Annarita Serra

Io, art-ivista per salvare il mare della mia Sardegna

di Redazione

Sarda d'origine, vent'anni fa abbandonò un lavoro da manager, per dedicarsi all'arte e alla tutela degli oceani. L'idea vedendo una spiaggia della sua Isola, coperta di plastica. Dalla sintesi di questa passione e di questo impegno nascono le sue opere, fatte coi rifiuti recuperati

È il 1999 quando Annarita, allora top manager in una grande azienda, decide di tornare in Sardegna, sua terra d’origine, per ritrovare la propria identità e fare dell’arte il suo lavoro. Proprio durante questo periodo di cambiamento è una passeggiata sulla spiaggia a illuminarla: la sabbia è ricoperta di rifiuti. Annarita si imbatte in una marea di plastica. È così tanta da far pensare allo scarico di una nave. Inizia a raccoglierla e da quel momento comincia la sua avventura da “art-ivista”. In pochi anni arriva la notorietà e le opere di Annarita fanno il giro del mondo: da Charlie Chaplin a Marilyn Monroe, da Frida Kahlo alla Venere del Botticelli, i suoi protagonisti nati da capsule del caffè, lattine, tappi e molto altro conquistano lo sguardo del pubblico. Nel 2013, l’attenzione dedicata all’ambiente fa di Annarita uno dei vincitori del concorso Settimana europea per la riduzione dei rifiuti. Per i suoi lavori recupera anche i Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche-Raee, componenti elettronici, come schede madri e tasti del computer, che nel 2015 le permettono di partecipare al progetto europeo per la gestione dei rifiuti hi-tech: i Weenmodels.

Per quale motivo ha rivolto la sua attenzione artistica proprio sul mare?

Fin da quando ero bambina mio papà mi faceva notare la tendenza delle persone a inquinare mari e spiagge lasciando mozziconi di sigaretta, involucri alimentari e bottiglie. Osservare il rapporto degli altri con il territorio mi ha convinta ad agire autonomamente, nel mio piccolo, cercando di ridurre gli sprechi. L’arte poi ha fatto il resto. Ho lasciato che la creatività mi ispirasse, con la speranza che il messaggio veicolato dalle mie opere potesse suscitare curiosità e consapevolezza in chi le osserva.

Si definisce “art-ivista”, ponendo l’attenzione su due tratti fondamentali che ti caratterizzano: l’arte e l’attivismo, che stimola e a sua volta viene alimentato dalla creatività. Quando ne ha preso coscienza?

Nel momento in cui ho realizzato la catena umana nata dalla forza dell’arte. In tanti mi scrivono non solo per apprezzamento verso le opere, ma soprattutto per ringraziarmi perché con il mio lavoro contribuisco a salvare il mare. E questa è per me la più grande soddisfazione. Non dobbiamo perdere di vista che le singole scelte consapevoli possono fare la differenza e sapere di aver ispirato altri a adottare scelte più sostenibili è per me il vero scopo di un’“art-ivista”.

Dopo anni di stallo, lo scorso maggio è stata approvata la Legge Salvamare, che consente ai pescatori di portare la plastica recuperata in mare sulla terraferma. Una volta raccolta dalle autorità portuali potrà essere avviata al riciclo. Cosa ne pensa?

Sembra paradossale, ma fino ad oggi sono stata una “fuori legge”. Durante questi vent’anni ho più volte contattato le marinerie per avere informazioni in merito, ma non sono mai riuscita a ricevere risposte certe. Quasi come se nessuno potesse affermare con sicurezza che raccogliere i rifiuti dal mare fosse vietato. Finalmente anche l’Italia si dota di uno strumento che non solo serve a preservare la biodiversità, ma rappresenta anche un grande passo per la consapevolezza dei pescatori. Grazie alle nuove disposizioni anche loro potranno giocare un ruolo fondamentale e riconoscere che molto dell’inquinamento prodotto è proprio frutto della pesca in mare: dalle reti che intrappolano le tartarughe alle scatole di polistirolo in cui viene conservato il pescato.

Giugno è il mese dedicato all’ambiente. In occasione della Giornata Mondiale degli Oceani anche lei ha dato il tuo contributo: di cosa si tratta?

Ho pensato di aiutare gli altri a vedere il bello in ciò che buttano, per dimostrare loro che spesso i rifiuti hanno solo bisogno di essere rinnovati. Per farlo, ho chiesto alle persone di portarmi il proprio sacco giallo della plastica: loro ci mettono la spazzatura e io li aiuto a trasformarla in una piccola opera d’arte. Si tratta di un esercizio simbolico, molto vicino a quanto faccio io tutti i giorni, che spera di ricordare ai partecipanti quanto possiamo fare per l’ambiente partendo dalle nostre case.

Annarita Serra ama il suo lavoro. Ogni giorno si sveglia consapevole che grazie all’arte riesce a trasmettere un messaggio: “salvare il pianeta”. Persone da tutto il mondo la apprezzano e la prendono ad esempio per avvicinarsi al “recupero” come filosofia di vita. Come dice lei “il coraggio paga”. Del resto, come fare a non essere soddisfatti di un lavoro che aiuta il pianeta e parla alle persone?

Le foto sono concesse da Annarita Serra

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