Clima

La malattia terminale del gigante di ghiaccio

di Luca Cereda

In un solo anno il ghiacciaio, il più grande ed esteso d’Italia, l'Adamello, ha perso 14 milioni di metri cubi di acqua, pari a 5600 piscine olimpioniche. Un viaggio insieme alla Carovana di Legambiente, con foto e video, ai piedi del grande malato che sta scomparendo sempre più in fretta

Il suo manto di ghiaccio e di nevi perenni ha migliaia di anni, ma si sta riducendo e assottigliando, centimetro dopo centimetro, e negli ultimi 5 anni è entrato in agonia: è il ghiacciaio dell’Adamello, il più esteso d’Italia in Valle Camonica tra Lombardia e Trentino, che oggi non “rischia” più di scomparire. Lo sta già facendo, e sempre più in fretta. Questo perché ogni anno sull’Adamello spariscono 14 milioni di metri cubi d’acqua pari a 5600 piscine olimpioniche. La sua estensione si sta riducendo progressivamente, passando dai circa 19 chilometri quadrati del 1957 ai circa 17.7 del 2015, a causa del ritiro dell’area glaciale che si è ridotta di quasi 2 chilometri quadrati in 58 anni.«Negli ultimi anni inoltre si sta registrando una riduzione pari a 10-12 metri dal 2016 ad oggi, un’accelerazione spaventosa rispetto ai 2-3 centimetri l’anno di qualche decennio fa», spiega Vanda Bonardo, responsabile della Carovana dei ghiacciai di Legambiente.

L’Adamello si scioglie, i dati della Carovana dei ghiacciai

Sono questi, in estrema sintesi, i dati del monitoraggio effettuato nella tappa della Carovana dei ghiacciai di Legambiente sul ghiacciaio dell’Adamello. Il gigante bianco «soffre per i cambiamenti climatici causati dall’uomo e ne è la cartina tornasole», spiega Bonardo, rendendo plastica e tangibile la perdita. Serve ancora qualche altro dato per capire il dramma ambientale del progressivo scioglimento di questo ghiacciaio: «Le masse glaciali dell’Adamello colpiscono in quanto a dimensioni e bellezza e lasciano grande sconcerto al pensiero che nei prossimi decenni se continueremo con il trend attuale di immissioni di gas climaterianti, non potranno più essere ammirate dai numerosi turisti che raggiungono il passo del Presena», ha commentato Vanda Bonardo, che è anche responsabile Alpi per Legambiente.

A ritirarsi in modo marcato è la fronte del ghiacciaio, con oltre 2000 metri negli ultimi 160 anni, con un’accelerazione evidente negli ultimi 15 nei quali è avvenuta quasi la metà dello scioglimento. Dall’osservazione svolta dalla Carovana di Legambiente si registrano poi nell’area del ghiacciaio affioramenti di isole di roccia dal manto nevoso e questo fa si che il ghiacciaio assorba più calore enfatizzando il processo di fusione glaciale. Nello stesso tempo il ghiacciaio si frammenta.

«Eventi che accadono spesso non sono più eccezionali»
«Preservare i ghiacciai vuol dire anche conservare una riserva d'acqua di importanza strategica – ha osservato Vanda Bonardo -. Il ghiacciaio dell’Adamello contiene una quantità d’acqua in grado di riempire più di 4 volte il lago di Garda. Una risorsa che, venendo meno, sta già grossi problemi anche, ad esempio, per l’irrigazione in pianura».

La responsabile della Carovana dei ghiacciai sottolinea anche quanto ancora si faccia fatica a trasmettere a tutti che il dramma in quota, quello che accade lontano dalla maggior parte degli occhi, in un quadro d’insieme deve far reagire verso comportamenti sostenibili la maggioranza che vive nelle città: «Giornate calde e poi giornate fredde non sono indici del cambiamento climatico. Quello è il meteo, a cambiare è il clima. I caldi estremi che prima erano eccezionali stanno diventando parte integrante delle temperature media, innalzandole ancor di più sopra i 3000 metri, dove ci sono i ghiacciai».

Se il caldi estremi sono sempre più frequenti e quindi non più eccezionali, dall’altro lato i picchi di freddo si stanno riducendo, accompagnati da tanti mesi senza piogge e nevicate in quota. Alternati da mesi dove piove solo. Diluvi estremi e venti in tripla cifra di chilometri orari non sono in luoghi dove sono “tradizionali” – come Trieste -, ma anche in montagna, così da provocare genocidi ambientali come quello accaduto alle foreste del Vaia.

«Per restare solo all’ultima estate e alla sola Lombardia, gli eventi climatici estremi a Como, ma anche nella stessa Milano, non si possono più definire eccezionali, dato che capitano sempre più di frequente. E la tendenza, ci dicono i ghiacciai, va verso un aumento di episodi di questo tipo, così come della loro violenza», chiosa Bonardo.

Il ghiaccio “sciolto” dai roghi: è il futuro dell’Italia?
Si può invertire la rotta? «Lo sti sta provando a fare sul ghiacciaio Presena, che è di fianco all’Adamello, coprendolo con teloni riflettenti per abbassare le temperature durante l’estate ed evitare almeno in parte lo scioglimento: ma è accanimento terapeutico. Anche perché questi espedienti vengono usati solo sulle superfici che interessano per le piste da sci, non per preservare un elemento essenziale dell’ecosistema alpino di quella zona. Il resto del ghiacciaio infatti è lasciato a se stesso, e vederlo così, da studiosa e da appassionata di montagna mi ha fatto male».

In quota però non c’è molto da fare, lì l’attenzione all’ambiente è massima già da prima che le tematiche ambientali fossero messe sotto l’etichetta “emergenza”. «Le azioni politiche, di cittadinanza attiva e culturali vanno portate avanti a valle e in pianura, nelle città – conclude Vanda Bonardo. Solo che l’accelerazione di questi ultimi mesi verso pratiche di vita sostenibile è inversamente proporzionale rispetto all’accelerazione dello scioglimento dei ghiacciai».

Infatti con il progressivo riscaldamento climatico, pur in presenza di fattori favorevoli come la limitata esposizione all’irradiazione, nei prossimi due decenni – ’20 e ’30 – i ghiacciai delle Alpi italiane al di sotto dei 3000 metri sono destinati a scomparire.

Intanto, mentre i ghiacciai si sciolgono, i boschi bruciano: un quinto del territorio nazionale è a rischio desertificazione. I dati fanno rabbrividire. Per mano dell’uomo e per colpa del cambiamento climatico – con lunghi periodi di siccità che si alternano a intense piogge e repentini balzi delle temperature – dall’inizio dell’anno a oggi sono andati in fumo, a causa degli incendi, 158mila ettari di verde e foreste, in particolare al Sud e nelle Isole. Con milioni di esemplari selvatici arsi vivi.

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