Valerio Bispuri

«Il mio viaggio nella libertà perduta»

di Anna Spena

Contrasto pubblica il nuovo libro di Valerio Bispuri, Prigionieri, un reportage condotto nelle principali strutture carcerarie italiane. Il fotografo restituisce un’immagine diversa delle prigioni: «Dentro le carceri c’è amore. Condivisione. Tolleranza. Parole difficilissime da legare a questo mondo»

La case editrice Contrasto pubblica il nuovo libro di Valerio Bispuri, Prigionieri, un reportage nelle principali strutture carcerarie italiane, che raccoglie tre anni di lavoro e porta avanti il viaggio fotografico cominciato nelle prigioni sudamericane, Encerrados. Che succede a chi è privo di libertà? Come cambia il tempo di chi è rinchiuso? Come cambiano i suoi gusti? Bispuri ha cercato di rispondere a queste domande. Il bianco e nero intenso delle sue fotografie racconta dei drammi personali e dei drammi collettivi di uomini e donne specchio dell’intera società, in un non-luogo fermo nel tempo e nascosto ai margini del mondo. «In questi non-luoghi», dice l’autore, «per tre anni ho visitato dieci carceri italiane e mi sono accorto di come le persone private della libertà cercano di ricostruire abitudini, affetti e di trovare un’alternativa per il futuro, che spesso non esiste».

Com’è nata l’idea?
Questo viaggio nelle carceri italiane è il secondo capitolo di un altro viaggio iniziato nelle prigioni sudamericane. Il primo lavoro si chiama “Encerrados”. Il progetto è un vero un percorso sull’essere umano, sul stato emotivo e psicologico. Che succede a chi è privo di libertà? Come cambia il tempo di chi è rinchiuso? Come cambiano i suoi gusti? La mia fotografia è dedicata la mondo degli invisibili.

Quali carceri hai visitato?
Sono entrato nelle carceri di massima sicurezza, dove sono rinchiusi affiliati camorristi e mafiosi, come Poggioreale a Napoli e l’Ucciardone a Palermo. Ho visitato le realtà delle colonie penali, dove i prigionieri sono parzialmente liberi e possono lavorare al di fuori degli istituti penitenziari, come accade a Isili in Sardegna. Mi sono immerso nella dimensione delle carceri femminili: nell’antico monastero di Venezia; a San Vittore a Milano e a Rebibbia a Roma. Sono stato in piccole dimensioni carcerarie e in enormi istituti penitenziari. Ho potuto osservare strutture nuove, come il carcere di “Capanne” a Perugia e piccoli istituti come a Sant’Angelo dei Lombardi.

Cosa hai trovato nelle carceri?
Una parte di umanità che facciamo fatica ad accettare. Quando qualcuno sbaglia per noi è importante che venga rinchiuso e che “la chiave sia buttata”. Poi smettiamo di farci domande su quella persona.

Cosa hai visto da dentro che chi è fuori non riesce a percepire?
Che dentro le carceri c’è amore. Condivisione. Tolleranza. Parole difficilissime da legare a questo mondo. Ecco io con Prigionieri non volevo denunciare la situazioni delle carceri in Italia. Ma solo raccontare l’umanità che c’è dentro.

Come li hai coinvolti? Come li hai convinti a lasciarsi fotografare?
Raccontandogli la verità. Che quel progetto non era solo il mio progetto, ma il nostro. Una cosa da fare insieme. Gli ho detto “aiutatemi ad entrare nella vostra dimensione” e questa cosa gli è piaciuta.

Ci sono state storie che ti hanno colpito più di altre?
Ci sono tante persone in carcere che in realtà non vengono da un percorso criminale. Ma hanno avuto una cosa che io chiamo blackout. Lo so che è difficile da spiegare. Mi ricordo di questo ragazzo di Firenze che aveva bevuto troppo. La sua mente una notte si è oscurata, con la macchina ha imboccato contromano la tangenziale di Napoli uccidendo due persone, tra cui la sua compagna. Non ricorda molto, solo che aveva bevuto qualche birra di troppo. Nella sua stessa cella da qualche settimana c’è anche un detenuto accusato di omicidio: anche la sua mente all’improvviso ha fatto click e ha ammazzato tre persone per un litigio tra vicini di casa.

VALERIO BISPURI (Roma, 1971) è fotoreporter professionista dal 2001 e collabora con numerose riviste italiane e straniere.
Per dieci anni ha lavorato al progetto “Encerrados”, sulla vita in 74 carceri maschili e femminili nei paesi sudamericani, che nel 2015 è diventato un libro edito da Contrasto. Nel 2017, dopo oltre 14 anni, ha concluso un altro progetto sulla dif- fusione e gli effetti di una nuova droga chiamata “paco”, diventato anch’esso un libro (Contrasto, 2017). Il lavoro di Bispuri ha ricevuto numerosi premi internazionali ed è stato esposto in diverse città, in Italia e all’estero.

01.Carcere dell’Ucciardone, Palermo, 2016; 02. Poggioreale, Napoli, 2015; 03. Rebibbia Femminile, Roma, 2018; 04. Carcere dell’Ucciardone, Palermo, 2016; 05. Carcere di Bollate, Milano, 2018; 06. Carcere di San Vittore, Milano, 2018; 07. Carcere di San Vittore, Milano, 2018; 08. Regina Coeli, Roma, 2016

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