Fabio Ciconte

Il consumatore consapevole? Non basta più

di Rossana Certini

Fabio Ciconte, attivista ecologista e co-fondatore dell’associazione Terra!, torna in libreria con "Il cibo è politica". Un libro che ribalta l’idea che basta essere consumatori consapevoli per cambiare il mondo: «Mangiare non è più solo un gesto etico, ma politico. In questi anni invece all’aumentare del consumo consapevole è diminuita la partecipazione politica». Un invito a rimettere al centro il ruolo non del consumatore ma del cittadino: perché oggi come cittadini possiamo tutto

Il cibo è politica. È netto il titolo del nuovo libro di Fabio Ciconte, edito da Einaudi. Un titolo diretto, che non lascia spazio a dubbi: il cibo è al centro delle grandi sfide del nostro tempo – ecologiche, sociali e climatiche – e può essere parte della soluzione.

«In questi anni mi è capitato spesso, parlando di cibo, di sentirmi chiedere: “Ma io, come consumatore, cosa posso fare?”», racconta Ciconte, co-fondatore dell’associazione ambientalista Terra! e autore esperto di agricoltura e filiere alimentari. «Ho sempre risposto, un po’ per educazione, un po’ perché ci credevo davvero, spiegando che si poteva comprare cibo bio, equo e solidale o a chilometro zero. Diventare, cioè, consumatori consapevoli. Ma col tempo mi sono accorto che questa risposta, ripetuta tante volte, ci ha portati a dare un’importanza enorme al consumo consapevole come unico generatore di inversione di tendenza. Abbiamo finito per dare più peso al nostro ruolo di consumatori che a quello, ben più ampio, di cittadini ed elettori».

Abbiamo dato troppa importanza al consumo consapevole come unico generatore di inversione di tendenza. Abbiamo finito per dare più peso al nostro ruolo di consumatori che a quello, ben più ampio, di cittadini ed elettori

Fabio Ciconte, scrittore

Quindi il libro vuole dare nuove risposte?

Diciamo che con questo libro vorrei provare a rompere questo meccanismo. Vorrei invitare le persone a smettere di pensarsi solo come consumatori che, con le proprie scelte d’acquisto, possono cambiare il mondo, e a iniziare a riconoscersi come cittadini: persone che, con le proprie decisioni, la propria partecipazione e le proprie richieste, possono davvero cambiare le cose.

Dunque è finita l’era del consumo consapevole?

Assolutamente no, ma è evidente che ci troviamo in una nuova fase sociale. Non tutti possono permettersi il lusso di essere consumatori consapevoli. Per molte persone fare la spesa è già di per sé una scelta, perché non lavorano o non guadagnano abbastanza. Non è colpa loro se non possono acquistare in modo etico o sostenibile. Ci troviamo di fronte a un paradosso: il cibo, oggi, costa troppo e allo stesso tempo troppo poco. Costa troppo per milioni di persone che fanno i conti con difficoltà economiche quotidiane, che devono ingegnarsi per mettere insieme pasti dignitosi senza rinunciare a nulla di essenziale. E costa troppo poco per chi lo produce, perché quei prezzi bassi spesso non bastano per remunerare adeguatamente chi il cibo lo produce e per fare in modo di non scaricare tutti i costi sull’ambiente.

Siamo in una nuova fase sociale. Non tutti possono permettersi il lusso di essere consumatori consapevoli. Per molte persone fare la spesa è già di per sé una scelta, perché non lavorano o non guadagnano abbastanza. Non è colpa loro se non possono acquistare in modo etico o sostenibile

Fabio Ciconte

Ma allora cosa possiamo fare?

Quando, diversi anni fa, abbiamo deciso di fondare l’associazione ambientalista Terra!, volevamo rispondere proprio a questa domanda. Dopo tutto questo tempo siamo ancora qui a porci lo stesso quesito. Per anni ho ritenuto che fare cose come sprecare meno, mangiare meno carne e leggere l’etichetta dei cibi fosse una buona strada per avere un ruolo decisivo nel cambiamento. Ma ora capisco che, concentrandoci sul nostro ruolo di consumatori, ci siamo dimenticati delle responsabilità della politica e dei mercati. C’è un equivoco: dire che tutti dobbiamo fare la nostra parte non vuol dire che tutti abbiamo la stessa quota di responsabilità. Il nostro ruolo di cittadini è quello di tornare a manifestare il nostro dissenso. Puntare il dito. Scendere in piazza a protestare per salari più equi, per esempio, che ci permetterebbero di fare acquisti consapevoli.

Il nostro ruolo di cittadini è quello di tornare a manifestare il nostro dissenso. Puntare il dito. Scendere in piazza a protestare per salari più equi, per esempio, che ci permetterebbero di fare acquisti consapevoli

Quindi il suo non è un invito a deresponsabilizzarci come consumatori…

Certo che no. Ma dobbiamo iniziare a riequilibrare pesi e misure. Siamo tutti parte del cambiamento ma ognuno con il proprio peso. Quindi dobbiamo pretendere che ognuno faccia la sua parte. Ecco che torna il ruolo politico del cibo. Dobbiamo chiedere di rimettere al centro il ruolo della politica nella dimensione del cibo. Penso agli allevamenti intensivi, allo spreco del cibo o alle catene della grande distribuzione. Su tutto questo sono le leggi che cambiano veramente il sistema e non, tanto e non solo, le nostre scelte di consumatori. Dobbiamo trasformare il consumo in un gesto politico. Per esempio in questi anni abbiamo assistito a uno strano fenomeno: all’aumentare del consumo consapevole diminuiva la partecipazione politica. Il risultato è che siamo soli, più poveri e pensiamo di cambiare il mondo facendo la spesa. Come consumatori dobbiamo tornare in piazza.

Come persone possiamo fare “niente”, ma come cittadini “tutto”. La sfida che abbiamo davanti è quella di combatte insieme, come collettività. È una sfida che tiene insieme: giustizia sociale e climatica, democrazia e diritti

Fabio Ciconte

Più precisamente cosa si intende con il titolo “il cibo è politica”?

Faccio un esempio concreto per spiegare meglio cosa intendo. Il comune di Roma con una delibera del 2021 ha instituito il Consiglio del cibo, una consulta cittadina che tiene insieme circa 150 realtà del territorio. Nasce da un percorso costruito dal basso su impulso del comitato promotore: Una food policy per Roma, che dal 2019 ha creato un’alleanza virtuosa tra cittadini, aziende agricole, associazioni e mondo della ricerca, che prosegue ora nel Consiglio del cibo di cui, dal gennaio 2024, sono il presidente.

Quali sono gli obiettivi del Consiglio del cibo?

Principalmente sono quelli di proporre politiche, strategie e idee innovative che rendano sostenibili i sistemi alimentari oltre che coinvolgere e stimolare la comunità locale nella sua implementazione. In questi anni abbiamo lavorato sull’aumento dei mercati rionali, sul tema della povertà alimentare in città e sulle mense delle scuole romane. Quello delle mense è un esempio interessante per capire il ruolo politico del cibo. In Consiglio ci siamo molto interrogati su cosa dovesse contenere menu scolastico ideale. C’era, per esempio, chi voleva meno carne e chi era contrario a questa scelta. Da consumatore consapevole ero dalla parte di chi voleva la riduzione della carne ma ci è stato fatto notare, giustamente, che per molti bambini quello a scuola è l’unico pasto completo che possono consumare, quindi eliminare la carne avrebbe privato questi bambini e ragazzi dell’unica occasione per mangiarla.

Un bel dilemma?

Certo. Infatti non è mancato un acceso dibattito all’interno del Consiglio. Alla fine siamo giunti alla decisione condivisa di inserire un menu vegetariano una volta al mese. È tanto? È poco? Non possiamo saperlo e non è nemmeno quella la domanda corretta. È il massimo di quello che si poteva fare. Ma è un esempio di come possono essere complesse le politiche del cibo. Quando la Giunta capitolina ha fatto propria la nostra proposta, è stato a tutti chiaro che intervenendo sulla dieta di oltre 150mila studenti romani, in qualche modo, abbiamo fatto un passo nella direzione del cambiamento del sistema alimentare. Abbiamo agito sulle politiche del cibo.

Allora, in conclusione, torniamo alla domanda iniziale: cosa possiamo fare per cambiare il sistema alimentare?

Oggi la risposta che mi viene più spontaneo dare è che come persone possiamo fare “niente”, ma come cittadini “tutto”. La sfida che abbiamo davanti è quella di combatte insieme, come collettività. È una sfida che tiene insieme tutto: giustizia sociale e climatica, democrazia e diritti.

Nell’immagine di apertura l’autore Fabio Ciconte (Foto ©Valerio Muscella)

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