I disegni dei bambini di Librino sono appesi all’ingresso della palestra, quando la prima squadra dei Briganti ha ripreso ad allenarsi dopo il brutto sogno. L’allenatore Umberto Bonaccorsi chiede ai suoi ragazzi di fare un po’ di flessioni, mentre l’incendio raffigurato in un disegno come un mostro pronto a mangiarsi chi ha appiccato il fuoco è ormai alle spalle. Perché il rugby insegna che dopo una caduta bisogna subito rialzarsi e ripartire. “Avanzare, continuare ad avanzare e sostenersi”, spiega il coach Pio Failla.
I Briganti di Librino sono una squadra di rugby, e molto di più. I tre palloni ovali trovati nel cassettone delle offerte di un supermercato nel 2006 negli anni si sono moltiplicati, salvando la vita a centinaia di ragazzini in un territorio in mano alla mafia. Perché il grido dei Briganti è un inno di libertà davanti a simboli dello spaccio e della droga come il Palazzo di cemento. Perché i Briganti sono anche quegli ortolani che si scambiano consigli tra gli orti sociali che circondano il campo di San Teodoro Liberato. Perché i Briganti sono le attività di doposcuola della “Libreneria”, la biblioteca popolare nata all’interno della Club House, la sede sportiva cancellata dalle fiamme la notte di mercoledì 10 gennaio, con dieci anni di trofei, cimeli, magliette, ricordi e oltre quattro mila libri.
Umberto Bonaccorsi
“Non avevamo ricevuto nessun tipo di avvertimento”, racconta Piero Mancuso, tra i fondatori dell’associazione Briganti Rugby di Librino, “Ama l’ovale odia il razzismo è il nostro motto, e sicuramente abbiamo fatto delle manifestazioni che in passato hanno infastidito qualcuno, come il corteo “orgoglioso antirazzismo” del 16 settembre.” I Briganti definiscono ciò che è accaduto la notte di mercoledì un attentato: “Non avevamo mai subito qualcosa del genere, solo atti di vandalismo o furti di rame che da queste parti sono all’ordine del giorno. La Club House era il luogo dove poter babbìare”, che in siciliano significa chiacchierare del più e del meno, in allegria, come se non ci fosse un domani, continua Mancuso.
Piero Mancuso
Per babbìare ci sarà ancora tempo. Dopo aver ripristinato l’acqua per le docce, i Briganti di Librino sono stati inondati da messaggi di solidarietà e da donazioni: dal mondo sportivo e dell’associazionismo, a quello delle istituzioni. “Neanche un giorno deve essere perduto. Secondo le prime stime con 150-160 mila euro ce la dovremmo fare”, ha detto all’indomani dell’incendio il sindaco di Catania, Enzo Bianco. Anche il presidente della Camera, Laura Boldrini, ha espresso la sua vicinanza alla squadra, mentre è attesa la visita del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
“Alzarsi dopo un placcaggio è nel dna dei Briganti”, spiega il presidente Stefano Curcuruto che in questa gara di solidarietà, non riesce a stabilire chi sta facendo di più. “La mattina successiva all’incendio sono venuti i ragazzi del palazzo dove prima c’era il nostro centro sociale, hanno fatto una colletta. Ci hanno commossi”, aggiunge Mancuso.
L’idea di comprare i tre palloni ovali era nata proprio nel centro sociale intitolato a Iqbal Masih, il ragazzino pakistano assassinato nel ’95 perché lottava per i diritti dei bambini lavoratori. “Inizialmente dovevano essere dei palloni da basket, ma non si sa perché qualcuno li ha comprati da rugby, così è nato un laboratorio sportivo e poi la squadra”, raccontano Angelo Scrofani, il capitano dei Briganti, Ugo Mastroeni, mediano di mischia, Antonio Caserta, pilone, Salvatore Gambino, tre quarti centro, e Mario La Rosa, il nutrizionista del team che si dedica agli orti sociali.
Oggi l’associazione rugby Briganti vanta più di 150 iscritti, una trentina di volontari tra staff, dirigenza, educatori. Le squadre vanno dall’under 10 all’under 18, oltre ai Seniores (la prima squadra) e le Brigantesse. I bambini che giocano a rugby si portano dietro le loro famiglie cambiando così il volto a un quartiere di oltre 70 mila abitanti, progettato negli anni ’70 dall’architetto Kenzo Tange come una città ideale, rimasta incompiuta per via delle forti infiltrazioni mafiose. “Sono ragazzi consapevoli del contesto da cui provengono e proprio per questo in campo non si risparmiano. Qui trovano una famiglia”, spiega Manfredi Asero, psicologo del team dei Briganti.
La storia dei Briganti è anche la storia del campo di San Teodoro “Liberato”, dopo l’occupazione, loro preferiscono “liberazione”, del 25 aprile 2012. Il campo da gioco progettato per le Universiadi del 1997 è stato abbandonato per anni, degradato, dimenticato. I Briganti di Librino ne hanno avuto cura, fino a “liberarlo” e ad appropriarsene grazie anche all’interesse dell’ex procuratore di Catania, Giovanni Salvi, che aveva subito intuito l’importanza del lavoro di “questi bravi ragazzi” in un quartiere ferito. I primi allenamenti nel campo di San Teodoro Liberato cominciano nel 2007, il debutto arriva invece nella stagione successiva.
Il Briganti di Librino con le loro iniziative di legalità diventano sin da subito un centro di aggregazione sociale per gli abitanti del quartiere. Gli anziani cominciano ad appropriarsi degli orti sociali, 75 fette di terreno, ognuna di 35 metri, per 75 rispettive famiglie. Gli ortolani si incontrano qui tutti i giorni, come Giancarlo che ha raccolto cavolfiori e cime di rapa prima di partecipare all’assemblea pubblica voluta dalla squadra per gestire al meglio la gloriosa ripartenza.
Da Libera al mondo universitario, dalle chiese limitrofe ai boy scout della provincia di Catania, tutti con guanti e mascherine per sgomberare la seconda delle due palestre e creare una nuova Club House che come recita un cartellone: “Sarà più bella di prima”. Il posto d’onore sarà per la nuova “Libreneria”: “Ricordo i primi libri, erano cinque copie del Piccolo Principe”, racconta Angela Scialfa che con Rachele, Valeria, Arianna e Giuseppe hanno dato vita, il 26 ottobre 2014, alla biblioteca popolare di Librino. “Avevamo tante sezioni, dai libri per ragazzi ai fumetti, organizzavamo reading di poesia e eventi per i bambini come la domenica ludica: c’era un ragazzino, Jonathan, che veniva ogni settimana per giocare a Tabù. E facevamo il doposcuola: vogliamo che bambine come Jasmine, Aurora e Ylenia si iscrivano all’università”.
Angela apre alcuni cassetti con parte del materiale di cancelleria che è arrivato: quadernoni, matite, un libro d’inglese. “Chiediamo di mandare tutti i libri a Casa di Momo, dell’associazione Zelos di Acireale. Non appena avremo una nuova struttura, li trasferiremo tutti”, aggiunge Angela. Le donazioni – spiegano i Briganti dalla loro pagina Facebook – possono arrivare anche mediante una birra da offrire agli amici. “Perché basta oltrepassare quel cancello e bere due birre per essere un brigante” spiega Angelo Scrofani.
La seconda palestra, con le vetrate perforate da proiettili, è quasi ripulita del tutto. La Club House con la nuova “Librineria” rinasceranno qui. A pochi metri dai locali messi sotto sequestro dalla Procura di Catania che sta indagando su quanto accaduto, con quella maglia numero 23 incorniciata all’ingresso che era del compagno di squadra Giuseppe Mastroeni, per tutti Pippo Peppe. “Perché il rugby è riscatto”, come dice Valentina Mazzeo, capitano delle Brigantesse.
I Briganti di Librino sono già ripartiti, avanzano e si sostengono, in attesa di quel terzo tempo che nel rugby è, a fine partita, il momento di ritrovo tra le due squadre. Il luogo dove si stringono amicizie, si mangia, si beve, si ride insieme. Il terzo tempo che deve per forza esserci.
Il terzo tempo dei Briganti di Librino
Testi e Foto a cura di Alessandro Puglia
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.