Alzheimer

L'arte che cura

L’Alzheimer in Toscana si “cura” anche al museo

di Alessio Nisi

La prescrizione sociale in Toscana è già realtà, dal 2019: una legge regionale infatti riconosce le proposte museali fra le prestazioni previste per la cura e il sostegno per le persone con demenza e dei loro caregiver. Oggi i Musei Toscani per l’Alzheimer sono una rete di 60 realtà. Quinta tappa del viaggio di VITA nelle esperienze di welfare culturale.

«Non pensiamo che l’attività svolta al museo abbia un valore curativo in senso medico. Ha invece indubitabilmente un valore in termini di capacità di generare benessere, perché propone uno spazio in cui i partecipanti hanno tutti le stessa possibilità di prendere parte alla vita culturale della comunità»: Chiara Lachi, educatrice museale della sistema dei Musei Toscani per l’Alzheimer, sintetizza così l’esperienza che propone un incontro attivo, intenso e significativo con la cultura e in particolare con il patrimonio museale alle persone affette da Alzheimer e demenza e ai loro caregiver.

Un’esperienza variegata (nella definizione di patrimonio museale rientrano musei d’arte, ma anche spazi espositivi, musei di storia naturale, orti botanici, musei archeologici, etnografici e scientifici, biblioteche) che contribuisce a restituire la certezza di essere parte attiva della vita culturale e sociale della comunità. Il progetto rientra nel quadro delle iniziative di welfare culturale (le cui peculiarità sono state individuate e validate da uno studio del 2019 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) ed è stato sviluppato con una premessa precisa: la demenza e l’Alzheimer sono condizioni che coinvolgono la persona e la sua famiglia, nelle quali l’ambiente fisico e relazionale sono determinanti per la possibilità di mantenere una buona qualità di vita. Il sistema dei Musei Toscani per l’Alzheimer è nato come rete per armonizzare e mettere in connessione esperienze (anche decennali) sul territorio e nel suo stesso nome ne porta gli elementi distintivi.

La prescrizione sociale per generare benessere

«Non ci poniamo intenzioni terapeutiche rispetto ad una malattia progressiva che, a oggi, non ha una cura», entra nel dettaglio Chiara Lachi, che è nel Coordinamento dei Musei Toscani per l’Alzheimer insieme ad un’altra educatrice, Cristina Bucci, e agli educatori geriatri Luca Carli Ballola e Michela Mei.

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Chiara Lachi, Coordinamento Musei Toscani per Alzheimer

In questo sistema, «un elemento che ci caratterizza è la rete e il rapporto con le istituzioni», spiega. «La Regione Toscana ha emanato nel giugno 2019 un decreto in cui riconosce le proposte museali fra le prestazioni previste per la cura e il sostegno familiare nei confronti delle persone con demenza. Questo passaggio normativo – ma soprattutto politico e civico – è il riconoscimento che noi stiamo sperimentando in Toscana la prescrizione sociale. È una validazione normativa».

Nel momento in cui i musei sono riconosciuti tra i servizi e le prestazioni che possono essere erogate, «i medici geriatri e le unità di valutazione multidimensionale possono prescriverle come una possibile cura per le persone con demenza, entrando a far parte del loro piano assistenziale».

Rimanere insieme

Sono circa 60 le realtà regionali che fanno parte del Sistema. Tra queste c’è il Mudev – Museo Diffuso Empolese Valdelsa, che propone incontri durante i quali si osservano le opere d’arte, si leggono poesie, si ascolta musica, condividendo opinioni, pensieri ed emozioni. Un impegno che durante l’emergenza Covid si è concretizzato in “Musei per l’Alzheimer – Lontani ma vicini”, una risposta al bisogno di mantenere le relazioni instaurate durante gli anni di attività in presenza nei musei con le persone anziane e i loro caregiver (tra le iniziative anche il quaderno Lontani ma vicini. Strumenti e consigli per rimanere insieme).

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Firenze, Palazzo Strozzi. Foto di Simone Mastrelli

Narratori e protagonisti della vita del villaggio

All’interno del Parco e Archeodromo di Poggio Imperiale a Poggibonsi, invece, i partecipanti vengono invitati a riprodurre il lavoro degli archeologi e a “scavare”, uno alla volta, alla ricerca di oggetti di epoca medievale replicanti oggetti di uso quotidiano. In particolare presso l’Archeodromo, i partecipanti vengono introdotti all’interno della ricostruzione in scala 1:1 del villaggio di epoca carolingia in un’esperienza immersiva. Si trovano così immersi nella storia, in un contesto quotidiano in grado di stimolare i ricordi e l’immedesimazione: diventano al tempo stesso narratori e protagonisti della vita del villaggio anche attraverso lo svolgimento di laboratori in cui hanno la possibilità di manipolare la materia (ad esempio, l’impasto e la cottura del pane).

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Archeodromo di Poggibonsi

Un viaggio tra Medioevo e natura

Il Museo delle Terre Nuove di San Giovanni Valdarno offre dal canto suo un programma di incontri che si svolgono al Museo e che ruotano intorno al confronto della città e del territorio in epoca medievale con l’abitato e il paesaggio della nostra esperienza quotidiana. Gli anziani sono guidati e invitati a partecipare in prima persona al viaggio narrativo da mediatori esperti e dai loro caregiver, in modo da ricreare intorno al gruppo un’atmosfera rassicurante che li stimoli alla partecipazione e al racconto.

La “Natura tra le mani” è il progetto sviluppato dal Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa. Gli incontri organizzati a Calci, nei locali della Certosa, sono inseriti in un contesto di accessibilità e di integrazione sociale, attraverso l’allestimento di sale concepite secondo i criteri dello universal design, attraverso l’offerta di esperienze tattili per non vedenti e ipovedenti e la progettazione di percorsi dedicati.

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Pisa – Calci / Museo di storia naturale

Metti il museo in valigia e portalo in una Rsa

Ci sono anche esperienze di musei che vanno fuori dal museo, come i Musei in valigia dei Musei civici fiorentini, o di altre strutture come il Museo archeologico etrusco Gasparri dove gli operatori, muniti di una vera e propria valigia con spunti e oggetti riferiti alle collezioni civiche, fanno visita agli anziani con Alzheimer presso strutture e centri diurni, semi-residenziali e residenziali di Firenze. «Si tratta di attività inclusive, che riescono a raggiungere quel pubblico e quelle persone che non per loro volontà sono impossibilitate a visitare un museo».

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Mudev / Museo diffuso Empolese Valdesa

Un sistema in movimento

La rete dei Musei Toscani per l’Alzheimer si è formalizzata nel 2020, ma è stata preceduto da esperienze locali (prima fra tutti quella di Fondazione Palazzo Strozzi a Firenze) che partono dal 2012-2013. «In questa direzione va sottolineata la lungimiranza della regione Toscana, che ha finanziato dei corsi di formazione con l’obiettivo di disseminare questi progetti museali a livello regionale nel territorio. Questo ha fatto sì che quando siamo arrivati alla formalizzazione nel 2020, con l’esigenza di fare sistema e di darci delle regole unitarie, c’era già un numero consistente di musei», spiega Lachi. In questo sistema c’è «un’associazione capofila, L’immaginario, e tutto una serie di istituzioni di soggetti che hanno aderito. La Toscana ha una ricchezza di musei che la rende la regione più densamente popolata: una realtà anche molto variegata e ben  rappresentata nel Sistema, che va dall’arte alla storia all’archeologia alle etnografia ai musei scientifici».

Varietà, territori e formazione

Questo insieme così numeroso e composito di enti, questa capillarità sul territorio, ha una sua forza: «riesce a istituire delle relazioni e un dialogo con la comunità di riferimento. Siamo anche in continua crescita perché facciamo della formazione un tema ricorrente, con la possibilità che al termine del percorso si aggreghino altri enti. Perché un ente aderisca al sistema deve sottoscrivere una convenzione, accettarne i punti fondanti e rispondere a determinati requisiti: non ci si improvvisa rispetto a un progetto di questo tipo. Siamo molto attenti a questo aspetto».

Perché un ente aderisca al sistema deve sottoscrivere una convenzione, accettarne i punti fondanti e rispondere a determinati requisiti: non ci si improvvisa rispetto a un progetto di questo tipo

Così in Veneto

Anche fuori dai confini della regione Toscana ci sono esperienze di welfare culturale che meritano di essere segnalate. A Bassano Del Grappa, in Veneto, il progetto Dance Well, ad esempio, nasce con l’intento di promuovere la danza in spazi museali, contesti artistici, e si rivolge principalmente, ma non esclusivamente, a persone che vivono con il Parkinson. È un’iniziativa ideata e promossa, fin dal 2013, dal comune di Bassano del Grappa attraverso il suo Centro per la Scena Contemporanea. Dance Well propone lezioni di danza per persone con Parkinson, aperte anche a familiari, membri della comunità anziana over 60, cittadini, studenti, richiedenti asilo. Le classi, come vengono chiamate le lezioni, si svolgono ogni lunedì e venerdì presso il Museo Civico di Bassano del Grappa. Lo spazio artistico è uno degli elementi che distingue Dance Well dalle pratiche tradizionali in sale di danza, palestre o spazi per la riabilitazione in senso stretto. Dance Well è una pratica artistica, ma include al suo interno varie strategie riabilitative, in grado di avere effetti positivi sui sintomi e sulla qualità di vita delle persone con Parkinson.

Questo articolo fa parte di una serie di racconti che VITA dedica alle esperienze di welfare culturale in Italia, per contribuire a far sì che questi strumenti nuovi entrino sempre di più nella “cassetta degli attrezzi” degli operatori sociali. In apertura foto di Simone Mastrelli per Fondazione Palazzo Strozi. Nel testo, immagini per gentile concessione del coordinamento dei Musei Toscani per l’Alzheimer

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