Integrazione

La fatica dei migranti per il vino delle Langhe

di Maurizio Pagliassotti

L'Accademia della Vigna rappresenta la prima academy ad impatto sociale sulla viticoltura: un sistema che facilita il reperimento di nuovi operai (spesso stranieri) formati sulla conduzione del vigneto, inserendoli in un percorso che alterna la formazione con il lavoro sui campi

Il giovane Ousmane ha trovato finalmente un lavoro stabile, e ogni mattina inforca la sua bicicletta e raggiunge l’azienda Agricola Mirafiore, dove è stato assunto in qualità di operaio di vigna: dal suo lavoro, e da quello di molti altri, nasceranno i vini più rinomati del mondo. Non ha una storia semplice l’operaio Ousmane, arrivato in Italia su un barcone nel 2017 e ancora richiedente asilo, finito in Francia, passato attraverso varie forme di lavoro sfruttato e poi giunto nelle Langhe dove sta costruendo il suo futuro. «Senza lavoro, non c’è libertà», dice. E così, ogni mattina, parte. Con lui una decina di altri neo-assunti, frutto del lavoro di un’impresa sociale che fa formazione e propone alle più prestigiose ditte vitivinicole di Langa personale pronto per essere inquadrato con contratti stabili.

Pedala ogni giorno, Ousmane, forse felice. L’animo di questi esseri umani forgiato nella temperie della migrazione è sempre impenetrabile, nonostante il sorriso perenne. «Sì, sono contento di essere qui. Finalmente con un contratto, ho smesso di girare da un posto all’altro, ora un futuro ce l’ho». Dell’Italia parla solo con termini positivi, ma i suoi racconti sono molto duri, fatti di fatica. «Ho fatto molti lavori di campagna qui in Italia, la vigna mi piace, è questo che voglio fare», afferma Oumar, originario del Mali, titolare di permesso di soggiorno per protezione speciale e collega di Ousmane. Assistere ai colloqui di lavoro di questi uomini fa impressione: la disponibilità totale, la voglia incontenibile di lavorare, erompono con una serie di «sì» che si ripetono. Chiedono un contratto e, se possibile, che qualcuno garantisca per loro quando cercano una casa da affittare. Perché sanno che quello è il problema dei problemi. Il resto è un susseguirsi di «va bene, non c’è problema».

Langhe: come sono lontani i tempi della malora raccontati da Fenoglio, quel territorio ostile che imponeva a suon di povertà la fuga ai suoi abitanti. Oggi è in corso l’ennesima trasformazione, l’ennesimo cambio di pelle: per crescere senza intaccare le radici che qui affondano in una cultura che pare senza tempo.

Le viti, si sa, non superano quasi mai i quaranta cinquanta anni di vita: se potessero parlare racconterebbero i volti che hanno visto e le lingue che hanno sentito in questi decenni. Prima i meridionali, poi gli est europei, i nord-africani, alcuni cinesi, un esercito di macedoni e oggi gli africani con la pelle scura come il carbone. Tutti impegnati nella costruzione di una gigantesca impalcatura sociale e civile fondata sul lavoro, la valorizzazione dell’ambiente e la qualità della vita. Quando crescono le foreste con esse si allungano ombre che rischiano di diventare delle parti per il tutto. È anche questo un processo inevitabile, che compenetra qualsiasi condizione umana. Le ombre ricadono nel classico quadro del lavoro irregolare e le ragioni sono sempre le stesse, da sempre: il mercato che impone il contenimento dei costi, eserciti di riserva che si accalcano per ottenere un pezzettino di benessere.

Il progetto Accademia della Vigna si pone dentro questo angolo di mondo, in cui interagiscono forze globali, come proposta in grado di valorizzare la dimensione sociale del vino.
L’iniziativa, coordinata da Weco Impresa Sociale e promossa con il Consorzio di Tutela Barolo, è attiva da settembre 2022 grazie alla collaborazione con diversi enti del territorio (imprese, istituzioni, enti del terzo settore, scuole, sindacati, cittadini). Rappresenta la prima academy ad impatto sociale sulla viticoltura: un sistema che facilita il reperimento di nuovi operai formati sulla conduzione del vigneto, inserendoli in un percorso che alterna la formazione con il lavoro in vigna.

Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di Tutela Barolo, racconta: «Curiamo le vigne, ma soprattutto vogliamo curare gli uomini che le fanno vivere. È una questione etico morale, un’esigenza che è sempre più sentita tra i produttori che, per altro, viene anche richiesta e premiata dal mercato. Accademia della Vigna è uno degli assi su cui stiamo lavorando, perché ci permette di aumentare la quota di assunzioni dirette di personale formato adeguatamente. Gli altri due assi hanno a che fare con la formazione di cooperative territoriali nonché una stretta collaborazione con l’Osservatorio Placido Rizzotto. Stiamo lavorando con tenacia a un percorso che porterà molti benefici».

L’idea è che una formazione tecnica – progettata in partnership con le imprese – possa essere lo strumento per ingressi lavorativi che garantiscono alle aziende maggiori competenze e qualità nei processi di lavoro, offrendo ai candidati condizioni di assunzione regolari e di lungo respiro.
Per rispondere a tali necessità, l’iniziativa supporta le aziende partner nell’individuazione di candidati interessati all’esperienza, le aziende svolgono i colloqui di lavoro e assumono con contratto diretto il personale di cui necessitano. I nuovi operai vengono quindi inseriti nel percorso formativo organizzato e gestito dal progetto: 150 ore di formazione tecnica, svolta direttamente in vigna didattica in collaborazione con i migliori agronomi del settore. Le ore di formazione sono distribuite durante dodici mesi in moduli, ciascuno dedicato a una diversa fase di lavoro del vigneto. La partnership permette infine alle aziende di valorizzare la partecipazione ad Accademia della Vigna come esperienza di responsabilità sociale attraverso azioni di comunicazione e visibilità delle pratiche virtuose realizzate nel progetto.

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