Restano in carcere i due minorenni accusati dell’omicidio di Cristian Sebastiano, 42 anni, ucciso a coltellate in via Fiume, nel quartiere San Rocco alla periferia sud di Monza. Si tratta di due ragazzi di 14 anni e 15 anni, incensurati. Il movente dell’assassinio, avvenuto domenica 29 novembre, sarebbe legato alla droga che muove trame e sottotrame di vita nel quartiere. Il caso di Monza racchiude in sé il dramma non solo delle tre famiglie, quella della vittima e quelle dei giovanissimi presunti assassini, ma di una comunità che vive in una periferia che ai ragazzi offre poco – anche se ci sono alcuni semi di speranza – ma che a volte si prende tanto, tutto, come in questo caso.
I giovani che vivono in periferie degradate – come quella monzese – devono essere al centro di progetti e proposte della politica e della società civile, perché «chi prima dell’emergenza Covid stava male adesso sta peggio». Ne è convinto Ernesto Savona, direttore di Transcrime, il Centro di ricerca sulla criminalità dell’Università Cattolica, e professore di criminologia nello stesso ateneo.
Alcool, droga, povertà e marginalità, le vite dei giovani della periferia monzese
«Nella periferia di Monza, ma anche in quelle delle grandi città italiane, è necessario ricucire le periferie al centro, perché nei quartieri più difficili i minorenni accedono alle sostanze stupefacenti in misura sempre maggiore», sottolinea il professor Savona. Quando si parla della periferia di San Rocco non si può prescindere dal parlare di droga e di giovanissimi, come quelli che a 14 e 15 anni per ragioni di droga arrivano ad uccidere.
«Per chi lavora con i giovani, e parlo dei ragazzi delle medie e non solo delle superiori, sapere che molti ricorrono all’alcool e alle droghe è scontato», spiega Roberto Zanellati, responsabile minori e giovani della cooperativa sociale Meta onlus che a San Rocco gestisce l’unico centro di aggregazione presente, La Bussola. Ogni anno aumentano i dati dei ricoveri per overdose di minorenni, ma anche i procedimenti amministrativi per spaccio di droga. E l’età si abbassa di anno in anno. «Non bisogna pensare però che questo sia un problema solo per i giovani che vivono in condizioni di marginalità o in famiglie seguite dai servizi sociali. Questi ultimi hanno solo maggiore possibilità di entrare nei circuiti di utilizzo di alcolici e droghe fino ad arrivare allo spaccio», chiosa Zanellati.
Anche in periferia bisogna attrarre i ragazzi più della droga
L’alcool e la droga abbassano per un istante i rumori delle vite vissute ai margini di questi ragazzi, in un quartiere difficile come San Rocco dentro cui schermarsi. E a volte perdersi.
Dietro queste situazioni, dietro l’efferato omicidio accaduto nella periferia monzese a fine novembre, all’uso e allo spaccio di droga portato avanti da ragazzini delle medie, «c’è una comunità e delle famiglie, ma anche un sistema che mette i giovani in condizione di incontrare e vivere questa dimensione di illegalità. Dobbiamo lavorare affinché spezzino le catene di quella vita, per aiutarli ad allontanarsi dalla droga. È fondamentale investire per il loro recupero», spiega Savona, direttore di Trancrime dell’Università Cattolica. La famiglia, la scuola e il quartiere con le sue strutture che pure ci sono anche nelle periferie, «devono giocare un ruolo preponderante: se sono assenti i giovani sono allo sbando, – chiosa il professor Ernesto Savona, che aggiunge – ogni soldo speso per evitare che adolescenti e pre-adolescenti finiscano nelle maglie della droga e nella criminalità locale per lo spaccio, è un soldo risparmiato perché più avanza la loro età, meno sono recuperabili».
Meta insieme alla Fondazione con il Sud e a Con i bambini ha avviato un programma di robotica e di discipline scientifico-tecnologiche
I semi di speranza nella periferia di San Rocco
«Dobbiamo davvero fare di più, – rincara la dose in modo convito, lavorando a stretto contatti con i giovani, Roberto Zanellati – è necessario investire nel “capitale sociale” che questi ragazzi costituiscono e per far si che a San Rocco non abbiano proprio a che fare con la droga».
Bisogna intercettarli prima che entrino in contatto con quel mondo. Quando arrivano a quel punto sono già all’interno di dinamiche complesse da cui è difficile uscire. La sfida è non far ingarbugliare la matassa mettendoli in condizione di avere a disposizione e frequentare luoghi educativi. «È importante far emergere le loro passioni e i loro talenti costruendo per loro occasioni – anche online come impone questo tempo di pandemia -. Dobbiamo far vedere loro che si può uscire dai margini delle periferie, intense come luogo fisico e marginalità spirituale, e creare programmi che facciano sognare e desiderare i ragazzi. Stimolino e coltivino le loro passioni.
Per far questo sono stati piantati semi, semi di speranza, anche nel quartiere di San Rocco: uno di questi è il Cag La Bussola. «Qui vengono – nel rispetto delle norme, anche in tempo di pandemia – i ragazzi delle medie e delle superiori della zona con cui facciamo i compiti e in parallelo promuoviamo attività che vanno dall’animazione, al gioco, fino allo sport», racconta il responsabile minori e giovani della cooperativa sociale Meta onlus che gestisce il Cag . Gli spazi sorridono alle esigenze sportive e anche a quelle del distanziano perché La Bussola ha costruito tutt’intorno un campo da basket coperto e uno da calcio a 5 all’esterno.
I frutti di quei semi sono i ragazzi, che rinascono
Le difficoltà del quartiere hanno i bambini e i ragazzi come cartina tornasole, piccole vite che cercano di fare combaciare – come i pezzi nel Tetris – una vita dalle forme spigolose che impone loro di crescere in fretta, e la voglia di conoscere se stessi e di capire le proprio passioni. Molti sono seguiti dai servizi sociali e la cooperativa Meta offre a dieci di loro un luogo dove dormire ed essere accompagnati in un percorso di crescita a cui è stato dato il nome di “progetto Tetris”.
Se La Bussola lavora sul gruppo, dà un senso di identità e appartenenza per questi ragazzi, il progetto Tetris consente ai giovani dedicarsi alla propria individualità. «All’interno di questo servizio ci sono tanti adolescenti che vengono da famiglie dove la povertà non è solo economica ma accentua le povertà educative soprattuto a seguito della pandemia», testimonia Zanellati. Per questo Meta insieme alla Fondazione con il Sud e a Con i bambini ha avviato un programma di robotica e di discipline scientifico-tecnologiche che si propongono di affiancare alla scuola proposte e laboratori che facciano venire voglia di sperimentare e di studiare stando al passo con i tempi. Per dare loro orizzonti, prospettive e qualcosa a cui appassionarsi.
La povertà educativa è strisciante perché non dà subito a vedere i propri frutti avariati e quindi contrastarla in un quartiere come San Rocco è ancora più complicato.
Roberto Zanellati
La Bussola ha costruito tutt’intorno un campo da basket coperto e uno da calcio a 5 all’esterno
Il ruolo della scuola nelle periferie
Questi semi di speranza provano a crescere su un terreno dove il binomio dipendenza dalle droghe e spaccio è attecchito molto prima che fossero piantati, «perché i ragazzi dell’età dei due giovani presunti omicidi e spacciatori di San Rocco – 14 e 15 anni – hanno una scarsa imputabilità per reati gravi, e di spaccio men che meno, perché sono al di sotto della maggiore età. In questi contesti loro vengono utilizzati dai fratelli maggiori e dai genitori proprio perché non sono perseguiti dalla Legge. E quindi nel mercato dello spaccio sono elementi preziosi», spiega il professor Savona.
Per questo anche la scuola ha il dovere di essere un luogo – ecco perché la “presenza” in tempo di pandemia è più che fondamentale per questi ragazzi –, in cui si offrono possibilità ed occasioni ai ai giovani. Un esempio concreto è proprio quello di San Rocco, dove la cooperativa Meta e l’Istituto comprensivo “Koinè, come implicito nel nome greco della stessa scuola, lavorano con i ragazzi per dare loro un senso di comunità e di valori condivisi, non solo per fornire un’educazione alla didattica.
Come essere magneti per i ragazzi delle periferie e costruire con loro occasioni
La pandemia ha messo in difficoltà tutte le fasce già fragili, bambini e i giovani in particolare. Chi aveva già pochi strumenti al proprio arco ha visto peggiorare la sua condizione di marginalità. «La povertà educativa infatti è strisciante – continua Zanellati – perché non dà subito a vedere i propri frutti avariati e quindi contrastarla in un quartiere come San Rocco è ancora più complicato. Innanzitutto va ampliata l’offerta educativa non solo scolastica, anche – e forse soprattutto – in tempo di pandemia». Come fa fruttare i semi piantati, anche in tempo di pandemia? Come essere magneti per questi ragazzi di periferia per uscire da situazioni difficili come quelle legate allo spaccio di droga?
«La scuola, per come è concepita in Italia, è valutazione e giudizio. Quando resti indietro per motivi personali, per il contesto familiare o sociale in cui vivi, quello è il primo luogo che vuoi evitare», costata il responsabile giovani di Meta onlus. Come Terzo settore, ma anche come comunità intera «dobbiamo saper attrarre i ragazzi perché nei nostri luoghi non li valutiamo sulla base delle prestazioni ne li facciamo sentire giudicati».
Con giovani che vivono la periferia e l’emarginazione, la povertà e la droga anche a casa, è necessario sospendere il giudizio e molto spesso fermare anche le parole, per aprire le orecchie a quello che hanno da dirti o da farti capire: da “chi sono” fino a “dove vogliono andare”.
«Dobbiamo poi portare leggerezza a questi ragazzi che vivono la pesantezza a casa e nel quartiere, e quindi li incentiviamo a divertirsi e a praticare sport, nei nostri spazi. Da qui bisogna partire per conquistare la loro fiducia, per poi iniziare percorsi rivolti anche all’apprendimento scolastico e al colmare lacune educative e povertà sociali», conclude Zanellati.
Nelle immagini della cooperativa sociale Meta che lavora a San Rocco gli spazi messi a disposizione dei ragazzi
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