma che incorpora anche il periodo transitorio che scadeva il primo novembre entro il quale si poteva assumere con le norme precedenti.
Insomma poteva essere anche peggio?
Non solo. Sarà peggio. Le nostre previsioni da qui a Pasqua sul lato occupazioni sono di profondissima sofferenza.
Il primo aprile però entra in vigore il reddito di cittadinanza. Quale tipo di impatto avrà sul mercato del lavoro?
Settimana scorsa per la prima volta come Assolavoro siamo stati convocati al Ministero del Lavoro per confrontarci coi loro tecnici e capire quale sarebbe il nostro ruolo all’interno del reddito di cittadinanza. Purtroppo la percezione è stata che ci hanno coinvolti perché sono in una situazione molto critica, non mi pare che conoscano bene il mercato del lavoro.
E quindi cercano la vostra sponda?
Sì, credo che sia così. Ribadisco: purtroppo. Ma non è solo questo.
Ovvero?
Si calcola che i potenziali percettori del reddito siano fra i 4 e i 5 milioni. E si pensa di poterli gestire con i centri per l’impiego?
In realtà Tridico ha spiegato che saranno chiamate in causa anche le agenzie per il lavoro private che lei rappresenta, attraverso due strumenti distinti: il patto di formazione e l’assegno di collocamento…
Il nodo però è che la nostra remunerazione per questo tipo di attività sarà strettamente legata a un contratto di assunzione a tempo indeterminato per le persone che ovviamente prendono il reddito di cittadinanza.
Tridico in realtà parla di assunzioni, senza specificare se siano a tempo indeterminato o meno…
Evidentemente ha preferito stare sul vago: per quanto ne so io per il Governo esiste solo l’assunzione a tempo indeterminato. La realtà però è diversa. Una persona inserita nel programma del reddito verosimilmente non ha le skill necessarie per ambire fin da subito a un contratto stabile.
In sostanza mi sta dicendo che le Agenzie per il lavoro private non saranno della partita. Giusto?
È complicato rispondere in questo momento, quando le regole non sono ancora chiare. Ma la nostra posizione è chiara. Se certe condizioni non si verificheranno, noi resteremo fuori.
Come osservatore del mercato del lavoro e come tecnico, e quindi non tanto in veste di capo d’azienda di Adecco, le chiedo, in merito al tema del bonus per le imprese legato al reddito di cittadinanza, è appetibile?
Non credo che un’azienda che non sia intenzionata ad assumere un profilo a tempo indeterminato in ragione dell’esonero contributivo previsto in caso di assunzione di un lavoratore percettore di reddito di cittadinanza. le leve sono altre.
Ha fatto bene il governo a fondere in un'unica misura la lotta alla povertà e quella alla disoccupazione?
Io penso sia stato un errore. È un miscuglio. L’assistenza alle persone povere e il sostegno a chi cerca lavoro sono due target diversi che vanno affrontati in modi diversi.
Passiamo ai navigator: vi ruberanno il lavoro?
Le rispondo con un dato. Ci sono circa 500 centri per l'impiego in Italia e ci sono circa 10mila persone che ci lavorano. Adecco ha 400 filiali e 2.500 dipendenti. La differenza? Noi funzioniamo, loro no. Bastava appaltare alle Apl le attività di orientamento, indirizzo e supporto e formazione al mercato del lavoro per le persone che percepiscono potenziale reddito di cittadinanza. Andare a reclutare da zero migliaia di potenziali professionisti nel mondo del lavoro con un contratto precario, limitato nel tempo, senza alcuna esperienza pregressa è un’impresa impossibile.
Bocciato il reddito di cittadinanza, mi dice due cose che avrebbe fatto nei panni del ministero del Lavoro Luigi Di Maio?
Prima cosa: riscrivere il decreto Dignità, perché un uso così rigido delle causali ingrosserà il portafoglio degli avvocati a scapito di aziende e lavoratori. Sul reddito di cittadinanza suggerisco invece di concepirlo sulla base di contratti a tempo, 6 mesi minimo, in modo che datore di lavoro e lavoratore si possano conoscere prima, eventualmente, di passare al contratto a tempo indeterminato.
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