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Giobbe Covatta

«L’Africa non può avere debiti: ha solo crediti»

di Anna Spena

Alfredo Falcone
Comico, attore, scrittore, attivista. Giobbe Covatta è uno storico ambasciatore dell’ong Amref, la più grande organizzazione sanitaria africana. «L'Africa è un continente dove le gente, come in tutto il resto del mondo, nasce, cresce, si ama, si riproduce, muore. Spesso questo percorso si sviluppa in condizioni di povertà, ma nella maggior parte dei casi, invece, questo va avanti in una condizione di normalità», dice. E sul Piano Mattei: «È una buffonata»

Il numero di VITA di giugno, “Un’Africa mai vista”, è un viaggio fuori dai luoghi comuni per provare a cambiare la narrazione su questo continente straordinario, troppo spesso raccontato solo attraverso la lente dell’emergenza umanitaria. Abbiamo chiesto a Giobbe Covatta, comico, attore, scrittore, umorista, politico, commediografo, attivista e storico testimonial di Amref, la più grande ong sanitaria africana, cosa ama dell’Africa. Siamo partiti dalla sua prima missione umanitaria negli anni del genocidio dei Tutsi del Ruanda, fino alla richiesta di papa Francesco di cancellare il debito ai Paesi più poveri del mondo: «Sono stato io a suggerirglielo», sorride Covatta. Ha scritto insieme a sua moglie Paola Catella, il libro “Il commosso viaggiatore. Alla scoperta dell’Africa” (Giunti editori), una lettera di amore e gratitudine nei confronti di un’esperienza di viaggio che ha cambiato per sempre le loro vite, un testo che accetta la sfida più ardua: condividere la commozione di fronte alle diseguaglianze e alle ingiustizie di cui noi uomini siamo capaci, condividere una rivoluzionaria risata di fronte a ciò che, ahimè, non fa ridere per niente.

Con il numero di VITA di giugno, “Un’Africa mai vista”, abbiamo provato a non schiacciare il continente solo nella narrazione dell’emergenza umanitaria. Perché secondo lei è così difficile uscire dagli stereotipi e luoghi comuni quando si parla di Africa?

È anche una questione di linguaggio. Noi diciamo “l’Africa”, ma dire “Africa” è riduttivo. Consideriamo il continente “un posto”, invece è qualcosa di gigante e diversissimo con migliaia di sfumature. Quindi partirei dal nome: basta parlare di Africa, parliamo di Afriche.

Quanti Paesi ha visitato in Africa?

Domanda troppo difficile, tanti. Alcuni mi hanno sbalordito.

Ne vuole ricordare uno?

Il Mozambico, uno dei posti più belli del mondo. Anche la Costa d’Avorio negli anni Novanta era bellissima. Poi arrivò la guerra civile. Ma ci sono delle evoluzioni che fanno sì che si passi da un posto straordinariamente bello allo scoppio di una guerra, che inevitabilmente, quel posto, lo rende meno bello.

E qual è il Paese che ricorda con più dolore?

La verità è che io ormai sono legato mani e piedi all’Africa delle emergenze umanitarie. Direi però, tra tutti, il Ruanda. Vicino al nome dei luoghi che visitiamo però, per capirli bene, dobbiamo aggiungere una data.

Qual è la sua?

1994. Il mio primo viaggio nel continente africano l’ho fatto con una missione umanitaria durante il genocidio dei tutsi del Ruanda. Chiaro è che il Ruanda che ho visto io, non è il Ruanda di oggi. Quel viaggio mio segnò molto.

Ma cosa non vediamo dell’Africa?

Che è un posto dove le gente, come in tutto il resto del mondo, nasce, cresce, si ama, si riproduce, muore. Spesso questo percorso si sviluppa in condizioni di povertà, ma nella maggior parte dei casi, invece, questo va avanti in una condizione di normalità. Forse è quella normalità lì che facciamo fatica a vedere. Poi certo che le due grandi emergenze dell’Africa sono guerra e carestie e sono queste che poi creano problemi anche a chi tendenzialmente vive, come detto, una vita normale. Questi due momenti si insinuano prepotenti nella vita dei territori e le condizioni generali peggiorano, è come se interrompessero un ciclo. Ci sono sicuramente altri problemi, dalla sanità all’istruzione, ma comunque sono cose che stanno migliorando e nel tempo continueranno a migliorare: in Africa c’è un meccanismo di crescita, anche se non va veloce allo stesso modo in tutti i Paesi. 

Cosa umanamente le piace dell’Africa?

Questa mansuetudine nei rapporti umani, la loro schiettezza. Insomma se tu vai in un mercato africano, ma devi lasciar perdere le rotte turistiche, comprare qualcosa è un terno al lotto: tutti urlano, tutti parlano. Il mercato è un luogo dove la persona vanno per parlare, per raccontarsi, per sentire le storie degli altri. Ne ho visti di alcuni incredibili, nei villaggi dispersi in mezzo al Sudan magari trovi qualcuno che vende una mela, un altro che vende una matita, un altro ancora una lametta per la barba usata. C’è una sorta di tenerezza incredibile in questi luoghi e così ti chiedi “ma stanno facendo un’installazione artistica o stanno vendendo davvero una lametta usata?”. E loro veramente vendono le cose. Questo che significa? Che la povertà c’è, non si può negare, ma riesce ad avere una sua dignità, che significa che non diventa disperazione. 

Papa Francesco all’apertura dei lavori del seminario organizzato dalla Pontificia accademia delle scienze, ha ribadito la necessità di cancellare il debito del Sud del mondo in occasione del Giubileo. “Ci troviamo”, ha dichiarato, “di fronte a una crisi del debito che colpisce soprattutto i Paesi del Sud del mondo, generando miseria e angoscia, e privando milioni di persone della possibilità di un futuro dignitoso. Di conseguenza, nessun governo può esigere moralmente che il suo popolo soffra di privazioni incompatibili con la dignità umana”

Io lo dico da sempre: l’Africa non può avere debiti, l’Africa ha solo crediti. Non c’è termine di paragone tra quello che il continente ha preso e quello che il continente ha dato. Non esiste confronto, quello che ha dato è stato molto di più di quello che ha ricevuto. E aggiungerò altro.

Prego

Quello che ha preso è stato offerto in maniera truffaldina. Al Papa, la proposta di cancellare il debito, l’ho suggerita io (sorride ndr).

Che pensa del Piano Mattei?

È una truffa. Ogni tanto qualcuno se ne esce con questo Piano Mattei, che è stato annunziato già cinque anni fa, ma anche dieci anni fa, ma anche quindici…Direi di concentrarci su altro: abbiamo una legge sulla cooperazione internazionale: dovremmo iniziare a destinare lo 0,7% del nostro pil a progetti di cooperazione, ma forse arriviamo allo 0,2%, siamo lontanissimi dall’obiettivo. Mi concentrerei su questo più che sul resto.

Progetti per il futuro? Un altro viaggio in Africa?

Quello che vorrei fare a breve è una missione con chi si occupa di soccorso e ricerca nel mar Mediterraneo.

Il numero di Vita di Giugno è dedicato all’Africa. Se sei abbonata o abbonato a VITA leggi subito “Un’Africa mai vista” (e grazie per il supporto che ci dai). Se invece vuoi abbonarti, puoi farlo da qui.

Foto Alfredo Falcone – LaPresse


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