«È normale essere presi per folli, anche perché il cristianesimo in sé è follia per il mondo». Così risponde Arnoldo Mosca Mondadori alla questione che Monica Mondo solleva, nel loro ultimo libro Il farmaco dell'Immortalità. Dialogo sulla vita e l’Eucaristia (pagine 96, euro 10), edito da Morcelliana. Un libro di fede, ma anche di un impegno attivo.
Fede e impegno
Mangiare il corpo di Cristo fu uno scandalo per i pagani e un mistero per i cristiani. Oggi? Chi parla ancora della reale presenza di Dio in un pezzo di pane? Eppure, quella presenza «non può lasciarci tiepidi o indifferenti». Se poi un intellettuale afferma di sentire e vedere realmente Cristo nell’Eucaristia, lo consideriamo un folle o qualcuno che merita d’essere incontrato.
Arnoldo Mosca Mondadori merita senz'altro di essere incontrato. Figlio di Paolo Mosca e di Nicoletta Mondadori, pronipote di Arnoldo Mondadori, fondatore dell’omonima casa editrice Arnoldo Mondadori Editore, è mistico e poeta, scrittore ed editore. Ci accoglie con una gentilezza d'altri tempi o, forse, d'altri mondi. Fede e impegno, dicevamo.
Un giorno, racconta , «nell’anno della Misericordia, il 2015, sono andato nel carcere di Opera, e ho proposto a Giacinto Siciliano di poter aprire un laboratorio di produzione di ostie. Ha accettato subito. Sono stati coinvolti tre detenuti, tre persone che avevano ucciso ma che erano realmente cambiate interiormente, e hanno iniziato a produrre, con piastre manuali, ostie. Ostie che sono state richieste da centinaia di chiese in Italia e nel mondo. Il patto era ed è questo: le ostie vengono donate a chiunque le chieda ma si chiede al sacerdote di parlare durante la Messa del senso dell’Eucaristia nella nostra vita. Il progetto si chiama “Il senso del pane”. Ad oggi sono state prodotte e donate oltre due milioni di ostie, che non hanno un valore numerico: ognuna di essa è l’intenzione di parlare a una persona precisa e porla di fronte al mistero eucaristico».
Il Cristianesimo ci ri-orienta nel mondo, ci libera dall’ossessione dell’immanenza, ma attenzione. Attenzione, perché la verità è, anche, la realtà
Arnoldo Mosca Mondadori
Immortalità e dono
Il farmaco dell’immortalità: un titolo bellissimo e, per i nostri tempi, disarmante…
Rispetto all’immortalità provo sempre un certo spavento. Uno spavento per quello che vuole fare l’uomo, quasi volesse sfidare Dio rispetto a un’immortalità cercata sulla terra. Pensiamo agli esperimenti di ibernazione, di criogenesi…
Pensiamo anche all’ “Immortality Project” di Peter Thiel, uno dei “padri” della Silicon Valley, che oggi ha abbandonato, primo finanziatore di Facebook. Pare un’ossessione sconcertante, che non sconcerta più nessuno.
Al contrario, l’attualità sconcertante del Cristianesimo rimane: l’unica possibilità di eternità ci è data da Cristo. «Chi mangia di questo pane, vivrà in eterno» (Giovanni 6, 51-58): il pane, questo pane, ci dà la vita eterna. Per questa ragione i Padri chiamano l’Eucaristia «farmaco dell’immortalità», nel senso che questo farmaco è lo stesso Dio che ci permette di vivere per sempre in lui.
C’è un’idea del dono, mentre nel progetto di un’immortalità “immanente” c’è superbia…
L’uomo corre il grandissimo rischio di dimenticarsi una cosa, ma è la cosa fondamentale: noi dipendiamo. Dipendiamo da cose molto semplici: acqua, acqua, aria. Istintivamente sappiamo di dipendere da qualcosa, ma al tempo stesso ci dimentichiamo che spiritualmente dipendiamo da Dio. Questo dimenticarsi della dipendenza spirituale è il peccato originale. Da qui, parte l’inferno dell’uomo che pensa di salvarsi da solo. Ma questa presunzione rende l’uomo sterile, perché lo svuota della sua stessa natura.
Ne Il mio cuore messo a nudo, Charles Baudelaire fa una considerazione cruciale, chiedendosi quando ha avuto inizio la modernità. Il moderno, scrive, non è iniziato col gas o con la forza vapore, ma è iniziato quando abbiamo dimenticato il peccato originale.
Se ci dimentichiamo della dipendenza originaria, ci dimentichiamo di tutto. Appena si nomina la parola “peccato”, sembra ci si riferisca a una parola antica. Dimenticarsi del peccato, come dice Baudelaire, non è essere senza peccato. Dimenticarsi del peccato è il vero peccato. La vita del cristiano, invece, è una vita in cui l’uomo si trova a scegliere, ad ogni istante, tra una vita di coscienza e di non consapevolezza, tra una vita di verità e una vita in cui si sceglie la non verità. Il Cristianesimo ha a che fare profondamente con ogni coscienza umana. Ci dimentichiamo che il Cristianesimo non è una “religione” confinata nei libri di storia, ma un’incarnazione, Cristo.
Il Cristianesimo ha in sé un elemento molto corporeo, materiale che tendiamo a non prendere in considerazione. L’incarnazione è stata sostituita dalla ginnastica, se mi permetti una battuta…
Nella cultura contemporanea c’è quasi la negazione che esista realmente e sia realmente presente nel mondo questo essere vivente, Cristo. Per secoli e secoli non è stato così, ma oggi viene negato questo fatto.
Perché viene negato?
Viene negato perché è scandaloso. Ma era scandalosa anche la sua resurrezione. In se stessa, la sua incarnazione è qualcosa di così straordinario che gli uomini stentano a crederci. Stentano a credere a questo dono, ma quando ci si apre – quando l’anima lascia un varco, una fessura – a questa inaudita bellezza, allora viene toccata e non può che rispondere col ringraziamento.
Il Cristo dell’Eucaristia tocca l’anima, e l’anima che viene toccata nelle sue profondità più abissali – dove solo Cristo, quindi Dio, può arrivare – è così felice di essere toccata in questo suo centro che risponde capendo di aver ricevuto il dono più grande fra tutti i doni possibili: l’amore di Dio. L’anima ha sete solo di questo. Ha sete d’Infinito. Vuole essere posseduta dall'Infinito.
L'anima ha sete d'infinito
Questa esperienza del dono, ci apre al dopo. Siamo ossessionati dalla morte, spingiamo per la sua “immannetizzazione”, e così ci dimentichiamo dell’immortalità. Pur inseguendola, ma per la strada sbagliata. Che ne pensi?
Il Cristianesimo ci ri-orienta nel mondo, ci libera dall’ossessione dell’immanenza, ma attenzione. Attenzione, perché la verità è, anche, la realtà. Quando Cristo dice “io sono la verità” indica anche la realtà. Invece noi viviamo lontani dalla verità e, al contempo, lontani dalla realtà. Viviamo nell’illusione di essere salvati dai soldi, dal potere, dai nostri nascondigli terrestri. Cristo ci indica la vera realtà. Con la sua presenza nel mondo e nella relazione con lui, già ora, in questo passaggio sulla terra, apprendiamo la realtà della cose.
Un esempio?
Ad esempio che verremo trasfigurati e, anche con la nostra umanità, entreremo in Dio e c’è la resurrezione del corpo. La resurrezione del corpo è forse sconcertante, ma è vera: è una realtà. Cristo non ci pone problemi di possibilità teologica, ci sta indicando la realtà.
«Col mondo del potere non ho avuto che vincoli puerili» scriveva Osip Mandel'stam. Tu hai ricoperto ruoli apicali e di “potere” all’interno di grandi aziende, come hai mantenuto il tuo equilibrio?
Quando ho avuto modo, anche casualmente, di trovarmi in luoghi di “potere” ho sempre concepito questo potere come servizio. Per me il potere è solo servizio. Ho sempre sentito forte il pericolo di cosa può provocare all’uomo il potere, per cui mi diverte molto vedere come quando finisce un servizio e ne inizia un altro. Passo da un servizio all’altro e, magari, quest’ultimo può essere un servizio che non appare. Dio ci usa come vuole lui, siamo sempre e solo strumenti. Tener viva in noi la parte dell’infanzia, questo è importante. Perchè se in noi non rimane accesa l’infanzia spirituale, cadiamo nel vuoto del potere, siamo dei morti in vita. Per questo, l’Eucaristia ci fa risorgere già in questa vita, cioè ci fa tornare vivi, ci riaccende.
Toccati da una disarmante Bellezza
Il tuo libro è assolutamente disarmante rispetto ai tempi, ma è anche assolutamente centrato rispetto ai tempi: è spiazzante.
Credo ci sia necessità, oggi, di pronunciare alcune cose che tralasciamo e sono quasi dei tabù. è un tabù parlare della resurrezione del corpo ed è un tabù dire che la vita non può essere scartata per risolvere un problema, come nell'aborto. Sento in me la necessità di dire qualcosa che per me è talmente vivo, da doverlo dire. Vedo il libro come una testimonianza di qualcosa che è reale, non ho alcun merito di bontà e nessun merito rispetto a quello che racconto. Testimonio qualcosa che vedo.
Questo si capisce dal libro che hai scritto con Monica Mondo. Non c’è astrazione, c’è un’esposizione di sé. Questa forma di testimonianza è spiazzante, induce una domanda: perché quest’uomo si è aperto così?
La tua risposta qual è?
Che è un essere toccati che tocca. Questo libro è una testimonianza che vibra.
Racconto ciò che mi è capitato. Dopo tanti anni che ho la grazia di sentire e percepire la presenza del Cristo, questa presenza è talmente tangibile e importante per l’anima che la stessa anima lo dice. Non c’è un lavoro intellettuale, di mediazione: è l’anima innamorata che parla del suo innamorato. E questo innamoramento nasce soltanto dal fatto che l’anima è stata toccata dal viso di questo essere vivente la cui bellezza è insuperabile. La bellezza di Cristo è insuperabile, per cui quando ci si accorge di quella bellezza si viene vinti. Impossibile resistergli.
Una bellezza nuda…
Bellezza di una semplicità assoluta. Dio è di una semplicità assoluta, arriva diretto all’uomo, senza sovrastruttura. Cristo è libero, non lo si può ingabbiare. Il pericolo è pensare di dominare questa bellezza…
Il tuo richiamo alla bellezza ci porta su un grande tema del Cristianesimo: la contemplazione. In un mondo dominato dalla frenesia, quella frenesia che Josef Pieper individuava come forma moderna dell’accidia, la contemplazione è una virtù dimenticata, come l’attenzione d’altronde…
Pensiamo ai nostri figli o alla persona che amiamo e pensiamo a come il loro viso ci incanta e ci riempie di stupore. Questo stesso sguardo è la base per capire la relazione di sguardo che si ha con il Cristo nell’Eucaristia. I nostri occhi sono guardati dal Cristo e lo guardano: è solo uno sguardo, ma in questo sguardo c’è tutto. Io credo che questo sguardo avvenga nelle profondità di noi stessi, è uno sguardo di dentro. Dentro avviene il sublime.
L'OSPITE
Arnoldo Mosca Mondadori è figlio di Paolo Mosca e di Nicoletta Mondadori ed è pertanto pronipote di Arnoldo Mondadori, fondatore dell’omonima casa editrice Arnoldo Mondadori Editore. Editore, saggista e poeta è stato il curatore dell’opera mistica della poetessa Alda Merini tra il 1998 e il 2009, pubblicata da Frassinelli. È segretario generale della Fondazione Benedetta D’Intino. È membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori. È membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Cariplo. Dal 2010 al 2013 è stato Presidente del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. Dal 1999 è ministro straordinario dell’eucarestia, è inoltre, direttore della collana "Scritture profetiche", edita da Morcelliana.
Tra i suoi libri: La Seconda Intelligenza, pref. di G. Canobbio, Morcelliana, Brescia 2010; Cristo nelle costellazioni, Morcelliana, Brescia 2012; La lenta agonia della Beatitudine, pref. di P. Sequeri, Morcelliana, Brescia2013. Arnoldo Mosca Mondadori ha scritto anche due saggi di teologia: La fede è un bagaglio lieve (con P. Riches) Sperling&Kupfer, 1995/Mondadori, Milano 2000; La rivoluzione eucaristica, Morcelliana, Brescia 2015; Eucaristia, energia per l’universo, cammino liturgico-missionario verso la Pasqua 2015, Emi, Bologna 2015. Ha inoltre curato, con A. Cacciatore e S. Triulzi, il volume: Bibbia e Corano a Lampedusa, La Scuola, Brescia 2014.
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