Porta un nome di origine greca che significa pace e in effetti alla pace pensa spesso. Da quando, bambina, andava ad aiutare la mamma nella sede del gruppo Emergency a Sesto San Giovanni. Oggi vive a Milano e ogni mattina s’imbatte in uno striscione appeso al cancello della scuola sotto casa: «Non esiste una via per la pace, la pace è la via». Quella frase, nella mente di Irene Facheris, risuona. Scrittrice, formatrice e podcaster, è attivista transfemminista, si occupa di studi di genere, diversity e soft skills.
Il mondo sul giradischi
Nella sua descrizione fissata in alto sul profilo Instagram, si racconta con un lato A e un lato B. Il primo tiene insieme esperienze professionali e di crescita personale, il secondo è un sincero resoconto delle sue fragilità: «Ho problemi di gestione dell’ansia e problemi di cuore […]. Sono incapace di gestire la solitudine e allo stesso tempo ho bisogno di stare da sola». Il lato A, continua, «è sicuramente più accattivante, ma sul mio giradischi c’è quasi sempre il lato B». La metafora funziona. E se la adottassimo per il mondo in cui viviamo? Quale dei due lati sta girando? «Credo che il lato A sia composto dai buoni propositi e dalle belle parole con le quali possiamo trovarci tutti d’accordo. Il lato B è lo sforzo che occorre compiere per trasformarli in azioni collettive. Se ci limitiamo a dire i nostri ideali di pace senza ragionare sui comportamenti che concretamente mettiamo in atto, rischiamo di non renderci conto che i propositi e le azioni non si muovono all’unisono».
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