«Per vivere abbiamo bisogno di dimenticare». Ma, ci racconta Emir Kusturica, qualcosa è cambiato in questo scorcio di nuovo millennio. Perché da necessità di vita, «l’oblio, col tempo, è diventato una consolazione». Come potrebbe altrimenti l’uomo «abituarsi alle idee perverse del mondo contemporaneo?» Come avrebbe accettato, per esempio, la guerra umanitaria? Quando appartieni a un piccolo popolo, prosegue Kusturica, «che si rifiuta di seguire senza obiezioni le idee dei grandi e che, al culmine di una ricomposizione delmondo, si chiede a ogni piè sospinto: “Dove siamo noi in questa storia?”, le grandi potenze ti colpiscono con bombe a cui hanno dato il nome di “angeli misericordiosi”». Gentile e ironico, il regista di Undeground presenta oggi alla 73a Mostra del Cinema di Venezia il suo ultimo film, On the Milky Road, con monica Bellucci e lo stesso Kusturica come protagonisti. Lo abbiamo incontrato.
Quale storia?
Nel 1992 morì suo padre. Un padre che amava ripeterle che «la morte è una voce infondata». Quello stesso anno, la prima scossa di assestamento dopo il crollo del Muro di Berlino ridisegnò le mappe d’Europa. Lei si trovava allora in Francia e accendendo il televisore, dall’entusiasta annunciatrice di un telegiornale apprese che “La Jugoslavie n’existe plus”. È così che ci colpisce, la “Storia”? All’improvviso, quasi alle spalle, con il sorriso a trentadue denti di una speaker, in un tg in prima serata?
Credo di sì. Credo che la “Storia”, se così la vogliamo chiamare, si insinui sempre tra le “storie”. Quanto alla giornalista, aggiungerei che, in questo XXI secolo, non possiamo più stupircene: è l’epoca degli angeli vuoti, di messaggeri che o non annunciano nulla o, peggio, recano messaggi epocali, ma nemmeno se ne rendono conto. Dopo l’America, comunque, dove avevo risieduto per due anni, con mia moglie Maja, mia figlia Dunja e mio figlio Stribor avevamo capito che era giunto il momento di tornare e di vivere tra la Jugoslavia e la Francia. Neanche il tempo di deciderlo e la Jugoslavia non c’era più. Cancellata, o quasi, con un tratto di penna. La voce che usciva dallo schermo, il volto, la felicità evidente con la quale la giornalista dava la notizia…
Tutto assomigliava a un lutto misto a gioia, a un evento tanto atteso da diventare involontariamente comico e cinico al contempo.
Ma assomigliava anche a una di quelle sgangherate profezie che piacciono tanto agli intellettuali – diavoli tentatori di quarta categoria, maldestri consiglieri del re – i quali, infatti, si prodigano affinché prima o poi le loro maldestre profezie si autoavverino. E, quella volta, la profezia si autoavverò. Ma, sul piano per così dire “privato”, quello delle storie, si avverò anche una curiosa coincidenza, almeno per me. Perché dopo la Prima guerra mondiale fu proprio in Francia, a Versailles, che le cosiddette “potenze vincitrici” ridisegnarono i confini dell’Europa facendo nascere appunto la Jugoslavia. Io e la mia famiglia ci ritrovavamo in Francia, né esiliati né accolti, semplicemente presi in un limbo spazio-temporale, amputati della nostra metà. Proprio la Francia, dove la Jugoslavia era nata, ora contribuiva alla dissoluzione della Jugoslavia stessa. Ce ne dava l’annuncio. E per di più se la rideva, come se si trattasse di un giorno di festa. Un paese che finisce, che si dissolve così come è successo per la Jugoslavia non apre quasi mai a conseguenze felici, andiamoci piano. Ma Karl Marx, proprio parlando della Francia, non ricordava forse che la storia nelle vicende umane è destinata a ripetersi due volte? La prima, nella forma della tragedia. La seconda, della farsa. Il che non significa, purtroppo, che la farsa sia meno tragica della tragedia, in quanto a conseguenze nefaste….
Emir Kusturica e Monica Bellucci durante le riprese di Na mliječnom putu – On the Milky Road
Milos Cvetkovic/AFP/Getty Images
Oggi gli intellettuali, a modo loro, anziché ponti tra uomini e culture, “gettano” guerre. Ciò che trovo imbarazzante e assolutamente inaudito, però, è la confusione generata da persone che in nome di un mai ben definito “umanesimo” si oppongono a una barbarie che, loro e solo loro, avrebbero il diritto di dichiarare tale. Parlano di “Storia”, di “Male”, di “Diritti Umani”, tutto con la maiuscola, proporzionalmente al loro ego. “Umanisti” e, per di più, “di sinistra”. Ma che umanesimo è quello che in nome di una legalità astratta fondata sui “Diritti dell’uomo” crea morte e paura, tra gli uomini?
Emir Kusturica
Chi dice "umanità" dice guerra
La storia si ripete, senza che lezione dei Balcani abbia insegnato nulla ?
Che cosa doveva insegnare? Siamo a tal punto intossicati che al massimo sappiamo la data di uscita del prossimo I-Pad, ma non ricordiamo, non desideriamo, non speriamo nulla. In più, una guerra è una guerra e chi la dichiara, se ha mezzi sufficienti per condurla, lasciando magari che siano altri a sporcarsi le mani, poi può anche prendersi lo sfizio di alimentare chiacchiere da salotto. Può chiamarla “umanitaria”, può dibattere di “interventismo democratico”, può chiamarla come gli pare e piace, ma cambiando l’ordine dei fattori le conseguenze non cambiano: una guerra rimane una guerra, i morti rimangono morti e le bombe sono bombe. Ivo Andrić, il grande scrittore premio Nobel nel ’61 che su tutti mi ha formato e amo, gettava ponti. Ma chi legge Andrić, oggi? Oggi gli intellettuali, a modo loro, anziché ponti tra uomini e culture, “gettano” guerre. Ciò che trovo imbarazzante e assolutamente inaudito, però, è la confusione generata da persone come Bernard-Henri Lévy e compagnia, che in nome di un mai ben definito “umanesimo” si oppongono a una barbarie che, loro e solo loro, hanno il diritto di dichiarare tale. Parlano di “Storia”, di “Male”, di “Diritti Umani”, tutto con la maiuscola, proporzionalmente al loro ego. “Umanisti” e, per di più, “di sinistra”. Ma che umanesimo è quello che in nome di una legalità astratta fondata sui “Diritti dell’uomo” crea morte e paura, tra gli uomini? Lo dicevamo prima: la storia colpisce alle spalle. A volte è il sorriso di una telegiornalista francese, altre – purtroppo – è la scheggia di una bomba…
Di tutto ciò che l'uomo, spinto dal suo istinto vitale, costruisce ed erige, nulla è più bello e più prezioso per me dei ponti. I ponti sono più importanti delle case, più sacri perché più utili dei templi. Appartengono a tutti e sono uguali per tutti, sempre costruiti sensatamente nel punto in cui si incrocia la maggior parte delle necessità umane, più duraturi di tutte le altre costruzioni, mai asserviti al segreto o al malvagio
Ivo Andrić, I ponti (1963)
Emir Kusturica e Monica Bellucci durante le riprese di Na mliječnom putu – On the Milky Road
Milos Cvetkovic/AFP/Getty Images
Sdoganare il nulla
Lo sdoganamento della guerra nell’immaginario della sinistra del dopo ’89 è però un fatto oramai consolidato, almeno dagli “interventi umanitari” in Somalia e, torniamo sempre lì, nella ex- Jugoslavia…
Diciamo che a forza di parlare di immaginario, questi “umanisti” di sinistra (della destra già sappiamo da tempo) se lo sono fatti colonizzare non tanto dalla Cia, come credono i puù ingenui tra i loro pochi oppositori, ma dal più banale, scontato, risibile dei film di Hollywood.
E le serie tv, che secondo alcuni avrebbero inaugurato una realtà "post-narrativa" o addirittura "post-mediale"?
Non hanno immaginario, non c’è più immaginario perché l’unico possibile è oramai un immaginario onnivoro, timoroso e aggressivo come solo i pavidi sanno esserlo. Sono stati plasmati dal mercato e dai film di Bruce Willis più di quanto credano. Vivono solo nello spazio che separa una beccata dall’altra, come i polli in un allevamento intensivo.
Immagine in copertina: José Mujica ripreso da Emir Kusturica durante l'inaugurazione della Scuola agradi di Rinco del Cerro (Miguer Rojo/AFP/Getty Images)
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