La storia della cooperativa sociale “Le Terre di don Peppe Diana – Libera Terra” ha radici profonde. Parte da un territorio, quello di Castel Volturno, in provincia di Caserta, che da un lato per anni è stato martoriato dalla camorra, dall’altro invece è ricco della voglia di riscatto di chi lo abita. Facciamo un passo indietro. Siamo nel 1982 e la legge Rognoni – La Torre introduce una serie di misure che danno il via al contrasto patrimoniale della criminalità organizzata. Lo Stato, attraverso il sequestro e la confisca, sottrae alle organizzazioni criminali le ricchezze che queste avevano tolto alla comunità. Bisognerà aspettare diversi anni dopo, fino al 1996, dove un’altra legge, la 109, sposta l’attenzione su come lo Stato impiega questo patrimonio introducendo il principio della restituzione alla collettività dei beni confiscati alle mafie. «Con questa innovazione normativa», dice Massimo Rocco, presidente e tra i soci fondatori della cooperativa,
«i beni confiscati alle organizzazioni criminali, indebolendone potere, consenso e controllo dei contesti in cui operano, diventano un’occasione di rilancio del territorio e un’opportunità di sviluppo e crescita civile. La disciplina del riutilizzo sociale dei beni confiscati è lo strumento più avanzato di contrasto alla criminalità organizzata nel campo culturale, sociale ed economico».
La nascita della cooperativa sociale “Le Terre di don Peppe Diana – Libera Terra” parte dall’incontro con altre realtà del terzo settore che pure chiedevano e volevano con forza un riscatto per i cittadini, nei vari territori, vessati dalle mafie. «Negli anni 2000», racconta Rocco, «l’associazione Libera avvia il progetto “Libera Terra” per coltivare sui bene confiscati alla criminalità organizzata e nel maggio 2006 viene costituita a Bologna l’associazione Cooperare con Libera Terra – Agenzia per lo sviluppo cooperativo e la Legalità, con l’obiettivo di coordinare in modo più sistematico la strategia complessiva del progetto, di fornire consulenza ed assistenza tecnica, legale e commerciale per sviluppare e consolidare la qualità imprenditoriale delle cooperative che nascevano sui beni confiscati attraverso la condivisione di competenze e professionalità proprie delle realtà associate. Con la nascita di nuove cooperative aumentano le dimensioni del progetto, e insieme quelle dei terreni assegnati e delle attività realizzate. Per gestire la crescente complessità, alcune delle cooperative sociali Libera Terra decidono di dare vita ad uno strumento comune che consentisse loro di meglio strutturarsi e rafforzarsi dal punto di vista imprenditoriale, lavorando in maniera sinergica e condividendo la produzione: nasce così nel 2008 il Consorzio Libera Terra Mediterraneo cooperativa sociale Onlus, di cui oggi facciamo parte anche noi».
Il 19 marzo 2009, nel giorno del quindicesimo anniversario dell’assassinio di don Peppe Diana, il prete che aveva osato sfidare apertamente la camorra dei casalesi, ucciso con 4 colpi di pistola nella parrocchia di San Nicola di Bari a Casal di Principe, è stato avviato il processo di costituzione della cooperativa. La Cooperativa Sociale “Le Terre di don Peppe Diana – Libera Terra” è stata costituita ufficialmente il 20 settembre del 2010, a coronamento del progetto denominato “Mozzarella della Legalità” promosso dall’associazione “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” che aveva come obiettivo principale l'attuazione di un percorso di sensibilizzazione e di animazione territoriale, finalizzato all'utilizzo sociale e produttivo di terreni, masserie e allevamenti bufalini confiscati alla camorra, attraverso la creazione e lo sviluppo di un'impresa sociale.
Oggi la cooperativa produce mozzarella di bufala campana DOP, mozzarella di bufala campana DOP biologica, ricotta, scamorza e scamorza biologica con il marchio Libera Terra ed è impegnata nella gestione di 80 ettari di fondi agricoli confiscati e certificati biologici.
«Ci siamo concentrati sulla mozzarella», spiega Rocco, «sia per rimanere in linea con il progetto iniziale dell’associazione Libera, ma anche per dare un segno forte alla criminalità organizzata. Per molti anni, infatti, il settore produttivo della mozzarella è stato gestito dalla criminalità organizzata. Come cooperativa volevamo davvero incidere ed essere presenti in un settore produttivo che contraddistingue il nostro territorio». Il bene su cui nasce la cooperativa è appartenuto al boss Michele Zaza, camorrista morto durante la detenzione, diversi anni prima della costituzione de “Le Terre di don Peppe Diana – Libera Terra”. «Qui», spiega Rocco, «dove oggi pratichiamo normalità e rispetto delle regole prima c’era un allevamento di cavalli».
Dopo i lavori di ristrutturazione il caseificio è stato inaugurato nel maggio del 2012: «Oggi siamo a metà strada. Per ora ci occupiamo della trasformazione del latte e della vendita dei prodotti. Ma le materie prime vengono fornite da aziende bufaline del territorio attentamente selezionate. Ma in futuro non escludiamo di avviare un nostro allevamento. In ogni caso, uno dei pilastri di Libera Terra, è il coinvolgimento di imprenditori locali coerenti con i nostri principi».
Oggi “Le Terre di don Peppe Diana – Libera Terra” ha sei soci, undici dipendenti tra amministrazione, produzione casearie e coltivazione dei terreni. Più del 30% dei lavoratori sono soggetti svantaggiati, la cooperativa produce fino a 5 tonnellate di mozzarella all'anno, è attiva la vendita al dettaglio, presso il punto vendita nato nel sito confiscato o sul portale online Bottega Libera Terra. «Dal punto di vista agricolo, viene messa a coltura la totalità degli ettari gestiti sui fondi assegnati dai comuni di Cancello ed Arnone, Castel Volturno, Grazzanise e Pignataro Maggiore, riconvertiti a partire dal 2015 al metodo di conduzione biologico. Le colture praticate sono quelle del grano duro e tenero, del farro, del cece e di varietà foraggere».
Le scorse settimane la mozzarella DOP de le “Terre di don Peppe Diana – Libera Terra” ha vinto il “Mozzarella Championship” «un premio», dice Rocco, «che per noi è stato motivo di grande soddisfazione.
Dopo anni di sacrificio, dedizione costante e rigorosa, la nostra è stata riconosciuta come la mozzarella di bufala DOP più buona d’Italia, riconoscere una qualità ai nostri prodotti pari all`enorme valore etico-sociale del progetto, è un messaggio importante soprattutto per i cittadini che abitano questi territori.
Fare impresa sociale in luoghi che sono stati la roccaforte della criminalità organizzata è un’opportunità per rialzare la testa e far capire, a chi pensa di poter continuare a vivere nel potere mafioso, che oggi ci sono le condizioni per vivere nella normalità, perché la legalità non è un eccezione ma appunto normalità, riprendendoci quello che le mafie ci hanno tolto per realizzare qualcosa di edificante per la nostra gente. Contribuiamo allo sviluppo cooperativo perché domani possano essere ancora di più i bene riutilizzati a fini sociali, dimostrando che, se gestiti con professionalità ed impegno, possono essere un volano importante per lo sviluppo economico e sociale del territorio».
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