Una scuola che perde i suoi ragazzi più difficili non è più una scuola, è come un ospedale che cura i sani e respinge i malati. È questo il paradosso che don Lorenzo Milani – dalla cui nascita il 27 maggio ricorrono i cento anni, con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che andrà in visita a Barbiana – ha vissuto, denunciato, ribaltato. «Oggi i ragazzi di Barbiana si chiamano Mohamed e Kadigia, vengono da tutto il mondo e hanno lo stesso problema linguistico che avevano i piccoli scolari dell'appennino toscano ai quali si rivolgeva il priore, ma adesso su scala planetaria», spiega Eraldo Affinati. «Portano qui lo stesso scandalo della mancanza della parola che don Milani voleva curare. Imparare l’italiano per loro significa capire cosa hanno vissuto. Molti lo faranno per la prima volta nella nostra lingua, quindi il nostro compito – rendendoli padroni della lingua – è quello di aiutarli a ricostruire il pensiero e la personalità. Oggi tocca a noi asciugare le lacrime, curare le ferite e insegnare a questi ragazzi a diventare grandi».
Eraldo Affinati è insegnante e scrittore. Da insegnante, insieme alla moglie Luce Lenzi nel 2008 ha fondato la Penny Wirton, una scuola di italiano gratuita per migranti che conta ormai 54 sedi i tutta Italia. La lezione di don Milani la vive ogni giorno, con i suoi ragazzi. Anche da scrittore, Affinati è legato a don Milani a doppio filo: gli ha dedicato L'uomo del futuro (Mondadori, 2016), Il sogno di un'altra scuola (Il battello a vapore, 2018) e se ne sentono gli echi anche in Elogio del ripetente (Mondadori, 2013). Per tutte queste buone ragioni VITA ha affidato proprio ad Affinati il compito di tratteggiare l'attualità di don Milani oggi, nel podcast "Maestre e maestri d’Italia” prodotto da Vita con Chora Media in collaborazione con Fondazione Cariplo (clicca qui per scaricare la puntata).
In questi giorni di cerimonie, articoli e celebrazioni, ripartiamo da lì, da quella scuola che ancora deve cambiare. Anche Vanessa Roghi, una delle principali studiose italiane di storia della scuola, nel suo recentissimo "Il tirocinio della democrazia" prova a tracciare unna genealogia per la scuola del presente: don Milani ovviamente non può mancare al fianco di Mario Lodi, Loris Malaguzzi, Gianni Rodari. Nell'albero genealogico della nostra scuola, don Milani è una radice, quella che lega democrazia e superamento dell'analfabetismo, delle disuguaglianze. «Don Milani non pensa che saper leggere un contratto sia un'alternativa a saper leggere il greco, semplicemente contesta chi dà un valore assoluto al sapere teorico e schifa quello pratico», scrive Roghi. «Don Milani oggi ci chiede questo e nient'altro: rivedere i nostri paradigmi. Ci chiede di ragionare in modo solidale, politico, di pensare alla scuola come u tassello fondamentale della democrazia».
In questi giorni è tutto un fiorire di cerimonie e di citazioni delle sue frasi più celebri. Ma l’Italia don Milani l’ha capito? E fatto proprio? O ci limitiamo a farcene lustro in occasione di anniversari come questo?
Il rischio della retorica, insito in ogni celebrazione, è innegabile, insieme a quello del santino edificante. Ma si tratta di un prezzo che dobbiamo pagare anche pensando ai più giovani, i quali molto spesso don Milani non sanno nemmeno chi era.
Chi era don Milani?
Un sacerdote, un profeta, un maestro e uno scrittore. Come sacerdote ci ha offerto un cristianesimo incarnato di grande modernità. Come profeta ha visto cose che noi ancora oggi stentiamo a comprendere, soprattutto per quanto riguarda la scuola. Come maestro ha spezzato il pane dell’istruzione. Come scrittore, seppure sotto mentite spoglie, ha rinnovato la straordinaria tradizione epistolare italiana: si scrive avendo di fronte un interlocutore, per trasformare l’odio in amore.
Prendiamo tre delle sue frasi più celebri. Ci aiuta a dire come don Milani Ie concretizzerebbe oggi, al di là della retorica con cui le stiamo ammantando in questi giorni?
I Care.
L’obbedienza non è più una virtù.
Non c'è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra disuguali.
“I Care” significa che bisogna assumere la responsabilità dello sguardo altrui, non limitarci a svolgere il mansionario, ma puntare sulla qualità della relazione umana. “L’obbedienza non è più una virtù” ci suggerisce che ciò che conta è stimolare nei ragazzi, ma anche in ognuno di noi, lo spirito critico. Non accettare tutto a occhi chiusi, piuttosto verificare la fonte rinnovando il senso dell’esperienza. Sappiamo quanto oggi, ancora più di ieri, questo sia indispensabile. Informarsi è solo il primo grado della conoscenza. “Non c'è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra disuguali” vuol dire che ogni individuo ha una sua forma e un suo tempo di apprendimento e non possiamo mettere tutti sullo stesso piano. Le valutazioni standardizzate che oggi prevalgono ci allontanano dal priore di Barbiana.
“I Care” significa che bisogna assumere la responsabilità dello sguardo altrui, non limitarci a svolgere il mansionario, ma puntare sulla qualità della relazione umana
Eraldo Affinati
La sua frase del cuore invece qual è? Quella da cui ripartire oggi, perché particolarmente attuale o particolarmente illuminante a dispetto degli anni.
“Il sapere serve solo per darlo. Dicesi maestro chi non ha nessun interesse culturale quando è solo”. È una citazione da Lettera a una professoressa. Vale a dire: se tieni per te stesso la tua erudizione, invece di condividerla con gli altri, non sei un vero maestro. Bisogna uscire dalla turris eburnea di una sapienza sterile, per addetti ai lavori, però non bisogna neppure fare semplice intrattenimento. Pochi come Don Milani sono stati capaci di conciliare il rigore conoscitivo con la passione popolare. Lui partiva dalla persona che aveva di fronte, non da uno schema astratto.
I ragazzi di Barbiana oggi chi sono?
I ragazzi di Barbiana di oggi si chiamano Mohamed e Kadigia, vengono da tutto il mondo e hanno lo stesso problema linguistico che avevano i piccoli scolari dell'appennino toscano ai quali si rivolgeva il priore, ma adesso su scala planetaria. Imparare l’italiano per loro significa capire cosa hanno vissuto. Molti lo fanno per la prima volta nella nostra lingua, quindi per noi significa aiutarli a ricostruire il pensiero e la personalità. In questa chiave il volontariato può rappresentare una formidabile spinta propulsiva per uscire dalla crisi etica in cui siamo invischiati.
Forse è troppo facile anche pensare che ci sono delle “periferie”, delle scuole, delle classi… che siano le “Barbiana” di oggi. Cosa dice don Milani invece a tutte le classi d’Italia?
A volte nei frutti in apparenza più belli si nascondono gli scorpioni. Come docente potrei raccontare molti episodi di famiglie solo in apparenza felici e risolte i cui figli smascherano a scuola l’ipocrisia in cui sono cresciuti. Il disagio e la fragilità non stanno solo in periferia, molto spesso si annidano nelle zone a Ztl.
Gli studenti oggi stanno in qualche modo iniziando a gridare il loro disagio e la loro fatica, anche rispetto ad una scuola che sentono eccessivamente centrata sul voto e sulla performance. Don Milani sarebbe in sintonia con questo dibattito sulla valutazione che c’è oggi nella scuola?
Pierino e Gianni, i due bambini protagonisti di Lettera a una professoressa, uno avvantaggiato, l’altro sfavorito, sempre più spesso si invertono le parti. Il priore aveva compreso che questi due ragazzi devono parlarsi, non possono essere staccati. Ecco perché una scuola che voglia tornare a puntare sulla selezione e sulla competizione è destinata a perdere in partenza la sua missione educativa.
Don Milani aveva bene in mente che l’obiettivo della scuola è rimuovere gli ostacoli, mentre oggi è sempre più evidente che la scuola italiana questo compito non lo assolve, anzi non fa che perpetuare le disuguaglianze sociali e familiari con cui gli alunni entrano a scuola. Questo però oggi sembra un tema che riguarda solo gli addetti ai lavori, mentre forse dovrebbe essere il cuore del dibattito sulla-attorno alla scuola. Che fare?
Non basta parlare di uguaglianza delle opportunità. Bisogna andare oltre e chiederci: cosa ne faremo di quelli che non ce la fanno? Una volta valorizzate e premiate le eccellenze, non possiamo isolarle. Lì non finisce ma comincia il lavoro della scuola, nella consapevolezza che non soltanto i deboli hanno bisogno dei forti. Vale anche il contrario.
Non limitiamoci a spiegare il programma e mettere i voti. Proviamo a fare domande di cui noi stessi non conosciamo la risposta. La scuola non dovrebbe essere un luogo separato dalla vita, bensì la sua intensificazione
Eraldo Affinati
Ci indica due modi in cui tutti gli insegnanti d’Italia potrebbero “utilizzare” la lezione di don Milani?
Non limitiamoci a spiegare il programma e mettere i voti. Proviamo a fare domande di cui noi stessi non conosciamo la risposta. Cerchiamola insieme ai nostri studenti.
Lei ha intitolato “L’uomo del futuro” uno dei libri che ha scritto su don Milani: per il futuro, a noi, don Milani cosa dice?
Non sono sufficienti i metodi e le ricette uniche. La scuola non dovrebbe essere un luogo separato dalla vita, bensì la sua intensificazione.
Il podcast “Maestre e maestri d’Italia” è disponibile sulle app free (Spotify, Apple Podcast, Spreaker, Google Podcast). Il primo episodio è proprio "Eraldo Affinati e il segreto di Barbiana". La voce autoriale di Alessandro Banfi ha raccolto otto ritratti di altrettanti educatori italiani che hanno fatto della propria vita una vera missione, dentro e fuori le aule di scuola. Da Maria Montessori a Alberto Manzi, da Mario Lodi a Gianni Rodari. Qui potete scaricare il podcast da Spreker
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