Il padre dell'economia classica, lo scozzese Adam Smith, insegnava che in un sistema economico maturo l'economia si sarebbe dovuta incentrare su tre virtù fondamentali: abilità, giustizia, bontà. Oggi, che la tesi la tesi di Adam Smith sembra smentita dalle cronache e dai fatti, resta però aperta la questione di fondo: non solo un mercato, ma una società senza etica, senza vincoli religiosi e culturali solidi può resistere nel tempo? Abbiamo incontrato l'imam Yahya Pallavicini, vicepresidente della CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) italiana, profondo studioso del problema. L'imam Pallavicini è un cittadino italiano nato musulmano, da madre giapponese e padre italiano, nel 1965. È l'imam della Moschea al-Wahid di Milano in via Meda e dal 2006 è consigliere del Ministero dell'Interno nella Consulta per l'Islam italiano.
Etica e futuro del sistema economico
La commistione fra etica e economia è stata spesso letta in Occidente come un deterrente alla responsabilità individuale e alla giustizia sociale. Nell’Islam etica ed economia sono interconnessi, ci aiuta a capire come e perché questa relazione può essere generativa di una società più giusta e solidale?
Nella Tradizione Islamica le leggi che regolano l'economia sono legate alla Rivelazione, la quale ri-vela la Volontà Divina che è all'origine della Creazione stessa. Si comprende come la sfera etica sia anch'essa contenuta in quest'ottica divina universale, che regola le intenzioni e le azioni degli uomini sulla base di riferimenti sacri, da interpretarsi non in maniera rigida e inflessibile, ma sull'esempio dei Profeti,attraverso la mediazione di uomini santi e virtuosi in grado di svolgere tale funzione vivificante di mediatori ancora oggi. In Occidente la perdita progressiva di una concezione di tipo tradizionale che si rifà a Dio stesso e alle sue Rivelazioni ha fatto sì che si elaborassero delle alternative di ordine soltanto umano, che si sono dimostrate nella storia più o meno valide,e a volte disastrose, anch'esse nominalmente finalizzate al raggiungimento del Bene comune e all'esercizio delle virtù nell'ordine individuale e sociale. Ma ora la presenza di altre componenti tradizionali nuove per l'Occidente e in particolare la componente islamica nel mondo contemporaneo può costituire ancora, per coloro che vi credano, l'occasione di trovare nella misericordia e nella misura religiose un apporto di carattere spirituale sintetico e fondamentale nella ricerca del bene comune, anche nella sfera economica.
La finanza islamica è in forte crescita. Al di là del dato quantitativo e geo-economico, c’è qualcosa di molto più profondo ed è sui principi che vorremmo interrogarci. Ci aiuta a capire quali sono i principi che regolano l’etica economica e la finanza islamica e perché, oggi, hanno una forte attrattiva in Occidente?
Il primo principio è la distinzione tra il lecito e il vietato (in arabo halal e haram), così elusa dalla tendenza speculativa della giurisprudenza di tipo positivista degli ultimi secoli, di tipo strumentale. Il fine non giustifica i mezzi, specialmente quando anche i fini siano assai discutibili. Così la religione islamica vieta l'uso improprio del denaro per sfruttare i più deboli e costringerli a contribuire passivamente all'accumulo dei capitali, pena la povertà e la perdita dei diritti civili. Questo è il divieto del prestito usurario, della speculazione sul debito, già conosciuto in Occidente come dottrina antifeneratizia, e unisce gli insegnamenti del monoteismo abramico con la dottrina di Aristotele e gli insegnamenti di tutte le religioni. Naturalmente, nel clima attuale di crisi non solo economica che stiamo vivendo, c'è il rischio che tornino in auge prospettive moralistiche e punitive che vanno disinnescate. Non è scopo di nessuna religione e tantomeno dell'Islam quello di sovvertire l'ordine con nuove ideologie ancora peggiori di quelle del secolo scorso, bensì quello di offrire liberamente agli uomini il contributo sapienziale di una tradizione millenaria, in ogni aspetto della vita. Il principio del dovere, legato alla importanza del lavoro nelle società moderne, ha un legame etico con la religione, ma non va confuso con il concetto evoluzionista di competizione globale di tipo quantitativo. Occorrerebbe piuttosto una riqualificazione delle intenzioni e delle azioni degli uomini religiosi, che abbiano come scopo non la ricchezza o la vittoria competitiva sul prossimo, ma invece la salvezza dell'anima tramite la fede e la partecipazione all'Amore divino tramite il sacrificio, a favore di tutti.
Sul piano pratico, in Italia, che cosa si sta facendo?
Sul piano pratico in Italia abbiamo promosso la nascita di uno Shariah Board, un Comitato Etico per la Finanza Islamica che fa riferimento alla COREIS (Comunità Religiosa Islamica) Italiana, un organismo indipendente di certificazione Shariah Compliance per le Istituzioni finanziarie pubbliche e private, e al servizio delle Banche, tale da poter favorire l'integrazione anche finanziaria di tutti i musulmani residenti in Italia, ormai prossimi ai due milioni di persone.
Non è scopo di nessuna religione e tantomeno dell'Islam quello di sovvertire l'ordine con nuove ideologie ancora peggiori di quelle del secolo scorso, bensì quello di offrire liberamente agli uomini il contributo sapienziale di una tradizione millenaria, in ogni aspetto della vita. Il principio del dovere, legato alla importanza del lavoro nelle società moderne, ha un legame etico con la religione, ma non va confuso con il concetto evoluzionista di competizione globale
Yahya Pallavicini
Tra i precetti pratici, alcuni molto enfatizzati dal media, l’Islam regola l’uso del denaro. Come?
Non bisogna fare l'errore di considerare il divieto del riba, l'interesse sui depositi improduttivi, vietato anche da Aristotele, come se fosse facile da rispettare o già rispettato dai musulmani che operano nell'economia globale. In effetti il riba è un divieto difficile da rispettare se non viene rispettata la funzione originaria del denaro, che è l'unità di misura per gli scambi economici, e non la misura del valore delle cose, che altrimenti finiscono per essere valutate soltanto in base a "quanto" denaro valgono. Altrimenti si da al denaro un valore superiore a quello delle cose create, e viene ambito per se stesso, mentre in realtà in se stesso non avrebbe o meglio non ha alcun valore. E soprattutto il valore appartiene a Dio, come tutte le cose, e il danaro non deve dare l'illusione al suo proprietario di poter possedere qualcosa al di fuori dell'onnipotenza divina. L'accumulo improduttivo delle ricchezze e il desiderio di possesso che inducono, per non parlare del prestito usurario e dello sfruttamento dei poveri, sono una conseguenza dell'uso improprio del denaro.
Lavori di calligrafia nei pressi della Mecca, fotografia di Khaled Desouki/Afp/Getty Images)
L'interesse è riconosciuto come "premio di rischio" se è legato ad un investimento lecito maoccorre sottolineare che il "rischio" in questo caso non va confuso con l'azzardo, che è tutta un'altra cosa. Sarebbe meglio dire: premio d'intrapresa, merito d'iniziativa, remunerazione dell'impegno preso e della responsabilità assunta ecc. Molto importante, per preservare dalla speculazione e dallo sfruttamento improprio del prestito, il precetto del cosiddetto profit and loss sharing, la condivisione dei profitti e delle perdite tre finanziatori e finanziati, che richiede un modello nuovo di pratica bancaria, e di etica sociale.
Azzardo e dissipazione
Oggi, fra i fenomeni degenerativi della nostra società uno dei più sottovalutati eppure dei più cruenti è il gioco d’azzardo. L’Islam come regola l’azzardo? C’è un divieto esplicito?
C'è un hadith del Profeta Muhammad che recita: "Chi dice al suo amico: Vieni, dobbiamo giocare d'azzardo. Non è lecito per i musulmani cercare ristoro e svago nel gioco d'azzardo, né è lecito per mezzo di esso acquisire denaro". La superstizione e il fatalismo che insieme al vizio contraddistinguono il gioco d'azzardo sono banditi perchéa bbassano la concezione della Provvidenza al suo uso personale. La "dea bendata" dei Greci appare come una divinità pagana, mentre invece, nella concezione corretta, lo sforzo personale verso l'Unico Dio comporta una ricompensa sicura, non necessariamente dello stesso ordine della richiesta, né nello spazio né nel tempo, ma sicuramente Dio non ignora di ricompensare gli sforzi, purché questi siano stati sinceri .Ora, il fedele non può essere sicuro che i propri sforzi siano davvero stati sinceri, né prima, né durante, nédopo averli compiuti, e comunque nessuno è davvero mai al di fuori del rischio di essere giudicato severamente da Dio. D'altra parte il giudizio è inevitabile per ciascuno di noi e occorre rassegnarsi a riceverlo e se possibile, anticiparlo. Infine, in questo campo sì che conta la responsabilità individuale, senza poter ricevere aiuti esterni, in quanto il Giorno del Giudizio "nessun' anima potrà portare il peso di un'altra", e la stessa intercessione profetica non potrà certo condizionare la imperscrutabile Volontà Divina.
il termine maysir indica un successo “passivo”, non corrispondente ad alcuno sforzo o impegno spirituale. Questo è un principio contrario all’economia islamica, dove lo sviluppo economico deve sempre corrispondere a un’occasione di crescita conoscitiva e spirituale. È uno dei divieti fondamentali della Finanza Islamica
Yahya Pallavicini
Ci può spiegare che cosa si intende con il termine "maisir", solitamente tradotto "azzardo"?
La radice yasara è la stessa di yusr, “facilità”, “riuscita”, “successo spirituale”. Tuttavia il termine maysir indica un successo “passivo”, non corrispondente ad alcuno sforzo o impegno spirituale. Questo è un principio contrario all’economia islamica, dove lo sviluppo economico deve sempre corrispondere a un’occasione di crescita conoscitiva e spirituale. È uno dei divieti fondamentali della Finanza Islamica, insieme all'interesse illecito sul denaro di cui parlavamo, all'investimento in attività illecite come le armi, il gioco d'azzardo e la pornografia, alla mancanza di trasparenza finanziaria che opera senza un sottostante reale.
Si intende per maisir la speculazione finanziaria, nel suo principio oscuro di scorciatoia per ottenere il risultato economico quantitativo, che spesso sfrutta la conoscenza asimmetrica tipica della guerra contro il nemico, ma in un contesto civile o addirittura fraterno, da parte di qualcuno per fare il proprio interesse esclusivo. Il tutto mascherato da intelligenza, astuzia e desiderio di arricchimento mondano. È inoltre difficile che la speculazione possa favorire l'equità e la distribuzione equa dei beni sottoposti alla giurisdizione dell'uomo, quando nasce proprio come stratagemma acuto per favorire qualcuno a scapito di altri.
Da studioso, ci spiega perché fin dal Corano vi è stata una tale attenzione all’azzardo?
Nella Quinta Sura del Sacro Corano, al Maida, la tavola imbandita, i versetti novantuno e novantadue recitano: «O voi che credete, in verità il vino, il gioco d'azzardo, le pietre idolatriche, le frecce divinatorie, sono immonde opere di Satana. Evitatele, affinché possiate prosperare. In verità col vino e il gioco d'azzardo, Satana vuole seminare inimicizia e odio tra di voi e allontanarvi dal Ricordo di Allah e dall'orazione. Ve ne asterrete?»
Lei si renderà conto che la Rivelazione Divina non può essere spiegata come se fosse un testo scritto da uomini con le motivazioni più o meno razionali di questi. D'altra parte è intuitivo che il grado di conformità religiosa di coloro che praticano fedelmente la religione islamica impedisca o freni la caduta in leggerezze in cui possano essere indotti dall'Avversario alle peggiori azioni, attraverso passioni come l'inimicizia e l'odio reciproco.
Nella Quinta Sura del Sacro Corano, al Maida, la tavola imbandita, i versetti novantuno e novantadue recitano: «O voi che credete, in verità il vino, il gioco d'azzardo, le pietre idolatriche, le frecce divinatorie, sono immonde opere di Satana. Evitatele, affinché possiate prosperare. In verità col vino e il gioco d'azzardo, Satana vuole seminare inimicizia e odio tra di voi e allontanarvi dal Ricordo di Allah e dall'orazione. Ve ne asterrete?»
Come è trattato, oggi, l'azzardo nei Paesi di diritto islamico?
Non conosco profondamente l'evoluzione legislativa e il codice civile di tutti i paesi che si rifanno all'Islam nel loro atto costitutivo, ma certamente nel diritto classico il gioco d'azzardo è vietato e costituisce un reato penale. Questo non significa che non vi siano trasgressori, anzi ve ne sono sicuramente molti, ma non bisogna fare l'errore di giudicare i principi di una religione dal comportamento dei suoi nominali appartenenti, spesso consapevoli di non rispettare i precetti della religione.
Non trova che, proprio oggi, la riflessione sull’etica islamica in tema di responsabilità, solidarietà, equità e proprio sulla materia dell’azzardo dissipativo possa contribuire al dibattito su un’etica pubblica che nel nostro Paese sembra aver perso ogni coordinata culturale certa?
Immagino che una ripresa etica di tali principi potrebbe essere molto più produttiva se condivisa tra appartenenti a diverse religioni e in particolare nel contesto Abramicomonoteista tra Ebrei Cristiani e Musulmani. Ma non esclusivamente. Vi sono aspetti ancora più essenziali dell'economia, che potrebbero essere affrontati operativamente per dare un contributo di nuova freschezza a un mondo che ha bisogno di verità. I religiosi autentici devono ritrovare la testimonianza sapienziale nella misura e nella misericordia per offrire valide occasioni di conoscenza soprattutto nella vita reale agli uomini ancora dotati di buona volontà.
L'OSPITE
Yahya Sergio Yahe PALLAVICINI: Vicepresidente della Co.Re.Is.
[Comunità Religiosa Islamica] e Imam della moschea Al-Wahid di Milano, Pallavicini è una delle voci più aperte al dialogo del mondo islamico in Italia. Tra le sue pubblicazioni: L'Islam in Europa (Il Saggiatore, 2004); Dentro la Moschea (Bur, 2007); Il Misericordioso. Allah e i suoi profeti (EMP, 2009).
In copertina: Getty Images
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