La “Fattoria di Nonno Peppino” si trova a pochi chilometri da Cerignola, in provincia di Foggia. E’ nata dal sogno di Sara Basigli e Vito Merra, che hanno dato vita ad un Santuario di animali liberi, uno dei pochi in Puglia e nel resto d’Italia. Un rifugio che accoglie animali sottratti a violenza, sfruttamento, macello, che in questo luogo possono vivere felici la loro vita
Totò è un piccolo maialino che è stato trovato qualche settimana fa per le strade del centro storico di Foggia. Cosa ci facesse da quelle parti e come fosse capitato lì, resta ancora un mistero. Ma chi lo ha trovato e preso in custodia ha pensato bene di rivolgersi all’Asl di Foggia per capire come aiutare quel povero animale impaurito e confuso. E così, l’Azienda sanitaria locale foggiana ha suggerito di accompagnare il piccolo Totò nella “Fattoria di Nonno Peppino”, a circa dieci chilometri dalla città di Cerignola, dove tanti altri animali vivono in armonia e rispetto reciproco. E’ qui che vengono accolti animali sfuggiti alla morte, allo sfruttamento, che hanno subito violenza, che sono scampati alla macellazione, che presentano delle disabilità o fragilità tali da essere stati allontanati dai loro ex padroni o allevatori. A prendersi cura di loro sono Sara Basigli e Vito Merra, che hanno dato vita ad un Santuario di animali liberi, uno dei pochi in Puglia e nel resto d’Italia.
«E’ un luogo dove si ritrova il divino, come nel giardino dell’Eden, dove gli animali e gli uomini vivono in armonia, in amore, facendosi le coccole. Animali provenienti da situazioni di violenza o abbandono, qui vivono in pace e trovano la felicità». Una felicità che diventa contagiosa, che coinvolge tutti coloro che passano da queste parti. Grandi e bambini. Perché si entra in relazione con animali di tutti i tipi e di tutte le taglie, che negli spazi della “Fattoria di Nonno Peppino” crescono e vivono liberamente, diventano grandi, non corrono alcun tipo di pericolo. Lo ha capito bene anche Sara Basigli, nata a Ravenna, che ha conosciuto suo marito Vito mentre lui svolgeva il servizio militare. Lo ha seguito in Puglia per coltivare il loro sogno di amore, da cui è nato loro figlio Giuseppe, e poi in questa nuova avventura che di fatto ha cambiato le loro vite, oggi popolate da circa 80 animali. Pecore, capre, maialini, cani, gatti, galline, pony, cavallo, bufalo, asino. Ognuno di loro ha un nome e vive non per essere sfruttato, venduto o mangiato, ma per crescere libero e trascorrere in serenità la propria esistenza.
E’ un luogo dove si ritrova il divino, come nel giardino dell’Eden, dove gli animali e gli uomini vivono in armonia, in amore, facendosi le coccole
— Sara Basigli
«Nel 2010 mio suocero Peppino, a cui è intitolata la fattoria, stava andando in pensione ed era molto appassionato di animali, in particolare dei cavalli. Non a caso, aveva salvato dal macello una cavalla di nome Luna ed un pony di nome Bruna, che aspettava un puledro che poi è stato chiamato Leo. A quei tempi, in questa campagna c’era solo una casetta, tre galline ed una cavalla. Io e mio marito Vito abitavamo a Cerignola, pagavamo il muto, lavoravamo, avevamo una vita normale. Poi, mio suocero si è ammalato e non riusciva più a venire in campagna, mentre Vito ha avuto un incidente stradale molto serio. Quando si è ripreso ed è uscito dall’ospedale mi ha fatto la proposta di andare a vivere in campagna. La sua proposta nasceva da questa considerazione» racconta Sara. «E’ il tempo la cosa più importante che abbiamo e lo stiamo sprecando. Per questo, propose di stare più a contatto con la natura, per riprenderci le nostre vite ed il nostro tempo».
E così, pian piano la “Fattoria di Nonno Peppino” prende forma. «Prima eravamo onnivori e volevamo diventare come le fattorie di una volta, crescendo i nostri animali e poi mangiarli. Ma quando abbiamo dovuto prendere la prima gallina per mangiarla non abbiamo avuto il coraggio» ricorda Sara. «E’ qui abbiamo scoperto la nostra ipocrisia, cioè di mangiare carne acquistata al supermercato come se non fosse stata uccisa dall’uomo. Abbiamo cambiato il nostro atteggiamento, abbiamo cercato di essere più etici. Prima siamo diventati vegetariani ed abbiamo fatto sterilizzare tutti i nostri animali, perché la nostra idea non era quella di allevare animali per venderli o mangiarli, ma per farli vivere in pace. Poi abbiamo cercato di capire cosa diventare: agriturismo, fattoria, masseria. Ma in effetti non eravamo nulla di tutto questo, perché da noi non c’è ristorazione, non c’è allevamento. Di conseguenza, siamo entrati a far parte della rete dei Santuari di animali liberi in Italia, che accolgono gli animali da reddito, che però non vengono sfruttati né per la loro carne né per i loro prodotti, come ad esempio il latte. Lo siamo diventati ufficialmente nel 2017, quando tutti i membri di questo luogo sono diventati vegani».
Chi visita la “Fattoria di Nonno Peppino” sa che non troverà un ristorante in cui sedersi per mangiare carne o prodotti realizzati dagli animali presenti in campagna. Ma sa che potrà relazionarsi con loro, giocare con le pecorelle, rincorrere le galline, accarezzare il cavallo e l’asino, trascorrere dei momenti di felicità con loro, anche al fine di avvicinarli al rispetto della natura e degli animali. O di conoscere le loro storie. Come quella «di Valerio, un bufalino trovato a Lavello, in provincia di Potenza, dove ci sono tante aziende che producono mozzarelle di bufale. Se le femmine di bufala quando partoriscono vengono rimesse in attività per produrre mozzarelle, per i maschi la faccenda è diversa perché sono ritenuti inutili, la loro carne è poco utilizzata e molte volte vengono buttati nel lago, nei mari o tra le montagne. Valerio è stato trovato, salvato e portato da noi come per altri animali».
Per portare avanti tutte le attività, in fattoria producono vino, passata di pomodoro, gadget vari. Ma è possibile effettuare anche donazioni, sostenere progetti dedicati o effettuare visite didattiche. Ma come si fa a convivere con tutti questi animali e a dar vita ad un Santuario per loro? «Noi abbiamo imparato stando con loro. Ogni animale ha un suo carattere» rileva Sara «un suo modo di esprimere la gioia o il dolore. Non è sacrificante ma è molto impegnativo, perché curiamo tutti i giorni i nostri animali, in tutte le stagioni. E soffriamo quando muoiono o stanno male. L’amore che ci danno è talmente grande che ci aiuta a superare quei momenti. Forse per fare tutto questo serve un po’ di pazzia, ma sappiamo che chi vive in fattoria è stato amato ed ha vissuto la sua vita come è giusto che fosse».
Perché proprio questo aspetto solleva una riflessione più profonda. Gli animali che trovano rifugio e accoglienza nei Santuari, infatti, hanno una durata di vita più lunga del normale. Capre, pecore, mucche, maiali che non vengono allevati per poi essere mangiati ma per vivere fino all’età adulta. Per questo, per la rete dei Santuari di animali liberi in Italia è importante una legge per il riconoscimento. «E’ importante per evitare all’abbattimento preventivo degli animali in caso di contagi. Per i veterinari è un modo per curare animali che hanno una durata di vita più lunga. E’ un modo per contrastare gli allevamenti intensivi, sia per la difesa dell’ambiente sia per una presa di coscienza ad uno stile di vita differente». Intanto, lo scorso mese di giugno i Santuari hanno ottenuto il riconoscimento giuridico da parte del Ministero della Salute che gli consente di non essere più legati alla normativa sugli allevamenti ma di essere regolati da leggi dedicate che considerino il particolare status degli animali salvati da maltrattamento e macellazione.
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