Una comunità può prendere in mano le proprie risorse, diventando l’attrice principale del suo sviluppo, economico e non solo? Le esperienze delle cooperative di comunità, che negli ultimi anni stanno fiorendo in tutta Italia, dimostrano che è possibile. Una di queste è la cooperativa Vivi Calascio, dell’omonimo borgo in provincia dell’Aquila in Abruzzo, nata per valorizzare le competenze delle persone residenti nella zona, per soddisfare i bisogni della comunità locale.
«La nostra realtà è nata a giugno 2020», racconta Franco Cagnoli, presidente dell’impresa, «da un incontro tra un a serie di persone, alcune di una certa età ed esperienza che si ritrovano a vivere qui per scelta e per passione e altri giovanissimi autoctoni che sono stati coinvolti». La motivazione di base? Creare lavoro per gli abitanti e lottare contro lo spopolamento. In una situazione molto particolare. «Siamo un borgo di 80 abitanti effettivi, ma d’estate ci sono in media 2mila turisti al giorno», continua il presidente. «Quindi c’è una sproporzione tra l’afflusso turistico e i residenti; volevamo innanzitutto creare lavoro: la cooperativa di comunità è una formula societaria appositamente pensata per contrastare lo spopolamento, quindi ci sono delle agevolazioni burocratiche che facilitano un circolo virtuoso economico. Volevamo dare una prospettiva ai giovani che desiderassero costruirsi qua e rimanere. In più c’è il discorso un po’ più delicato delle forze identitarie pulite che sono all’interno della comunità, che se dovessero venire a mancare si creerebbe un vuoto che verrebbe sicuramente riempito dagli speculatori».
Calascio, infatti, è così attrattiva per i turisti perché sul suo territorio c’è una rocca, diventata molto famosa perché è stata set di Ladyhawke, il celebre film fantasy con Michelle Pfeiffer e Rutger Hauer. La visibilità internazionale che il luogo ha raggiunto non è stata “intenzionale”, ma capitata per caso. Proprio per questo motivo, però, c’è un bisogno della comunità locale di riappropriarsene. «Non mi piace il concetto di sfruttamento del turismo», spiega Cagnoli, «noi vogliamo mostrarci come una comunità vera, tutelata, che possa lasciare un’esperienza umanamente significativa nel cuore delle persone. Non vogliamo diventare un borgo senza più identità, dove semplicemente si fa ricettività turistica fine a se stessa per far business».
Non mi piace il concetto di sfruttamento del turismo», spiega Cagnoli, «noi vogliamo mostrarci come una comunità vera, tutelata, che possa lasciare un’esperienza umanamente significativa nel cuore delle persone.
La cooperativa ha iniziato la sua attività attraverso un servizio di bus navetta proprio per la frazione di Rocca Calascio – dove le macchine non potevano più accedere per questioni di sicurezza, a causa del grande afflusso – e poi ha sviluppato molti altri servizi. Ha preso anche in gestione la torre, dove svolge attività di apertura e di visite accompagnate di 45 minuti all’intera area archeologica; gestisce, inoltre, un negozio di souvenir e un’attività di cicloturismo con noleggio di e-bike. Oltre a questo, Vivi Calascio si occupa anche di lavori per il Comune, dalla cura del verde alla pulizia dalla neve. «Ma le attività con la neve sono più che altro volontarie, per cui spesso non ci facciamo pagare», commenta Cagnoli.
Se però mantenere l’identità del borgo è uno degli obiettivi principali della cooperativa di comunità, non si può dimenticare che le persone anziane sono custodi di un enorme patrimonio immateriale, fatto di conoscenze, competenze e racconti. A Calascio si sta portando avanti un progetto pilota in questo senso, nato dalla volontà di Confocooperative e con il finanziamento di Assimoco, che vede coinvolta anche la cooperativa di comunità. «Una cooperativa di ingegneri ha progettato un braccialetto per gli anziani, che monitora i parametri vitali 24 ore su 24 e che invia i risultati a operatori sanitari competenti, che qualora ci fossero degli allarmi possono prendere i dovuti provvedimenti», spiega il presidente di Vivi Calascio. «Noi facciamo da tramite tra il comparto tecnico e le persone, andiamo a casa loro, ci sinceriamo delle loro condizioni, controlliamo chi si mette e chi non si mette il dispositivo. Questo progetto è importante, anche perché così si inizia a ribaltare il paradigma secondo il quale si sarebbe più soli in un piccolo borgo che in una grande città. Si spera che questo servizio possa essere un punto di partenza per generarne anche altri, come le medicine a domicilio».
Il borgo riesce, così, a mantenere la propria identità e la cura dei suoi abitanti – anziani e giovani –, ciascuno secondo le sue esigenze. «Si sono trasferite a Calascio due nuove persone», conclude Cagnoli, «che sembra poco, ma in realtà è controtendenza, perché lo spopolamento rimane il male numero uno delle aree interne dell’Appennino e dell’entroterra abruzzese».
Foto fornite dalla cooperativa Vivi Calascio
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