Daniele Mencarelli ha pubblicato un nuovo romanzo. Si intitola Sempre tornare (edizioni Mondadori) ed è la terza tappa di una produzione di romanzi, centrati sulla sua vicenda biografica. Come nei due precedenti La casa degli sguardi e Tutto chiede salvezza, al centro del racconto c’è la persona/personaggio Daniele. In una situazione estrema. Nel primo il tema era l’alcolismo e le sue conseguenze, nel secondo la malattia mentale e la sua difficile cura. In questa ultima fatica, che fa risalire Daniele alla sua adolescenza, ai suoi 17 anni, l’avventura è quella di un ragazzo, rimasto senza soldi e senza documenti, che dalla riviera romagnola cerca di ritornare a casa sua, vicino a Roma. Il tutto avviene a cavallo di un Ferragosto di qualche anno fa. Lo incontriamo in occasione della presentazione del suo libro al Centro culturale di Milano
Vita: Lei è sempre alla ricerca di una situazione estrema?
Daniele Mencarelli: Sì, ho sempre fatto fatica a condividere, a capire, ad accomodarmi sugli obiettivi del mondo. Ho sempre cercato di arrivare al fondo del vivere. Alla ricerca di un tutto o di un niente. Da un certo punto di vista sono un senza Dio, nel vero significato del termine. Ho avuto i miei idoli, anzi ne ho avuti tanti, che mi hanno preso e correndo dietro i quali ho fallito. Ma la mia costante ricerca di senso è sempre stata all’altezza di una domanda radicale, ultima.
Vita: In questo romanzo la situazione estrema è data dall’adolescenza, dal salto nel buio della vita…
Mencarelli: È la vicenda di un 17enne in vacanza che nel Ferragosto del 1991, dopo una nottata sfortunata in una famosa discoteca, il Cocoricò, litiga con i suoi due amici (cui lascia senza accorgersi soldi e documenti) e decide di tornare a casa da solo. È la sua prima volta da solo, senza genitori e senza regole. È un’avventura che è anche un fallimento ma insieme un corpo a corpo con quello che gli accade. Diventa un autostoppista, che alla fine chiede anche un piatto e un letto, per superare la notte e avvicinarsi a casa.
Vita: L’amore costitutivo sullo sfondo è quello di tua madre, che per la prima volta non vedrai e sentirai tutti i giorni. E a cui tornerai…
Mencarelli: Sì l’obiettivo è tornare al luogo delle radici e la nostalgia è un grande elemento di tutto il racconto. Ma quello del 17enne autostoppista è anche uno strappo voluto, un’emancipazione consapevole, una richiesta di matturità.
Vita: Chiedere, mendicare aiuto, a cominciare dall’autostop diventa un viaggio che è soprattutto domanda.
Mencarelli: Sì per me l’autostop di quel ragazzo era una sintesi perfetta. In questa mia maledizione di mescolare autobiografia e letteratura, per dire quella lotta per chiedere alla vita: o tutto o niente. Se fai l’autostop guardi e chiedi. E se sei aiutato, si sta insieme verso il destino, si sta seduti davanti alla strada. Davanti al destino. Gli altri ti aiutano e a loro fa bene. Ma tu li aiuti perché condividi la loro solitudine o il loro dolore. E così ecco le storie umane del libro, la compassione per vivere davvero ha questa forma del condividere.
Vita: Ad un certo punto scrive: “So che un magma denso, scuro, mi scorre nelle vene. Un’energia che devo consumare in qualche modo. O lei consumerà me”.
Mencarelli: È un conflitto che è dentro di me. Riconoscere, come scrivo poco dopo, che il mio “nemico è nel mio passo”. Abitualmente la mentalità corrente ti spinge a buttar fuori il “magma” e in qualche modo darne la colpa agli altri. Invece il 17enne lo tiene lì, sempre presente. Ha la forza di paragonarsi con quello che lo agita. Ma poi questi sono i temi attorno ai quali ragiono e lavoro fin da ragazzino, ma me li sono portati sempre dietro nella mia riflessione. Prima le esperienze da poeta e poi questi tre romanzi autobiografici hanno messo in scena un dialogo ininterrotto, un dialogo fra me e me. Anche se ovviamente ho l’ambizione che quello che offro, il mio racconto personale, risuoni nell’esperienza di ciascuno. Poco o tanto che sia.
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