Che mondo sarà quello che vede un nuovo Trump, più scaltro, forse più cattivo, nelle stanze del potere più potere del mondo? Se lo chiedono in molti adesso, specialmente negli ambienti più strutturalmente lontani dal trumpismo incipiente. Se si pensa al mondo economico agli antipodi dal presidente rieletto, quello della finanza e delle banche etiche balza immediatamente alla mente. Un mondo che in Italia ha una storia consolidata e un gruppo, Banca Etica, attivo anche nel settore finanziario con la partecipata Etica Sgr. La presidente, Anna Fasano, è sempre un’interlocutrice competente e acuta. E disponibile: «Sì, su temi come questi bisogna rispondere subito», sorride in teleconferenza.
Presidente Fasano, da dove cominciamo? Dal protezionismo agitato dal presidente rieletto?
L’Europa è un Paese esportatore e l’Italia è uno dei leader dell’export. Avere rincari del 10% per i dazi, costituirebbe un danno importante alle nostre economie. Credo che riemergerà il Rapporto Draghi e mi aspetto analisi che ci diranno: o l’economia europea è in grado di mettersi a un tavolo con Cina e America o avremo veramente difficoltà sempre più grandi. E questo credo sarà il tema che anche la Commissione Europea dovrà affrontare, da ora, in modo più vivace.
Il protezionismo ci metterà al tavolo…
E non potremmo starci come sistema Italia, ma come sistema Europa, perché sennò saremo deboli. Una bella sfida per l’Europa, adesso.
Come se lo immagina?
Credo che ci siano gli strumenti per riuscire a mettere in campo diversi elementi per ripensare un mercato che comunque era disequilibrato. Ci saranno nuove regole, probabilmente. Sicuramente è un tema che bisognerebbe evitare di subire. Poi è chiaro che qualsiasi opzione, vista nel breve, rischia di essere poco efficace come misura da attuare, ma anche poco lucida come misura da leggere. È una fotografia che non possiamo restituire subito, altrimenti facciamo i mercati finanziari di turno e cioè “finanziarizziamo” l’economia, che tra l’altro è uno dei grandi mali americani.
Per cui…
Per cui cercherei di non farsi prendere dallo sconforto ma di capire quali sono appunto gli strumenti da mettere in atto. Tra l’altro è una minaccia, quella dei dazi, che “viaggiava” già da tempo e che naturalmente, con l’ingresso di alcuni Paesi come la Cina nei grandi mercati, era destinata a tornare sul tavolo. Quindi, non possiamo dire di essere impreparati e l’Europa non lo è ma deve assumere però alcune scelte.
In questi frangenti, uno si rende conto di quanto la mancanza di una vera unificazione europea sia pesante. Ci ricordiamo l’Europa nel momento del bisogno: quando c’è il Covid, per esempio. E ora quando che arriva Trump. È così Fasano?
Un po’ sì, perché se penso alle recenti elezioni europee, quando ho partecipato a incontri dei candidati all’Europarlamento a cui si chiedevano quali fossero le misure che avrebbe voluto attuare per un comune da 10mila abitanti…
…preoccupante, in effetti.
Il fatto che le persone non abbiano chiarezza su quale sia il ruolo effettivo dell’Europa è un tema diffuso di disinformazione e di cittadinanza parziale. Ma non è questo il vero problema.
E qual è?
Il vero problema è quanto gli Stati membri siano disposti a mettere sul tavolo, quanto lo siano questi governi e se questi governanti comprendano quale sia la partita in gioco, che è alta. Trump in questo senso è un acceleratore. E forse è l’acceleratore che serviva l’Europa, mi verrebbe da dire. Forse adesso, nella difficoltà, non perché esiste “un nemico” ma perché esiste una misura, il protezionismo, che ci mette in discussione tutto, saremo in grado di trovare delle risposte comuni.
Ci crede?
Io me lo auguro. Mi auguro che ci sia sufficiente coesione, comprensione dei rischi e capacità di individuazione degli strumenti. Non sarà una politica visionaria a guidarci, sarà piuttosto uno strumento necessario che accompagnerà e anticiperà una politica.
Lei auspica che i governanti capiscano. Chissà che in Italia non si riaffermi la stella di Giulio Tremonti: era il grande teorico dei dazi all’importazione e, tra l’altro, è ora nel partito della premier Giorgia Meloni. Battute a parte, ma se non ci fosse una risposta europea che cosa succederà? Che ogni paese si regolerà rispondendo?
Questo a mio avviso non sarebbe opportuno. Sarebbe un’intuizione su cui lavorare ma nel luogo sbagliato. Il tavolo di proposta e concertazione economica dovrebbe essere quello europeo. Aggiungo un elemento …
Prego.
Sarà interessante per misurare effettivamente a che punto siamo in certe scelte, non solo perché abbiamo Cop 29 alle porte, ma perché il ritorno di Trump ha già dato, invece, le prime risultanze: vedo investitori attenti, che non si posizionano in modo eccessivo rispetto alla vittoria di repubblicana che comunque i mercati avevano già “spesato” nell’ultima settimana.
Rimangono cioè prudenti…
Esatto. C’è però, mi pare, un chiaro indirizzo sul tema dei combustibili fossili: il tema del petrolio, il fatto che gli Stati Uniti ne detengano, viene considerato da alcune figure anche dei mercati italiani un buon segnale: perché se riaumenterà l’offerta, il prezzo calerà.
Ma la transizione ecologica è a rischio?
Per quanto gli Stati Uniti possano essere trascinatori, sul tema della transizione energetica siamo a un livello di investimento e siamo peraltro dinnanzi a un’emergenza climatica e ai danni derivanti tali, che tornare indietro non si può. Le politiche che si riaffacciano col riemergere di Trump rallenteranno forse, daranno fiato a quanti non volevano fare la transizione, a quanti negli Stati Uniti, già progettavano regole diverse. Ma…
Ma?
Ma ormai nel mercato e anche nel sistema industriale c’è una consapevolezza tale che credo che tornare indietro non sia possibile.
Per quanto i governatori repubblicani di Texas, della Florida, avessero apparecchiato già alcune attività anti Esg, per esempio contro i fondi pensione statali che tenevano conto degli Esg…
Sì, alla stessa Black Rock, che era stata portavoce con la famosa lettera di Natale di Larry Fink, di un cambiamento necessario nel capitalismo, alcuni stati avevano detto: “Caro Fink, non sarai più il nostro gestore, perché troppo Esg compliant”.
E infatti, negli anni successivi, era stato più moderato, però la macchina è ormai in moto, lei dice…
Assolutamente sì. Pensiamo al sistema Europa che, anche con tutte le sue fragilità ha voluto disciplinare gli investimenti sostenibili con sistemi di reportistica, la diligenza dovuta. Ecco, allora io credo che ci sia, da un lato, questa buona notizia: c’è uno stato di avanzamento tale che sarebbe inefficace, inefficiente e troppo oneroso tornare indietro e quindi non si tornerà indietro. Dobbiamo capire quanto si andrà avanti. Dall’altro, sul fronte difesa…
Era l’ultima domanda che le volevo rivolgere…
Immaginavo. Qua invece siamo un po’ più fragili, non nel merito delle guerre – sappiamo quale sia la posizione di Trump rispetto all’Ucraina – però il concetto di una difesa armata è un concetto che appartiene all’America a prescindere, mi verrebbe da dire. E che, rispetto anche agli altri Stati, chiede un riarmo mondiale. La nostra Commissione, purtroppo, era già su questo fronte indirizzata e anche sul tema degli investimenti chiedeva di ritenere sostenibile il settore degli armamenti, non della difesa, degli armamenti.
E qualche fondo Esg aveva già provveduto a includerli …
Assolutamente sì ma, d’altra parte, se acquistiamo Btp, non contribuiamo a questo sistema? E tra l’altro l’Italia, anche in questa ultima manovra, ha previsto un bel investimento.
Certo, ne abbiamo scritto…
Ecco, io penso che, se dobbiamo competere su un mercato con Trump, non sia quello degli armamenti su cui l’Europa dovrebbe puntare. Sebbene, ripeto, gli indirizzi di questa Commissione siano comunque di arrivare, non solo a una quota del Pil, ma ad una difesa comune. E la difesa per me non coincide col riarmo, vorrei esser chiara.
Questa corsa al riarmo, preoccupa.
Preoccupa ma ancor più come segnale degli investitori, perché il sistema Europa è molto esposto come finanza pubblica su questo settore. Invece l’America alimenterà, ovviamente, questo settore su cui tutti gli investitori correranno perché redditizio. Mi permetta un ultimo passaggio…
Avanti.
Spesso ci diciamo di quanto siano forti le casse degli italiani, cioè di quanto il risparmio italiano sia un risparmio comunque poderoso. Stiamo parlando di trilioni, intendiamoci. E l’economia italiana è caratterizzata anche da grandi famiglie di risparmiatori. In questo momento gli scenari che il mercato ci restituisce è che il risparmio degli italiani andrà ad alimentare proprio l’economia americana.
Speghiamolo bene, Fasano.
Con l’apprezzamento del dollaro sull’euro – adesso la corsa sarà a vendere ciò che è Europa e acquistare ciò che è America perché, in quanto più rischiosa, rende di più – molti risparmiatori italiani andranno sui titoli tecnologici e quindi il risparmio italiano finirà per finanziare il debito americano magari non condividendone le finalità. Ecco non mi pare una grande idea. Non sto consigliando di acquistare titoli del debito italiano, intendiamoci.
E cosa fare, allora?
C’è un’economia europea che va sostenuta. In questo momento non è questione di rispondere col protezionismo, ma di capire qual è l’impatto di una scelta. Il prezzo del petrolio, ma, nel contempo, saremo noi ad aiutare la crescita dell’America. Anche il fondo pensione di chi ci legge, probabilmente, ci sta già pensando.
Già ma i lettori di VITA sono persone avvertite…
Già, ma quello che un po’ tutti chiedono ai propri fondi è di non diminuire il green e di non finanziare le armi. E di rendere, ovviamente. E andranno dove si rende di più.
Nella foto di apertura, di Kyodo News via AP/LaPresse, la notte elettorale americana da un video in una via di Tokyo. La foto di Anna Fasano è dell’ufficio stampa di Banca Etica.
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