Giovani

Il primo giorno di scuola vi raccontiamo la “non scuola”

di Anna Spena

La non-scuola è nata a Ravenna 25 anni fa. Poi si è diffusa in tutta Italia e all'estero. A pensarla il regista Marco Martinelli e sua moglie, l'attrice Ermanna Montanari. Le varie esperienze di non-scuola sono raccontate nel libro "Aristofane a Scampia". La periferia napoletana è stata fondamentale per lo sviluppo di questo nuovo "metodo" teatrale dove vale una sola regola: «deve essere uno spazio di libertà», ci dice Martinelli. «Gli adolescenti? Sono creature fragili e affamate di amore»

«Teniamo le porte aperte ai giovani. Sono loro i germogli che tengono un luogo vivo». È da questa magnifica intuizione di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, tra i fondatori del Teatro delle Albe, che nasce la non – scuola.

«Fare teatro con i giovani è il punto di messa in vita e non una messa in scena», ci racconta Martinelli che per la casa editrice “Ponte Alle Grazie” ha appena pubblicato “Aristofane a Scampia” dove racconta da movimento a movimento, da regione a regione, dall’Italia all’estero la storia bellissima della non – scuola che ha catapultato dentro il teatro centinaia di giovani per far vedere veramente quello che è l’umano: «Un senso di bellezza profonda, incarnata», come lui lo definisce.

Il fuoco è il mio modo di vivere, e vedere la vita e di pensarla solo ad una certa temperatura. Noi siamo esseri caldi. Viviamo solo se la temperatura del desiderio ci spinge e ci sorregge, il fuoco è l’immagine di questo desiderio

Marco Martinelli

Oltre vent’anni di lavoro e un testo che li raccoglie tutti con un prologo che non lascia spazio a luoghi comuni e che si dovrebbe tenere sempre a mente: “Gli adolescenti non sono come li pensate”. Ed oggi – primo giorno di scuola – sembra essere ancora più incisivo: «Parlo a voi, genitori, insegnanti. A voi che vivete i vostri figli o alunni come un enigma. Parlo a quelli, tra voi, che pensano agli adolescenti come alieni di un altro pianeta: e non solo in questo modo li pensano, ma se li vivono così ogni giorno, in famiglia o in classe: schiavi dei telefonini, passivi, con sguardi autistici. Le lamentele private e pubbliche riempiono ormai le conversazioni e la letteratura di questi “tempi bui”: gli adulti sono sempre più disarmati e impotenti davanti a questa nuova specie umana, interessata a nulla, non più ribelle, come lo sono stati tanti loro genitori, o i loro nonni, come siete stati forse voi che mi leggete, ma distratta, perennemente distratta. Così li vedete, i vostri figli o alunni, così molti tra voi li vedono: apatici, abulici, menefreghisti, opportunisti, barbari che stanno silenziosi in disparte e, se parlano, parlano una lingua incomprensibile, senza desideri, in fondo in fondo cinici, “perfezionisti della negligenza”, “sdraiati”. Bene, perdonate se vi contraddico: non sono così».

La prima edizione della non – scuola si tiene a Ravenna 25 anni fa. Il successo è tale che poi la contaminazione sembra essere un fatto naturale: Mazara del Vallo; Lamezia Terme; Belgio; Senegal; in Sardegna poi Milano, Venezia… Un nuovo metodo teatrale che si basa su una sola regola: «la non-scuola è aperta a tutti», spiega Martinelli. «Spazio di libertà e creazione dove ogni corpo racconta qualcosa».

La non – scuola sostanzialmente funziona così: si entra nelle classi con un testo classico di Aristofane o Shakespeare ad esempio, il testo poi di fatto scompare per riapparire solo quando i ragazzi percepiscono l’esistenza di un legame tra loro e l’autore. «Il segreto della non scuola sta nell’alchimia tra i grandi classici e gli “asinelli”, asinelli nel senso che ancora non si sa nulla del teatro e della vita».

Il titolo del libro prende il nome di un capitolo in particolare. Quello che ha visto per cinque anni l’esperienza della non – scuola vivere a Scampia. «Quel quartiere rappresenta un nodo fondamentale della storia della non – scuola».

«Tutto è nato nel 2005 dalla provocazione di Goffredo Fofi, che aveva pubblicato il "Noboalfabeto" nella sua rivista "Lo straniero", e che seguiva con affetto e partecipazione tutto il nostro lavoro: “Facile fare la non-scuola nella civile Ravenna, con questi ragazzini piccolo-borghesi: vorrei vedervi a Scampia!” Io, a Scampia, non c’ero mai stato, sapevo a malapena, per averlo letto superficialmente qua e là, che era un quartiere rischioso della periferia napoletana Amanti delle sfide, non potevamo non accogliere quella che ci era stata lanciata: bene, Goffredo, noi ci siamo. Come si fa ad andare a Scampia?».

Quando Marco ed Ermanna sono arrivati a Scampia era appena finita la guerra di camorra tra il clan Di Lauro e gli scissionisti spagnoli, 70 morti in 5 mesi. «Quando chiesi la mia prima informazione per strada, un ragazzino mi rispose: “Vai dritto, e poi giri a destra, dove hanno bruciato la ragazza dentro la macchina”», scrive Martinelli nel libro.

«Per me gli adolescenti sono gli stessi in tutto il mondo: creature fragili affamate di amore. Ma è normale che a Scampia qualcosa fosse diverso: crescere tra le vele inizia già come una condanna e diventa una grande sfida stare di fianco ai ragazzi e creare insieme altre possibilità di esistenza».

Per Marco Martinelli, una volta arrivato a Scampia, non è stato difficile scegliere “La Pace di Aristofane”. La favola racconta di un vecchio contadino ateniese, Trigeo, stanco della guerra senza fine, che sale in cielo su un enorme “scarabeo stercorario” per liberare la Pace, la divinità tenuta prigioniera dal gigantesco Polemos, in una caverna profonda.

«Il punto di “messa in vita” era lì, ben chiaro sotto gli occhi di tutti: incendi, spari nelle strade, i parenti ammazzati per sbaglio, perché “passavano di là”, corpi decapitati e carbonizzati, la paura e il sospetto, gli elicotteri sopra i palazzi. Il mito antico si sarebbe incarnato in quella terra ferita».

L’esperienza della non – scuola a Scampia è stata molto eterogenea: «Un gruppo di ragazzi proveniva dal liceo classico “Antonio Genovesi” del centro di Napoli, e gli altri tre gruppi da Scampia: dal liceo scientifico “Elsa Morante”, dal Gridas, un centro sociale che faceva capo ai Chi rom… e chi no, e il terzo dalla scuola media “Carlo Levi”».

Il lavoro a Scampia non è stato facile: «Non facevo in tempo a finire la parola “regole”, che era già scattata una rissa, e venivamo travolti». Però quelli sono stati anni gratificanti e pieni. Il progetto della non – scuola ha attecchito come non mai in quel territorio delicato – fragile come i giovani che lo abitavano – che all’esperienza è stato dato un nome proprio:“Arrevuoto”. «Una volta ho chiesto hai ragazzi: “ma noi qui cosa stiamo facendo?” e lor “stamm arrevutand”». L’espressione – tipicamente napoletana ed impossibile da tradurre in italiano – in quel caso significava: stiamo facendo una cosa bellissima, fuori dal comune, una confusione forte. Anche i ragazzi di Scampia a Martinelli hanno insegnato qualcosa: «Alla Levi ci hanno insegnato i cori degli ultras del Napoli. Non c’è niente di così decisivo, nel rapporto adulto-adolescente, come il momento in cui l’adolescente sente che può insegnare qualcosa all’adulto, che è autorizzato, che la relazione di apprendimento si ribalta e non è più a senso unico.

Di tanto in tanto tutte le “non scuole” si incontrano e “vivono” insieme l’esperienza unica non della finzione ma del teatro. L’ultima volta è successo a Milano con lo spettacolo Eresia della felicità. Al Castello Sforzesco a Milano a luglio dello scorso anno.

Duecento adolescenti vestiti in maglia gialla e calzoni neri che “recitavano” le poesie di Majakovskij. «Eresia è un tuffo al cuore ogni volta che la faccio. È nata nel 2011 per il Festival di Santarcangelo. Le persone che ci vengono a vedere sono i testimoni del nostro lavoro, non gli spettatori».

Fuoco. La non – scuola è una fiamma che brucia con la stessa intensità di 25 anni fa. E questa cosa non sorprende: «Il fuoco è il mio modo di vivere, e vedere la vita e di pensarla solo ad una certa temperatura. Noi siamo esseri caldi. Viviamo solo se la temperatura del desiderio ci spinge e ci sorregge, il fuoco è l’immagine di questo desiderio».

Il primo giono di scuola vi raccontiamo la "non scuola"

Testi di Anna Spena

Foto a cura di Mario Spada, Anna Spena, Cesare Fabbri

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