L'esperienza dello spazio mobilita le nostre risorse fisiche, sensoriali, cognitive, economiche, sociali e culturali. È un'esperienza totale. Ma l'esperienza dello spazio contemporaneo non è fatta solo di punti fermi, ma anche di movimento, comunicazione e interazionecon altri esseri umani, con forme e paesaggi.
Non ci insediamo più in un luogo nella forma del radicamento, ma lo attraversiamo. Michel Lussault insegna all’Università di Lione e alle forme e alle pratiche di questo attraversamento ha dedicato il suo ultimo libro, Iper-luoghi. La nuova geografia della globalizzazione (edizione italiana a cura di Emanuele Casti, Franco Angeli, Milano 2020).
In un iper-luogo, nozione coniata proprio da Lussault, la geografia diventa quella delle persone che interagiscono: è la coreografia dei loro modi di fare, di gestire le distanze e le collocazioni, di separarsi e di mettere in comune qualcosa. Anche solo per pochi istanti. Il bisogno di aggregarsi e di fare insieme si rafforza nella misura in cui la mondializzazione si afferma: questo rende gli iper-luoghi spazi privilegiati di comprensione e di azione.
Un luogo oltre il luogo
Luoghi di ieri e luoghi di oggi…
Dobbiamo partire da un fatto: la globalizzazione degli spazi di vita degli esseri umani capovolge completamente il nostro modo di concepire i luoghi. I luoghi di oggi non hanno più nulla a che vedere con i luoghi di ieri. I luoghi di ieri conservavano una certa integrità e autonomia: erano dei "recinti" dentro cui potevano entrare, passare o restare magari per tutto il corso dell'esistenza. I luoghi di oggi sono, invece, delle" piattaforme": spazi di connessione dove si incrociano individui, flussi, materiali, oggetti, dati. Sono i nodi di connessione di questi flussi. Siamo dunque passati da un'epoca dove consideravamo i luoghi come dei contenitori a un'epoca dove i luoghi sono delle piattaforme.
Questo significa che il contenuto cambia la forma del contenitore, ossia che il luogo non è più indifferente alle pratiche e ai flussi che lo attraversano…
Se proviamo a comparare i caratteri comuni a molte definizioni di che cos’è un “luogo”, possiamo estrarne alcuni elementi. Come si caratterizza, da un punto di vista classico, un “luogo”? Un “luogo” si caratterizza come “un punto localizzato”. Un luogò è uno spazio fisico marcato dalla sua integrità, che sembra esistere indipendentemente da ciò che assembla e contiene. Seguendo questo logica, gran parte delle scienze sociali ha finito per vedere un “luogo” come un semplice ricettacolo neutro della vita sociale, la quale pur se trasportata da un punto all’altro o da un luogo all’altro non si modifica affatto con tale spostamento.
Ma le cose stanno cambiando e la geografia contemporanea ha ridefinito la” questione del luogo” in questi termini: ciò che il luogo contiene contribuisce a configurarlo e a farlo esistere come spazio umano specifico. Uno spazio che possiamo distinguere dagli altri, perché dotato di qualità proprie. Al tempo stesso, le forme della vita sociale e le pratiche che un luogo permette sono incontestabilmente impregnate dei suoi caratteri.
Diventa pertanto impossibile separare il “luogo” da ciò in quel luogo accade e da ciò che in quel luogo vive. Il luogo si è così imposto per la geografia come la più piccola unità spaziale complessa di una società.
Esistono ancora dei luoghi alla vecchia maniera?
Certo, esistono ancora lo statuto del “locale” cambia così come il suo modo di espressione, a causa delle nuove condizioni che l’urbanizzazione del mondo instaura.
Ci dà una definizione di iper-luogo?
I nuovi processi di localizzazione creano ciò che chiamo iper-luoghi: luoghi che mantengono ancora le caratteristiche tipiche del luogo, ma in forme esasperate dagli effetti della globalizzazione.
Movimenti in comune
Dalla localizzazione, al flusso: il luogo, oggi, si caratterizza per questo "movimento"…
In questo senso, il luogo contemporaneo è un vero crocevia di linee di vita e di forme di azione. Oggi, come ci ha mostrato l'antropologo Tim Ingold, la linea è la figura chiave per comprendere il luogo contemporaneo. In questo quadro, chiamo iper-luoghi i luoghi contemporanei più spettacolari e più espliciti del funzionamento del mondo contemporaneo. Sono luoghi "iper" perché, osservandoli, possiamo capire la globalizzazione.
Ingold distiunge due tipi di linee: quelle che funzionano da connettori (le linee che segnano la distanza più breve tra due punti) e la linea che deriva da un gesto: una creazione, un far nascere, che non finisce potenzialmente mai e «si ferma quando la mia matita smette di poggiare sulla superficie della carta». Dal conflitto tra queste due linee, sorge secondo Ingold la modernità e, dalla modernità, la globalizzazione…
La globalizzazione è un fenomeno molto astratto, ma per toccarlo con mano basta andare a Orio Center, in provincia di Bergamo, o in una qualsiasi stazione o aeroporto. O in una grande piazza pubblica durante un avvenimento. Lì queste linee appaiono immediatamente chiare.
Certi luoghi si costituiscono a partire da eventi, mentre fino a quelche anno fa erano gli eventi a costituirsi a partire dai luoghi…
Accade perché in un iper-luogo siamo sempre di passaggio. La figura del passante, oggi, è molto più importante di quella del residente: il nostro passaggio "crea luogo", "fa luogo". Questo non vuol dire che nella nostra vita non cerchiamo degli ancoraggi ai luoghi, ma anche questi ancoraggi hanno la tendenza a essere passeggeri…
Lei usa il termine ancoraggio, non radicamento. C'è differenza?
"Radicamento" allude a una forma di stabilità in un luogo, inteso come "contenitore", di cui noi saremmo il contenuto. "Ancoraggio", invece, ci fa capire che anche questo "ancorarsi" è temporaneo, mobile, passeggero. Il concetto di "radicamento" (enracinement, in francese) evoca poi un'altra questione: che cosa accade quando tiriamo via la radice? Moriamo. L'ancoraggio (ancrage) evoca un'altra idea: quando leviamo l'ancora, partiamo.
La questione è anche politica, se non comprendo male…
Molte teorie politiche propongono forme di radicamento più o meno estremo come antidoto alla globalizzazione. Ritengo invece che valorizzare la tensione tra stare e partire, tra ancoraggio e passaggio sia più proficuo. Le nostre vite, anche negli spazi della comunicazione, sono sempre più inserite in contesti di passaggio. Le nostre forme di vita abitano le connessioni, non i radicamenti.
Politica degli iper-luoghi
Gli iper-luoghi sono spazi di connessione, ma anche di partecipazione. Visti da questa prospettiva sembrano spazi aperti per l'agire politico, nel senso forte del termine…
Gli iper-luoghi sono luoghi della politica contemporanea per due ragioni. la prima ragione è che in questi luoghi incontriamo tutte le contraddizioni del mondo contemporaneo e tutte le dinamiche sociali dei nostri giorni: le disuguaglianze, la povertà, i conflitti… la lacerazione del tessuto sociale, ma anche i tentativi di ricostruirlo si trovano negli iper-luoghi.
La seconda ragione è che in un iper-luogo siamo costretti a condividere, anche solo per un momento, spazio e tempo con gli altri: non possiamo sfuggire dal contatto con le differenze, cosa che invece possiamo fare sui social network. L'iper-luogo, mettendoci di fronte all'imprevisto, ci costringe a riflettere su ciò che siamo di sposti a condividere gli uni con gli altri. Per queste ragioni, credo che gli iper-luoghi siano spazi decisivi, oggi, per una vera riflessione politica sul senso del legame sociale e sulle forme che l'inclusione.
Da questo punto di vista, anche la relazione fra globale e locale potrebbe essere vista in termini di connessione e non di conflitto…
Ciò che chiamiamo globalizzazione, ossia la costituzione di uno spazio sociale e politico esteso scala planetaria, è la messa in relazione sistematica e continua tanto della mondializzazione, quanto della localizzazione. Globale e locale non vanno visti in contrapposizione. Al contrario, si nutrono continuamente l'uno dell'altro. Per questo, la globalizzazione ha accresciuto l'importanza dei luoghi, ma al contempo il funzionamento dei luoghi si è sempre più legato alle dinamiche della globalizzazione. Gli iper-luoghi sono lo spazio dentro cui comprendiamo al meglio questa continua interrelazione tra globale e locale e se la comprendiamo meglio possiamo sperare di ridisegnare le mappe di quel territorio sociale che, oggi, molti credono ìì una terra di nessuno.
Invece?
Invece è abitata da un'incredibile vitalità.
Non c'è movimento politico, anche il più contestatore che, da Hong Kong al Cile, da Bologna a Baghdad, non parta da un luogo e dall'esperienza della vita in comune in un luogo per rimettere in questione tutto.
In un iper-luogo la geografia è quella delle persone che interagiscono, è la coreografia dei loro modi di fare e di gestire le distanze (tra di loro e con gli altri, tra di loro e con le cose).
Il bisogno di aggregarsi e di fare insieme si rafforza nella misura in cui la mondializzazione si afferma. In un mondo di connessioni, un mondo che cresce in fluidità, in illimitatezza, in standardizzazione, gli individui e i gruppi sentono il crescente bisogno di moltiplicare le esperienze concrete di momenti di iper-luogo, ovvero di pratiche di spazio-tempo situat, in cui ciascuno sperimenta l’incontro.
A questo punto si mostra evidente la differenza tra l'idea di non-luogo, portata avanti con successo da Marc Augé, e quella di iper-luogo…
I non-luoghi sono stati visti come spazi di alienazione. Ma ritenendo che servisse un altro concetto, più costruttivo, ho scelto di parlare di iper-luogo. In un iper-luogo non siamo alienati, siamo semplicemente calati nel cuore dell'esperienza stessa della vita contemporanea. Ricordo le parole di un grande scrittore, Georges Perec, che insegnacva come non ci sia nulla di inumano nelle nostre città, se non la nostra propria umanità.
Applicherei la stessa formula agli iper-luoghi: non c'è nulla di inumano in un iper-luogo, se non la nostra propria umanità. Possiamo non amare ciò che vediamo, possiamo non apprezzarlo ed essere molto critici. Ma ciò che vediamo negli iper-luoghi è ciò che siamo e ciò che ne sarà della nostra umanità, se non sapremo essere all'altezza della sfida.
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