La disintermediazione, tentazione crescente anche sul piano istituzionale, li aveva relegati a un ruolo di secondo piano. La democrazia diretta e il peso crescente delle piattaforme nella nostra società sembravano prossime a decretarne la fine. Ma un anno di pandemia ha mostrato l'esigenza di ripensare il nostro rapporto con i corpi intermedi. Prende spunto da questa esigenza l'ultimo lavoro, Perché insieme. Natura umana e corpi intermedi (Guerini e associati, 2021), di Michele Tronconi.
Imprenditore tessile con un lunga esperienza associativa, Tronconi ha ricorperto vari incarichi, a partire dalla presidenza del Gruppo Giovani dell'Unione Industriali di Varese. È stato anche nella giunta e nel Direttivo di Confindustria. Nel suo lavoro, Tronconi analizza la storia, le vicende, ma anche i presupposti antropologici e culturali che hanno portato alla nascita, all'evoluzione, alla crisi e al recente ritorno in prima linea delle associazioni. Da quelle dell'industria a quelle dell'artigianato, dai sindacati al non profit.
Corpi intermedi e rappresentanze si sono trovate nell’epicentro della crisi-Covid in un momento particolare della loro e della nostra storia: l'epoca della disintermediazione e dei populismi. Da anni si parlava di crisi delle rappresentanze. Le rappresentanze sono, probabilmente ancora in crisi ma qualcosa sta cambiando…
Il Covid-19, come ogni pandemia avvenuta nella storia, pone l’esigenza collettiva sopra quella individuale. In un mondo come il nostro, improntato all’individualismo la pandemia ha comportato un cambio di priorità, che ha riportato l'attenzione su quei meccanismi e quegli apparati che consentono di riportare gli individui ad essere ascoltati evidentemente non più solo come individui, ma come persone che condividono una condizione comune. E in questa condizione fanno e vivono qualcosa "insieme". C’è chi è tornato a usare il sindacato, chi a collaborare con l’associazione di quartiere e via dicendo. Ma il dato fondamentale è il ritorno sulla scena di modi che permettono di far sentire un’esigenza e, nello stesso tempo, permettono a chi governa di interloquire in maniera mediata con l’individuo. Si è dunque riscoperta la necessità dei corpi intermedi.
Una necessità concreta, dunque?
Pensiamo al marzo dello scorso anno. Con chi si è convenuto di chiudere le aziende, mediando su tempistiche, modalità, necessità (ci sono aziende a ciclo continuo che non possono fermarsi da un momento all’altro)? Precisamente con i corpi intermedi, che hanno riacquistato una funzione importante nel processo consultivo e decisionale.
La democrazia rappresentativa, oggi, ha un problema di entropia: i corpi intermedi sono un antidoto a questa entropia
Michele Tronconi
Ovviamente esistono aspetti interni ai corpi intermedi, aspetti che vanno gestiti in maniera nuova. Ma adesso è possibile mettere mano a questi aspetti proprio perché in conseguenza della pandemia è diventata chiara a tutti la loro necessità.
Potremmo cominciare a considerare i corpi intermedi delle istituzioni?
Istituzione è termine che viene utilizzato in tante discipline, quindi ci sono tanti punti di vista su questo termine. Fortunatamente ci sono anche degli elementi in comune: tecnicamente un’istituzione e riducibile a una procedura convenuta. Importantissimo è questo termine “convenuto”, ossia il fatto che siamo d'accordo che per fare una cosa bisogna seguire una serie di comportamenti. Insieme dobbiamo fare alcune cose per raggiungere un obiettivo che, evidentemente, è condiviso.
In questo senso è vero che le associazioni – quando sanno essere autorevoli, e per essere autorevoli bisogna essere coerenti nel tempo – sono istituzioni. Quando un’associazione sa essere autorevole e comunicare continuamente la propria presenza, trasformando l’interesse individuale in un interesse condiviso, sa essere istituzione. Istituzione è un modo per raggiungere questo interesse condiviso.
Parliamo di corpi intermedi in una logica pluralista…
Per me è un plus, ma per molti è un problema. Ci si chiede perché il medesimo interesse può essere rappresentato da più associazioni e corpi intermedi. Tipicamente il mondo sindacale si esprime con diverse sigle. Succede anche nel mondo datoriale, pensiamo agli artigiani che hanno più sigle anche in termini federativi. È lecito ovviamente chiedersi chi rappresenti davvero un dato interesse, ma in un’ottica pluralistica un apparente problema ha il vantaggio di consentire un confronto capace di definire al meglio l’interesse comune. A condizione, ovviamente, che questi corpi intermedi sappiano creare le condizioni interne e esterne di autorevolezza. Solo l’autorevolezza genera ascolto da parte delle altre istituzioni.
Nei momenti di bisogno è capitato che le cose funzionino meglio e che leadership e membership vadano a braccetto. Bisogna però fare tesoro di questa esperienza e continuare oltre l’emergenza sanitaria. Dobbiamo fare tesoro del fatto che c’è stato un ritorno sulla scena di certi attori collettivi, ma dobbiamo spingere avanti verso una maggiore consapevolezza di sé.
In una società che ha sempre più bisogno di connettere conoscenza e competenza con i livelli decisionali qual è il vantaggio del corpo intermedio?
Il corpo intermedio è una sorta di camera di compensazione che mette a confronto l’individuo che ha poche informazioni e l’individuo che, pur avendo la medesima esigenza, ha meno informazioni. Il corpo intermedio, legando queste due tipologie di individui, crea una struttura complessa che riduce le asimmetrie, le compensa e infine orienta le migliori informazioni verso i livelli di decisione più efficaci.
Le associazioni hanno inoltre l’indubbio merito di far funzionare meglio la democrazia rappresentativa, come la conosciamo e per come è strutturata dalla nostra Costituzione. La democrazia rappresentativa, oggi, ha un problema di entropia: i corpi intermedi sono un antidoto a questa entropia.
Il corpo intermedio, però, non è solo un mezzo di comunicazione o un megafono per far ascoltare certe esigenze: è anche uno strumento di controllo, perché ha una funzione avversativa rispetto a chi governa.
Nel suo libro Perché insieme (Guerini, 2021), analizza i motivi per cui i corpi intermedi sono andati in crisi…
Uno dei motivi di questa crisi è senz’altro legato al fatto che non c’è stata più inflazione. L’ingresso della Cina nel commercio internazionale ha permesso di deflazionare i mercati. Inondando i mercati occidentali di prodotti a basso costo, la Cina ha fatto in modo che si innescasse un elemento deflattivo. Il venir meno dell’inflazione ha ridotto l’importanza della concertazione. Il Governo, ad un certo punto, non aveva più bisogno di confrontarsi con le parti sociali per tenere bassa l’inflazione. La concertazione è finita nel cono d’ombra, quando non è stata addirittura accantonata. Un fatto simbolico è la chiusura della «sala verde».
Ricordiamo che proprio in questa sala, il 23 luglio 1993 Governo, imprenditori e sindacati firmarono il Protocollo Ciampi-Giugni che sanciva il criterio della concertazione con le parti sociali…
Oggi, però, siamo davanti a una stagione diversa. Una stagione che, purtroppo, vedrà una ripresa dell’inflazione. Nei prossimi anni, di conseguenza, tornerà anche l’esigenza della concertazione.
Ultimamente si parla molto di «concertazione condivisa»…
Ma la concertazione è, di fatto, qualcosa di condiviso. Serve tornare al confronto. Ovviamente dobbiamo uscire da una visione sbagliata: la presenza di corpi intermedi non significa avere in sé e per sé un grande accordo su ogni questione. Dobbiamo accettare che ci sia il conflitto. Il conflitto non deve, ovviamente, evitare il confronto ma, al tempo stesso, deve evitare l’omologazione acritica. Il confronto non può essere sempre armonico. Le esigenze, in una popolazione vasta, sono sempre molteplici ed è giusto che si confrontino e, in alcuni casi, sempre nel limite della correttezza, confliggano.
In questi anni il tema del conflitto è stato al centro di un singolare paradosso. Da un lato, abbiamo messo la sordina al conflitto positivo. Dall’altro, sono emerse forme di conflittualità sempre più elementari, legate a una logica «amico versus nemico». La formula fondamentale della politica (amico-nemico) come individuata da Carl Schmitt, però, se non ha qualcosa in mezzo rischia di consegnarci a una conflittualità molecolare, diffusa… La logica politica dei corpi intermedi potrebbe, invece, essere intesa anche come mitigazione dei due poli della conflittualità politica…
Sulla questione amicus-hostis, non dobbiamo dimenticare che nell'ottica di Carl Schmitt, che la pose alla base della sua definizione di politica, il nemico è esterno alla comunità. Ma quando parliamo di conflitto, dobbiamo stare attenti a non sovrapporre le logiche. Conflitto, in chiave sociale e relativamente ai corpi intermedi, significa farsi portatori di istanze e interessi diversi cercando di sostenere queste istanze e questi interessi in una dialettica. Senza questa versione positica del conflitto, ovviamente il rischio è che si ricada in logiche amico-nemico che sul piano sociale interno possono essere pericolose.
Al tempo stesso, però, il termine "conflitto" introduce a ciò che Pierre Rosanvallon definiva "contro-democrazia": un meccanismo di confronto che permette alla democrazia degli eletti di funzionare. I soggetti di questa contro-democrazia, che è una politica attiva e allargata, fuori dalla dimensione meramente partitica, sono appunto i corpi intermedi. La funzione del corpo intermedio e dei suoi membri non deve essere quella di cambiare casacca e passare dalla parte degli eletti. La sua funzione è quella di svolgere questa attività avversativa, di controllo e al tempo stesso di proposta.
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