Mondo

La “Signora dei racconti”, in viaggio con un carico di libri e speranza

di Veronica Rossi

Irene Vasco, esperta di letteratura per l'infanzia e scrittrice Colombiana, viaggia per il suo Paese portando volumi per bambini, per stimolare il desiderio di imparare a leggere anche alle popolazioni rurali, anche in zone di guerriglia

Ci sono molti modi per cambiare un Paese. Uno di questi è la lettura. I libri possono arrivare al cuore e alla mente delle persone, rendendole dei veri cittadini. Lo sa bene Irene Vasco, esperta di letteratura per l’infanzia e scrittrice colombiana, premiata al trentanovesimo convegno Ibby a Trieste. La donna percorre la sua terra con un carico di libri, per portare le storie anche nei villaggi più sperduti, anche nei territori dominati dai guerriglieri. Per accendere una fiamma di speranza e parlare di futuro e di pace, attraverso le pagine dei volumi per bambini.

Qual è lo scopo della sua attività?

Ora la Colombia è una repubblica, ma prima era una colonia spagnola; i popoli nativi non erano autorizzati a imparare a leggere e scrivere, quindi non c’erano libri nel Paese. Questo va cambiato: abbiamo bisogno di educazione per essere una vera democrazia.

Lei insegna a leggere e scrivere?

Io non insegno a leggere, non sono un’insegnante. Io porto con me libri che stimolano il desiderio di saper leggere; ci sono villaggi in cui ricevono un libro per la prima volta. Il mio lavoro dura poco, animo le storie per far capire la necessità di imparare a leggere e scrivere.

E, per farlo, va anche in zone in cui c’è guerriglia.

Certo. Non posso andare sola, vado con programmi del Governo o delle istituzioni, perché è necessario avere i permessi dei gruppi violenti per entrare e uscire da queste zone. Il lavoro, lì, è difficile, perché le persone che abitano questi territori hanno paura di parlare: sono vigilati e le loro opinioni potrebbero essere contro quelle dei gruppi dominanti. A volte anche i professori temono a esprimere il proprio pensiero.

E lei cosa fa con queste persone?

Cominciamo dialoghi simbolici, possiamo parlare di guerra, di pace, di violenza, di tutto attraverso i libri: non si può dire niente direttamente. Faccio un esempio tra i tanti. C’è un libro che si chiama La peor señora del mundo (La peggior signora del mondo), di uno scrittore messicano. È una donna molto cattiva, che perseguita gli abitanti del paese. Lo leggo con frequenza in questi luoghi e tutti possono parlare, simbolicamente, di chi sia la peggior signora del mondo, se è il gruppo violento, se è l’autorità, l’alcalde. Possono esprimersi, senza dichiararlo apertamente. Dicono «La peggior signora del mondo fa queste cose…»; questo è interessante, perché così scoprono che i libri per bambini permettono di parlare di qualsiasi cosa.

Si ricorda un episodio specifico?

Mi ricordo di quando sono andata in un paese governato dai guerriglieri, durante un processo di pace. Il seminario era di parecchi giorni, in biblioteca. C’erano giovani, c’erano maestri e altre persone che non sapevo chi fossero. I giovani avevano bisogno di parlare. Lessi un libro per bambini piccoli che si chiamava El otro lado (L’altro lato) e loro cominciarono a parlare con molta emozione di come l’altro lato libero poteva essere il lato in cui non c’era oppressione. Poi non so cosa sia successo e non hanno più potuto parlare: io non posso chiedere, posso solo leggere libri e proporre dialoghi, ma senza esprimermi direttamente o far domande.

E non ha mai paura?

No, perché penso che siamo tutti colombiani, che è il mio Paese e che l’educazione deve essere ammessa ovunque, a prescindere dall’ideologia. Io porto libri per bambini, parlo di educazione e di lettura. Non è una minaccia, quindi penso che nessuno mi attaccherà. E nessuno mi ha mai attaccato, mai.

Come ha cominciato a fare questo lavoro?

Io all’inizio avevo una libreria specializzata in letteratura per l’infanzia a Bogotà e facevo seminari con bibliotecari, maestri e bambini, ovviamente. Cominciarono a invitarmi nei vari luoghi e ogni volta che andavo in un città qualcuno dell’area urbana e dell’area rurale che era là mi diceva «Per favore, deve venire da me perché abbiamo bisogno di seminari come questo». Anche i ministeri saputo del mio lavoro e ha cominciato a invitarmi, perché uno non può andare senza invito.

Chi le ha dato il soprannome di Señora de los cuentos, Signora dei racconti?

A dir la verità, non è Señora de los cuentos ma Majora de los cuentos. C’è una comunità indigena nel dipartimento di Cauca che si chiama Misak, dove le donne che hanno autorità si chiamano majoras. È una parola che non esiste, non c’è il femminile di major (maggiore), però loro la usano. Per me è un onore che mi abbiano voluto dare questo soprannome.

Qual è il valore della lettura secondo lei?

Prima di tutto permette di dire quello che è proibito. Con i bambini piccoli, per esempio, attraverso i libri si può parlare della morte, della guerra, della tristezza, perché i personaggi vivono situazioni difficili. Sono argomenti di cui di solito noi adulti non sappiamo come parlare ai bimbi, diciamo «Non parlare di quello», ma loro hanno bisogno, invece di parlarne. I libri permettono di trattare tutti i temi esistenziali.

Perché è importante per le persone delle aree rurali imparare a leggere?

Per poter partecipare come adulti e come cittadini maturi alla vita politica e sociale. Per esempio, gli indigeni hanno delle terre e dei diritti, ma non li conoscono e frequentemente vengono imbrogliati; non possono leggere i documenti e firmano con l’impronta digitale senza sapere cosa stanno firmando.

E, dopo il suo arrivo, hanno voglia di imparare a leggere.

Ci sono delle difficoltà, perché all’inizio i libri sono visti con diffidenza: sono l’oggetto del potere, della Chiesa, degli altri. La tradizione orale è molto importante e a volte gli indigeni hanno paura che il libro possa danneggiarli, è qualcosa che non gli appartiene. Però ne hanno bisogno, è indispensabile per sopravvivere.

Ma ci sono scuole nelle aree rurali?

Ci sono scuole che sono senza struttura, dove non ci sono libri, non c’è materiale e, a volte, non ci sono nemmeno insegnanti per due o tre anni.

Quindi è difficile imparare a leggere, anche se lo vuoi.

Si. Ma se le persone capiscono che è necessario e desiderano imparare, c’è un click e cominciano i processi. Questo è il mio lavoro.

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