Migranti

L’Ex canapificio di Caserta rubato alla collettività

di Lorenzo Maria Alvaro

Chiude dopo 20 anni, sequestrato dalla Procura per l'inabilità delle strutture, un presidio di legalità, inclusione e diritti. Il Centro Sociale che è anche l'ente gestore dello Sprar più grande della Campania chiude i battenti lasciando oltre 500 persone orfane dei servizi

Martedì 12 marzo i carabinieri della Procura di Santa Maria Capua Vetere pongono sotto sequestro la struttura di proprietà regionale dell'Ex Canapificio di Caserta, dal 1999 sede dell'associaizone omonima. Un sequestro dovuto dall'inagibilità della struttura. «Il verbale invita infatti la Regione Campania ad effettuare i lavori necessari alla messa in sicurezza», sottolinea Virginia Crovella del Centro Sociale Ex Canapificio.

Una notizia accolta dal Ministro Salvini con la consueta razione social in cui scriveva «la pacchia è finita».

Ma è solo l'inizio di una vicenda che ha assunto tratti drammatici. «La decisione è stata presa senza preventivare alcuno spazio alternativo, provvisorio, sostitutivo. Di fatto, da quel 12 marzo, le circa 500 persone che settimanalmente usufruivano dello spazio per i servizi che offriamo, sono allo sbando e, letteralmente per strada», spiega Crovella.

L'ex-canapificio è dove abbiamo costruito il Modello Caserta di Inclusione Sociale Bilaterale

Il Centro Sociale infatti è Ente Gestore dello Sprar più grande della Campania con 200 posti dislocati in 24 appartamenti. «Presso l'Ex Canapificio», aggiunge Crovella, «si tenevano i corsi di italiano, di informatica, i momenti assembleari coi beneficiari». Non solo, era anche la sede organizzativa del progetto di mobilità sostenibile Piedibus, che oggi conta 200 famiglie iscritte e 120 accompagnatori volontari e sempre presso la struttura oggi sotto sequestro, si tenevano due Sportelli con una utenza complessiva di 400 persona a settimana. «Erano lo Sportello al Reddito per la famiglie perlopiù italiane e lo Sportello per il permesso di soggiorno e lo sfruttamento lavorativo per la comunità migrante della Campania», chiarisce Crovella, «il centro era infine lo spazio associativo della comunità dei senegalesi, il luogo di laboratori di arte, musica, teatro aperti a tutti, migranti ed italiani. Il luogo, in sintesi, dove abbiamo costruito il “Modello Caserta di Inclusione Sociale Bilaterale”».

Oggi naturalmente queste attività trovano spazio per strada e in alcuni spazi associativi offerti provvisoriamente dalla comunità locale. Sabato 16 marzo, circa 5.000 persone tra famiglie, bambini, migranti, scout, chiesa, docenti e associazioni hanno preso parte ad un corteo per chiedere alla Regione la messa in sicurezza e la riapertura del bene.

«Chiudere dopo 20 anni un presidio di legalità, inclusione e diritti, senza ipotizzare un'alternativa pur provvisoria, è un atto grave per la nostra terra già vessata», attacca Crovella, «il dialogo con la Regione Campania esiste da tempo, da circa 7 anni presentiamo atti, richieste, progetti di ogni tipo per la ristrutturazione. Siamo in attesa di essere convocati dal vicepresidente Bonavitacola, da quale ci auguriamo di ricevere indicazioni positive in merito alla messa in sicurezza e al ripristino della funzione sociale del bene».

Il caso ha riscosso una grande solidarietà che ha visto particolarmente attivi numerosi artisti e personalità note che hanno condiviso l'appello del Centro Sociale che ha raggiunto 1600 adesioni finora. «Tra gli altri hanno firmato come Sandro Ruotolo, Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Marco D'Amore, l'Orchestra di Piazza Vittorio, Daniele Gaglianone», racconta Crovella.

Ma dalle istituzioni tutto tace. E mentre per questo la sociatà civile sta organizando una nuova manifesta zione un timore sta prendendo piede: «l'ex canapificio è uno spazio regionale molto vasto. Alla nostra associazione, nel 1999, furono assegnati 1800 metri quadrati. La convezione d'uso gratuito è scaduta nel 2015, da allora ci sono solo atti ufficiali della Regione che attestano la “volontà di rinnovare il comodato” ma ufficialmente il rinnovo non è mai arrivato, malgrado un tavolo e un dialogo costante con i vari uffici ed in particolare coi dott. Bonavitacola e Tedesco, nonché con l'ufficio patrimonio», spiega Crovella.

Sappiamo che ci sono un interesse e un rischio di speculazione molto alto su quello spazio

«Sappiamo che ci sono un interesse e un rischio di speculazione molto alto su quello spazio, strategico poiché posizionato tra la Reggia e la Stazione ferroviaria. La presenza di una rete associativa molto ampia e variegata, in questi 20 anni, ha rallentato progetti di parcheggi, centro commerciali, attività economiche. Ma il Comune di Caserta, in qualità di soggetto urbanista, ha di recente investito 1 milione e 800 mila euro per un bando di idee finalizzato alla realizzazione di un non ben definito centro turistico in quello spazio regionale. In questo recente bando di idee non è mai menzionata la nostra presenza e, tra le destinazioni d'uso che il Comune indica per quell'area, non è menzionata la finalità sociale e senza scopo di lucro, ma una generica dicitura di “servizi al cittadino”», puntalizza Crovella.

La richiesta dell'associazione alla Regione Campania è di mettere in sicurezza il canapificio così da dissequestrare l'area e ripristinare le funzioni. Una perizia di tecnici, già presentata al dott. Bonavitacola, individua prioritariamente, per il dissequestro, la manutenzione del tetto, per un costo di circa 300.000 euro». Ma nulla si è più mosso.

«Il ragionamento che, dal Sindaco di Caserta al Presidente della Regione, da anni cerchiamo di portare avanti è che in uno spazio così ampio, la funzione sociale deve essere compatibile con quella turistica, ricettiva, economica. Esperienze virtuose in Campania ce ne sono, come le Catacombe di San Gennaro sostenute dalla Fondazione CON IL SUD, che ha dimostrato in questi anni la fattibilità di questo sistema. L'Ex Canapificio, dopo 20 anni di legalità, diritti, coesione sociale, non può diventare l'ennesimo spazio sottratto alla città, al suo sviluppo. Non può diventare l'ennesima speculazione», conclude Crovella.

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