Mettere in mostra un corpo. Valorizzarlo. Scoprirlo anche se non è perfetto. «Sfatiamo questo mito affettivo che il corpo dei disabile è “il corpo dell’angelo”», dice Stefania Padroni, 41 anni, responsabile del progetto “Diritto all’eleganza” di Uildm, unione italiana lotta alla distrofia muscolare. «Può essere bello anche un corpo che non rispecchia i canoni classici, un corpo diverso un corpo in carrozzina».
Fin dall’epoca della sua fondazione, una delle principali missioni della Uildm è quella di promuovere e favorire l’inclusione sociale per migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità. In quest’ottica è importante sottolineare il riferimento al concetto più esteso di qualità di vita, espresso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 1948), come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità”.
A uno stato di completo benessere, oltre alla presenza di un buono stato di salute e di cure sanitarie adeguate, concorrono fattori come la percezione di essere individui attivi e integrati all’interno della società a più livelli, quello lavorativo, quello delle relazioni interpersonali e quello della consapevolezza del proprio ruolo sociale.
«Nella costruzione e nelle diverse mutazioni dell’identità sociale dell’individuo nell’arco di vita», dice Stefania Pedroni, «l’abbigliamento riveste una funzione importante, poiché rappresenta uno degli indicatori più visibili del genere e dell’appartenenza culturale. Tuttavia ad oggi resta una tra le questioni più ricorrenti e più taciute nella vita dei disabili motori, che spesso incontrano difficoltà nel reperimento di abiti semplici da indossare, ma contemporaneamente attuali».
Il progetto diritto all’eleganza è nato nell’estate del 2017. «Da una chiacchiera», ricorda Stefania. «parlavamo di quanto fossero scomodi da indossare certi abiti per noi che utilizziamo una sedia a rotelle. E da li ci siamo detti: “proviamo a mettere in piedi un progetto che tenga conto di sia del bisogno di comodità che del desiderio legittimo di sentirsi eleganti”. Quindi basta rinunciare alla moda in favore di abiti comodi, ma sformati».
Hekate, Dea della libertà, libera e protegge gli uomini sulla terra. In questo caso cerca di eliminare le barriere architettoniche che si sono insinuate nella moda, con l’utilizzo di chiusure, bottoni e scolli che facilitano l’indossatura senza mancare di eleganza e raffinatezza. Non mancheranno materiali voluminosi come lo chiffon, la gabardiana, il rasone o l’organza. La moda è prima di tutto l’arte del cambiamento, ed è ora di renderla veramente universale
Chiara, studentessa di moda che ha partecipato al progetto
Il progetto è partito con il coinvolgimento di due scuole nel percorso che ha portato alla realizzazione di 6 abiti. Quattro sono il frutto del lavoro dell’istituto tecnico Cellini di Firenze (in collaborazione con la Sezione di Pisa e di Firenze), mentre altri due abiti provengono dall’istituto professionale di moda De Medici di Ottaviano in provincia di Napoli (collaborazione con la Sezione di Ottaviano). Gli abiti hanno sfilato durante le Manifestazioni nazionali Uildm di Lignano Sabbiadoro lo scorso 10 giugno.
Gli obiettivi principali sono stati quelli di sensibilizzare sul tema della disabilità, sul tema della bellezza e della cura di sé che parte anche dall’indossare abiti belli e che fanno sentire belli, e non solo comodi. «Il desiderio», continua Stefania Pedroni, «è quello di allargare il progetto a più scuole: la sezione locale Uildm svilupperà accordi con scuole professionali che si occupano di moda sul proprio territorio, verrà sviluppata dalla sezione una piccola finestra formativa sul mondo della disabilità. Incentiverà gli studenti a far partecipare come "modelli" persone con disabilità di loro conoscenza. Laddove questo non sia possibile sarà la sezione a mettere a disposizione due persone con disabilità che dovranno accompagnare tutto il percorso progettuale».
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.