Tra le misure urgenti chieste al governo da nove associazioni per la messa in sicurezza del sistema sociale (vedi news ) vi era lo sblocco dei fondi del 5 per mille «e a quanto pare su questo punto le acque si sono mosse, ma finché non lo vedo…», si mantiene cauto Angelo Ricci, presidente di Fiagop (Federazione italiana associazioni genitori oncoematologia pediatrica), una trentina di associazioni attive nel campo della ricerca, dell'accoglienza e del sostegno alle famiglie di bambini e adolescenti che hanno contratto tumori e leucemie (sono circa 2.200 diagnosi in un anno).
Per la Fiagop, una delle realtà che ha presentato le cinque richieste, questo periodo di emergenza sanitaria rischia di essere pagato molto caro da alcune associazioni, soprattutto quelle più piccole. «Proprio pochi giorni fa mi ha chiamato un presidente per dirmi che si stavano interrogando sul se e come andare avanti», confida Ricci.
Siamo arrivati a questo punto?
Purtroppo per alcune sì. Tutti sono giustamente concentrati sul’emergenza Covid-19, sulla Protezione civile, sugli ospedali e per le associazioni che vivono di donazioni è dura andare avanti, senza poter fare raccolte fondi. Quel presidente mi aveva confidato che gli erano rimasti meno di 2mila euro tra conto corrente e conto postale…
Un problema generalizzato?
Per fortuna non a questi livelli. Ma per esempio Abeo Ligura ha tra le sue fonti di entrate la campagna delle uova di Pasqua, le aveva ovviamente già acquistate, ma quest’anno la manifestazione di piazza non si è potuto tenere per il lockdown. Per fortuna ha ricevuto una donazione che le ha almeno permesso di andare in pari. E questo vale un po’ per tutte le nostre trenta associate. Per questo l’appello al governo per un sostegno: le associazioni danno tantissimo allo Stato sotto forma di servizi e assistenza alle famiglie dei piccoli malati. Adesso siamo noi ad avere bisogno almeno per riuscire a bypassare questo momento e non sarebbe male che una volta tanto lo Stato ricambiasse.
Quali sono i problemi più impellenti per l’operatività?
Possiamo parlare di affitti, di utenze. Il Governo si è impegnato a sospendere gli affitti, ma non tutte le case di accoglienza sono di proprietà pubblica, alcune sono in comodato d’uso ma in molti altri casi le associazioni sono in affitto da privati e poi ci sono le bollette… Insomma sarebbe utile avere un contributo per coprire gli affitti, per questo giudico positivamente l’impegno che è stato preso ad estendere anche a tutti gli enti del Terzo settore, indipendentemente dalla loro qualifica, le misure straordinarie di sostegno già previste per le imprese a partire dall’accesso al credito.
C’è un concreto rischio di interrompere l’attività delle associazioni?
Se anche ci fosse, conosco la determinazione di nostri soci, in qualche modo faranno di tutto per non interrompere i servizi. La speranza è di non arrivare a dover ricorrere alla solidarietà tra associazioni… A settembre per esempio avevamo in animo di fare una maratona a livello europeo per destinare i fondi alla ricerca, ma ovviamente è stato tutto spostato a data da destinarsi. Negli altri Paesi le associazioni del nostro mondo stanno mettendo in campo azioni alternative, ma per noi sarebbe stata la prima volta… vedremo.
Le vostre associazioni si occupano di ospitare i piccoli pazienti e le famiglie, ma anche di ricerca scientifica…
In questi anni tra ospitalità, incontri con gli psicologi, trasporto, ma anche come fondi che si trasformano in integrazioni agli organici dei reparti in oncologia pediatrica e borse di studio le nostre associazioni hanno fatto molto. Possiamo tranquillamente dire che ogni anno il contributo tra sociosanitario e ricerca, in base ai nostri report, si aggira su una decina di milioni.
Il vostro focus sono i bambini e gli adolescenti che si ammalano di tumore, l’emergenza coronavirus come ha cambiato l’operatività?
Il nostro è un mondo a parte e non abbiamo avuto problemi significativi, certo qualche visita è stata differita, ci sono stati un po’ di disagi, ma i bambini hanno vissuto con meno ansia dei genitori questo periodo e poi i pazienti oncologici hanno già la mentalità a isolarsi. I veri problemi anche economici li stanno vivendo i genitori. La malattia tumorale di un bambino, già in tempo “normale”, è spesso fonte di impoverimento per la famiglia: quanto più lo è adesso in un periodo di emergenza come quello che stiamo vivendo. Sono molte le difficoltà economiche che vivono le nostre famiglie. In particolare tutte quelle costrette al "pendolarismo della salute". Per questo la nostra proposta, anche prescindendo da questo periodo emergenziale, è quella di estendere anche ai lavoratori autonomi la legge 104 e le sue agevolazioni. Per l'emergenza Coronavirus è stato messo a punto un sussidio come i 600 euro per gli autonomi, ma credo che l’idea di un reddito di emergenza come aiuto alla famiglia durante la malattia di un figlio che costringe uno dei genitori a non lavorare sarebbe più che giusto.
A fronte degli sforzi per proseguire le vostre attività di assistenza, come federazione è noto il vostro impegno di advocacy per richiamare l’attezione sull’oncologia pediatrica. Quali sono le prossime mosse?
Come Fiagop siamo parte del Cci – – Childhood Cancer International Europe e in questi mesi ci siamo impegnati per far sì che la Commissione europea nel Piano per la lotta contro il cancro tenga anche conto della particolarità dell’oncologia pediatrica. Proprio il 7 maggio scade la consultazione pubblica lanciata a livello europeo. Sul nostro sito abbiamo pubblicato il questionario e invitato le nostre associate, ma anche i singoli a partecipare perché è importante che nel piano in preparazione al momento non si fa cenno all’oncologia pediatrica. Si punta moltissimo su prevenzione e screening, ma questo non ha molto senso quando si parla di bambini.
In apertura un'immagine della Campagna Settembre d'Oro 2019 – Accendi d'Oro, accendi la speranza, credits Marco Iagulli Onlus
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