Dopo l’ultima offensiva di Assad, presidente siriano, e dell’alleato russo Putin, su Idlib, nordovest della Siria, si stima che siano oltre un milione i civili che hanno deciso di mettersi in viaggio per raggiungere il confine con la Turchia. Ma la Turchia ospita già 3,6 milioni di profughi siriani. Nel 2016, infatti, Bruxelles ha firmato un accordo con Ankara, stanziando sei miliardi di euro, affinché Erdogan, presidente turco, evitasse che i profughi raggiungessero la Grecia, porta d'ingresso per l’Europa. Ma quei fondi sono finiti, Erdogan ha minacciato l’Europa di aprire le frontiere, ed effettivamente per 72 ore l’ha fatto. Ma in Grecia i rifugiati e richiedenti asilo sono circa 80mila. Di questi, ben 42mila si trovano confinati su alcune piccole isole. La situazione è delicata. Difficile prevedere come andrà a finire. Intervista a Maurizio Ambrosini, sociologo e accademico italiano esperto di migrazioni. Che ha appena pubblicato per Laterza “L'invasione immaginaria – L'immigrazione oltre i luoghi comuni”.
Professore che lettura dare di ciò che sta succedendo?
Questo conflitto ha due poli: un conflitto armato tra la Turchia e l’esercito siriano appoggiato dagli alleati russi che hanno portato un milione di persone a lasciare Idlib, nordovest della Siria, distrutta da bombardamenti a scuole ed ospedali presi esplicitamente di mira; e un secondo polo, un secondo fronte del conflitto prettamente politico ed economico tra la Turchia e l’Unione Europea. Qui il problema è che l’Unione Europea si è messa nelle mani della Turchia dopo l’accordo che Bruxelles ha firmato nel 2016 con Ankara e stanziato sei miliardi di euro per far in modo che Erdogan tenesse nei confini del Paese milioni di profughi siriani.
Ma quei profughi avevano il diritto di essere accolti?
Certo. Non solo siriani, anche iracheni e afghani, erano nella posizione per chiedere il diritto d’asilo. E l’Europa non accogliendoli ha soprasseduto ai suoi obblighi umanitari.
L'accordo con Erdogan ha messo in una condizzione di debolezza l’Unione Europea?
Il presidente turco è diventato l’arbitro e il garante della difesa, per così dire, dei confini dell’Unione europea sul fronte mediorientale. Questo gli ha dato un gran potere che lui non ha esitato a sfruttare. Lo si sta vedendo proprio in questi giorni: lui opera militarmente su un territorio di un altro Paese, la Siria, lamentando che la Nato e l’Unione Europea non hanno appoggiato la sua missione ed Idlib. Ma gli alleati di Erdogan sono perlopiù jihadisti. Questa è una geografia intricata dov’è difficile capire “chi siano i buoni e chi i cattivi”. Una cosa è certa, in questa situazione tragica sono chiare solo le vittime: i civili.
E ora?
Erdogan ha fa fatto una dimostrazione di forza, ha aperto le frontiere per 72 ore per fare pressione sull’Unione Europea al fine di ottenere non solo altri fondi ma anche appoggio politico. Voleva che “i telefoni ricominciassero a squillare”. Che i leader europei lo cercassero…
E l’Unione Europea?
Ha un atteggiamento blando rispetto alle pressioni che Erdogan esercita nel suo Paese. Ha definito infelicemente la Grecia “scudo dell’Europa”. E ha pure condiviso qualche appello moderato all’uso della forza per evitare che i rifugiati entrino in Grecia. In questi giorni abbiamo visto cose che non vedevamo da decenni: l’uso di proiettili di gomma, bombe stordenti nei confronti di civili inermi, e persino di bambini. A questo si aggiungono le dimostrazioni degli estremisti di destra. Assistiamo ad un uso sproporzionato della violenza contro la popolazione indifesa. L’Unione Europea ha definito con chiarezza le sue priorità e gli orientamenti: trattare i rifugiati come possibili invasori.
Cosa succederà?
Credo che l’Europa darà altri fondi alla Turchia e ci sarà un nuovo accordo per indurre Erdogan a riprendere il controllo della frontiera ed “esonerare” l’Ue da queste scene terribili a cui stiamo assistendo.
Che conseguenze avrà questa cosa?
Innanzitutto l’Ue sarà ancora più succube e ricattabile da Erdogan. Poi sta dimostrando di voler adottare quelle politiche volute dai nazionalpopulisti del suo fronte interno. I leader dell’Unione Europea stanno appoggiando ciò che la Grecia – sponsorizzando la politica del pugno duro – fa ai confini.
E invece quello che dovrebbe succedere?
Io personalmente auspico in un rilancio dei corridoi umanitari. Questa è la soluzione più adatta per evitare viaggi pericolosi e sofferenze disumane delle persone coinvolte. La percezione che i rifugiati siano troppi è politicamente costruita. Ne potremmo accogliere ancora di più se solo mettessimo in atto politiche di accoglienza che partono dal basso.
In copertina un'immagine di Idlib – Photoshot/Sintesi
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