Koen Vanmechelen

«L’arte è un dono da condividere con il mondo»

di Cristina Barbetta

Per l’artista belga l’arte è un catalizzatore per esplorare la relazione tra natura e cultura, e promuovere lo sviluppo di comunità sostenibili. L’abbiamo incontrato a Venezia, dove ha lanciato il primo Padiglione dei diritti umani. Ci ha parlato di Labiomista, un grande progetto sulla diversità e il coinvolgimento comunitario, che ospita il suo nuovo studio, disegnato da Mario Botta. Situato a Genk, in Belgio, in un'area di 240.000 m², un ex zoo, aprirà al pubblico il 6 luglio

Artista concettuale belga di fama internazionale, Koen Vanmechelen esplora il legame tra arte, scienza e filosofia. Suoi temi centrali sono la diversità bioculturale, l’identità e la comunità. Come in Labiomista, nuovo studio e "quartier generale" dell’artista, un progetto artistico unico ideato da Koen Vanmechelen e situato a Genk, in Belgio, che celebra la diversità bioculturale e vuole mostrare come gli uomini e la natura possano convivere in un modo più sostenibile. Il 6 luglio Labiomista apre le sue porte ufficialmente al pubblico. Nell’enorme spazio di 240.000 m², un ex zoo comunale, e prima ancora una miniera di carbone, nasce un progetto, realizzato in partnership con la città di Genk, che darà nuova linfa al territorio, e ispirerà nuovi progetti e idee alla città di Genk, e al resto del mondo. Labiomista (letteralmente “mix di vita”) si avvale della collaborazione dell’architetto Mario Botta, che ha progettato the Ark, porta d’ingresso al sito, e The Battery, il nuovo studio e quartier generale dell’artista, uno spazio di 5000 m², che include una galleria d’arte, una stupefacente serra e un'enorme voliera con aquile. Labiomista ospita anche la Open University of Diversity di Vanmechelen- che riunisce le 5 fondazioni dell’artista-, uno spazio espositivo esterno permanente, e un grande parco di 9000 m2, al cui interno sono allevati gli animali dell’artista: polli, lama, dromedari, alpaca, struzzi…

Centrale nel lavoro di Vanmechelen è il pollo, che è visto dall’artista sia come opera d’arte, esposta in musei e spazi espositivi in tutto il mondo, sia come metafora dell’uomo e della società. Alla fine degli anni ‘90 l’artista ha acquistato notorietà mondiale con il lancio di “Cosmopolitan Chicken Project” (CCP), un progetto mondiale di incroci di polli di diverse nazionalità, che coniuga arte e scienza ed è simbolo della diversità globale. Il progetto ha suscitato l’interesse di scienziati, organizzazioni internazionali, e anche governi. È stato recentemente applicato nell’ambito di un’importante iniziativa di lotta alla povertà, ad Addis Abeba, in Etiopia.

Artista molto impegnato nel campo dei diritti umani, Vanmechelen ha inaugurato, nell’ambito della 58esima Biennale di Venezia, il progetto mondiale Human Rights Pavilion, in collaborazione con Global Campus of Human Rights, Fondazione Berengo e Mouth Foundation. Il lancio è avvenuto in occasione dell’inaugurazione di Glasstress, una mostra che presenta opere d’arte in vetro create nell’ex fornace della Fondazione Berengo Art Space a Murano con artisti contemporanei conosciuti a livello internazionale, e impegnati nel campo dei diritti umani, tra cui Ai Weiwei. Koen Vanmechelen ha curato questa edizione della mostra, insieme all’artista brasiliano Vik Muniz.
«Con Human Rights Pavilion voglio esplorare la complessità della natura umana, la possibilità di un concetto universale dei diritti umani e il ruolo dell’arte nel suo sviluppo», dice l’artista e curatore del progetto.«Sono fermamente convinto che nell’Antropocene, l’era in cui l'impatto umano sulla geologia e gli ecosistemi della Terra raggiunge proporzioni critiche, l’arte può aiutare a sviluppare un nuovo concetto universale di diritti umani, di cui c’è molto bisogno, prendendo in considerazione le sensibilità locali. Connettendo l'"universale” con il “locale” e rendendo i diritti umani non controversi o meno controversi».

Nei prossimi 18 mesi, quest’opera d’arte in evoluzione si svilupperà attraverso dialoghi, viaggi, esplorazioni e creazioni di Vanmechelen nel corso di un tour mondiale: dal Belgio, al Messico, da Londra a New York, da Sydney, a Tokyo, a Helsinki… Il progetto prenderà forma attraverso il contatto con persone e organizzazioni coinvolte o interessate ai diritti umani. Il dibattito sui diritti umani sarà stimolato in tutti i luoghi toccati dal tour mondiale, attraverso i cosiddetti “SoTO Dialogues in Cosmocafes”, hub locali per dibattere le condizioni di esistenza sostenibile degli esseri umani e delle culture umane tra di loro, e altre specie sul pianeta. Abbiamo incontrato Koen Vanmechelen a Murano, Venezia, all’inaugurazione di Human Rights Pavilion, in occasione dell’apertura di Glasstress.

Qual è lo scopo dei Cosmocafé?
I Cosmocafe, che si sviluppano in quei luoghi nel mondo in cui si tengono le mie mostre, vogliono incentivare conversazioni intorno a un tavolo. Stimolano non solo le menti, ma anche i sensi: gli occhi, l’olfatto…Penso che sia importante che la gente capisca che i Cosmocafe riguardano i diritti umani e l’arte e che si tratta di più di una conferenza , perché le conferenze sono per coloro che capiscono davvero i contenuti, ma ci sono molti modi di comunicare, per questo è necessario stimolare tutti i sensi. I Cosmocafe sono chiamati SoTo Dialogues, che significa: “Sopravvivenza dell’altro”, mentre normalmente si parla di “sopravvivenza del più forte” (“Survival of the fittest”). Sopravvivenza dell’altro significa che tu sei qui per me e io sono qui per te. In un dialogo funziona così: io dico qualcosa e tu dici qualcosa, e nel mezzo della nostra conversazione c’è una sorta di soluzione. Penso che dobbiamo pensare questi dialoghi su un altro livello: per esempio a livello locale e globale. Una delle mie affermazioni è: “Il globale esiste solo grazie alla generosità del locale”. Penso che abbiamo perso il “locale” da qualche parte. La parola generosità è la parola più importante, perché nel passato abbiamo preso tutto dal locale e ci siamo dimenticati che dovevamo chiedere, e poi lo abbiamo reso globale ma oggi, se si guardano per esempio i gilets jaunes, è il locale che dice: “ Sta succedendo tutto nel mondo, ma dove siamo noi in questa storia?”

In che relazione stanno “locale” e “globale” nel Human Rights Pavilion?
Nel Cosmocafé di Helsinki ci sarà un pescatore che parlerà a uno chef di alto livello, che prepara piatti molto belli e multiculturali. Il pescatore locale racconterà una storia diversa da quella dello chef, e sono sicuro che nella mente dello chef succederà qualcosa, la storia del pescatore lo farà riflettere. Ai Cosmocafé invitiamo persone di diverse professioni, esperte in quello che fanno, per fare conversazioni reali, non come quelle che avvengono su internet, rdove ci sono molte fake news. Se in un Cosmocafé metti insieme un imprenditore sociale con uno scienziato e un artista avrai un tavolo fantastico. Bisogna stimolare la creatività e nell’arte la più grande libertà è l’arte stessa. Quello che manca alla Dichiarazione dei Diritti Umani è il libro della creatività, della libertà di pensiero. Qui alla Fondazione Berengo Art Studio, nell’opera Collective Memory, ho messo l’Enciclopedia dei Diritti Umani con una scultura sopra. Se metti quest’opera in Parlamento tutti iniziano a protestare. Se la metti qui, in uno spazio espositivo, la gente dice: “Beh, pensiamoci.” Pensiamo per esempio a Venere, raffigurata in una delle sculture, che rappresenta la fertilità. Essere fertili o non essere fertili è un diritto, o non lo è?

Qual è il concetto di Labiomista?
È un luogo dove vorrei lavorare con le comunità. È un progetto comunitario, anche se si tratta di un progetto di arte di alto livello: penso che l’arte debba essere condivisa con la gente, per ispirarla. L’arte è un dono, e questo dono è la conoscenza, che non deve essere tenuta solo per sé, ma condivisa con il mondo. È una responsabilità nei confronti delle altre persone. Se si parla di diritti umani ci sarà una conoscenza, quindi la condivideremo. Se non lo fai diventi un semplice “player” nel campo del consumismo, e questa è un’ottica molto orizzontale. Cosa significa? Se nasce un’idea, puoi copiarla, e questa è una filosofia molto orizzontale. Se invece hai un’idea e pensi che abbia il potenziale di crescere la porti a un altro livello. È un andamento verticale, che implica capacità di crescere. Labiomista promuove lo sviluppo di attività locali e iniziative comunitarie. Per esempio il ristorante sarà creato dalla comunità. Questo corrisponde alla mia vision di supportare comunità sostenibili, unendo “il locale” con il “globale” e connettendo l’arte con la società. I ricavi derivanti dalle vendite dei biglietti d’ingresso al parco saranno reinvestiti interamente per i fini pubblici del parco, e in progetti di vicinato.

Può spiegare il suo progetto con i polli e in che modo ne hanno beneficiato le comunità?
Nella mia opera i polli hanno un ruolo centrale, e sono sia opera d’arte sia metafora dell’uomo e della sua relazione con la diversità culturale e biologica del pianeta. Faccio incroci di polli in tutto il mondo, e ho creato 20 generazioni di questi animali che combinano tratti di specie di ogni parte del pianeta. Dopo 24 anni di incroci ho ottenuto una specie che ha il dna più diversificato di qualunque pollo addomesticato nel mondo. La diversità del dna dei polli che si comprano al supermarket è tre volte inferiore a quella dei polli del Cosmopolitan Chicken Project. Quindi questo pollo, che è un progetto in divenire nel campo della libertà dell’arte, diventa più sostenibile. Incrociandolo con un pollo locale commerciale ottengo polli con un dna eccezionalmente diverso, abbastanza forti per conquistare l’ambiente e abbastanza buoni per produrre un uovo ogni giorno. Questo progetto è stato rilevato dall’ International Livestock Research Institute (ILRI), il più grande centro al mondo che lavora per migliorare la sicurezza alimentare e ridurre la povertà nei Paesi in via di sviluppo attraverso la ricerca per un uso migliore e più sostenibile del bestiame. Mi hanno detto: “Abbiamo bisogno di questa tua iniziativa perchè stiamo portando avanti il più grande progetto contro la povertà nel mondo e abbiamo bisogno di un pollo per le comunità”. Quindi insieme a ILRI, e supportati dalla Bill & Melinda Gates Foundation e dal Roslin Institute, stiamo realizzando un progetto ad Addis Abeba, in Etiopia, per dare alla gente che vive nelle aree più povere un pollo più resistente. E tutto questo viene dall’arte…Ad aprile 2018, insieme a scienziati partner e membri del governo etiope, abbiamo aperto ad Addis Abeba Incubated Worlds (Mondi incubati), allo stesso tempo centro di ricerca e installazione artistica, una combinazione unica di arte e scienza per migliorare l’alimentazione e il reddito nell’Africa dell’Est.

In che modo collabora con il mondo scientifico?
Ho 5 fondazioni. Una di esse è CosmoGolem, un progetto globale sui diritti dei bambini. Andiamo nei Paesi in via di sviluppo-sono già stato in 33 Paesi- e mostriamo ai bambini che si possono esprimere attraverso la poesia, le storie, la danza e le arti visive.. . Poi c’è The Walking Egg, un progetto sulla fertilità, affrontata all’intersezione tra arte e scienza, in collaborazione con the European Society of Human Reproduction and Embryology (Eshre) e the World Health Organization (Who). Poi c’è The Cosmopolitan Chicken Research Project; MOUTH Foundation, che unisce arte, scienza e persone per realizzare un equilibrio sociale ed ecologico nuovo e più costruttivo. La fondazione mi supporta nella realizzazione di tutti i miei progetti artistici. Infine Combat, un progetto che commemora il centesimo anniversario dall’inizio della Prima Guerra Mondiale. Lo scopo finale di Cwrm è la produzione di 600.000 piccole statue di argilla, una per ogni persona uccisa sul suolo belga durante la Prima guerra mondiale. Quindi sono sempre impegnato in questi progetti e la mia arte è il punto di partenza e la conoscenza per portare questi progetti nel mondo. Questo è quello che l’arte deve fare. Non mi interessa l’arte che vuole abbellire un muro. Penso che l’arte abbia un vero contenuto.

Perché la diversità bioculturale è tema centrale della sua arte?
Perchè se perdiamo la nostra diversità non avremo niente. Io non sono simile a te e tu non sei simile a me, e questa è una cosa buona. Bisogna anche imparare da noi stessi e comprendere che possiamo essere egoisti, quindi cercare di bilanciare il fatto di essere egoisti. Questo è il modo in cui dobbiamo vivere tutti insieme, cercando di capire, perché essere egoisti significa avere paura di condividere. L’opposto dell’amore è la paura, quindi essere egoisti è avere un po’ di paura perchè non si è aperti ad amare.

Foto di apertura: Opere d'arte, installazione all'interno di The Battery – Studio Koen Vanmechelen, Labiomista, Genk (BE) . © Koen Vanmechelen, 2018. Foto di Kris Vervaeke

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