Guarda al futuro e al nuovo volontariato il presidente di Ail – Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma che una settimana fa da Roma ha lanciato la Scuola nazionale del Volontariato Ail. Sergio Amadori (nell'immagine in apertura) infatti, è convinto che nel 2020 sui volontari occorre investire. «Troppo spesso il volontariato è considerato una ruota di scorta, in Italia finisce sulle prime pagine solo in occasione delle emergenze, ma noi siamo convinti che questo movimento solidale e fraterno sia il vero collante della nostra socialità», osserva Amadori riprendendo alcuni dei concetti emersi nel corso della presentazione della scuola.
I volontari sono quindi un patrimonio della società civile, energie preziose che, non va dimenticato, hanno mostrato tutto il loro valore durante l’emergenza sanitaria.
Perché ora Ail organizza una vera e propria scuola di formazione per i volontari?
Perché pensiamo che nel 2020 il volontariato solidale nel settore della sanità debba essere rivisitato non solo nei compiti, quanto nella sua modalità di intervento. Noi come Ail abbiamo quasi 20mila volontari, presenti nelle nostre 81 sezioni provinciali che operano a favore dei familiari e dei pazienti. Occorre superare l’idea del volontario come persona entusiasta di fare del bene, cosa positiva, ma in passato molti consideravano il loro impegno un “passatempo”, oggi invece è indispensabile la formazione, i tempi sono cambiati non basta più la voglia di fare se non è accompagnata da una “professionalizzazione” nel senso di una formazione puntuale.
Quali sono le principali ragioni che richiedono dei volontari “formati”?
Sono cambiati i pazienti, sono cambiati i familiari, le persone vanno su internet… serve un aggiornamento… Basti pensare che in Ail abbiamo anche volontari con un’età tra i 60 e i 70 anni che hanno iniziato quarant’anni fa, ma il problema è che oggi abbiamo a che fare con una sanità nuova per i tumori del sangue, ci sono persone che guariscono e altre che si cronicizzano. Oggi il “mestiere del volontario” è più complesso perché si deve stare al fianco del paziente, interagire con lui cercando di aiutarlo, ma per fare bene questo occorre aiutare prima di tutto i volontari. Per questo siamo partiti con gli psicologi che già lavorano con Ail e che sono il fulcro della nostra scuola. Saranno loro a fare la formazione ai volontari perché non dimentichiamoci che l’impatto psicologico sul volontario non è secondario e negli anni abbiamo visto alcuni abbandoni dovuti proprio a questo. In passato il burnout dei volontari era sottovalutato. Abbiamo avuto persone che spinte dalla volontà di aiutare iniziavano, si davano da fare, ma poi a contatto con la sofferenza, l’angoscia e la paura dei malati non reggevano. Noi invece grazie anche alla formazione e all’attenzione alla psicologia cercheremo di strutturare e, per così dire, “corazzare” il nostro volontariato facendo attenzione a delle buone prassi e alla formazione continua.
Troppo spesso il volontariato finisce sulle prime pagine solo in occasione delle emergenze, ma noi siamo convinti che esso sia il vero collante della nostra socialità
Sergio Amadori, presidente nazionale Ail
Per l’associazione dare vita a un’iniziativa così struttura è un impegno importante…..
La nostra è una vera e propria Scuola di volontariato Ail, non esistono iniziative di questo genere. Per noi era una prima volta e ci siamo chiesti come renderla disponibile a tutte le nostre sezioni e a tutti i nostri volontari. L’idea è nata qui a Roma con Ail Palermo che in questo campo aveva già esperienza. Le richieste di formazione arrivano da tutta Italia, dalle nostre 81 sezioni provinciali e serve anche la formazione permanente dei volontari. Così abbiamo ipotizzato di formare 40 psicologi Ail provenienti da altrettante sezioni che, tornando indietro nelle sezioni potranno formare i volontari secondo determinati protocolli e buone prassi che abbiamo codificato.
Il primo obiettivo che vi proponete di raggiungere con la formazione?
In pratica nell’avvicinarsi a un paziente i nostri volontari potranno portare la loro capacità di rapporto fraterno, ma allo stesso tempo si saranno impadroniti della tecnica. L’empatia non è facile da mettere in pratica. Noi vogliamo investire sui nostri volontari e sulla loro formazione perché diventino persone capaci di veicolare il loro donarsi, mettendosi sullo stesso livello comunicativo con i pazienti e i familiari. L’altro obiettivo è far conoscere sempre di più l’alto valore del volontariato perché il bene di cui è portatore è indispensabile per mantenere coeso il nostro Paese.
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