Quando la pancia di Guia, 4 mesi, ha iniziato poco alla volta a gonfiarsi, il suo papà Filippo, ha pensato di tutto, ma non a quello. “Quello” è un tumore, e si chiama neuroblastoma. «L’ecografia era chiarissima», racconta Filippo. «Poco chiaro», continua, «è stato il vortice delle cose che ci hanno travolto». Filippo è un ingegnere genovese. «Per fortuna», ammette. «Mia figlia è stata in cura al Gaslini di Genova ed io e la mia famiglia non abbiamo dovuto spostarci».
Oggi Guia ha 2 anni, sta guarendo «ogni tre mesi facciamo tutti i controlli». Ma delle notti passate in ospedale a cullare la bambina sofferente per le chemioterapie Filippo si ricorda i pianti: «Non solo quelli di mia figlia. Nessun bambino dovrebbe soffrire così». Eppure il neuroblastoma lo chiamano il “tumore infantile” a cui difficilmente si sopravvive. L’unica possibilità per ucciderlo è imparare a conoscerlo. «Per la ricerca servono i soldi», dice Filippo.
«Con l’aiuto di amici “pazzi” ho deciso di partecipare all’Ironman Triathlon di Vichy: le persone si sono appassionate al mio percorso. Se io ce l’avessi fatta avrebbero donato; quei soldi sarebbero andati alla ricerca. L’obiettivo era 30mila euro. Io ce l’ho fatta. Oggi le donazioni sono arrivate a 70mila euro. Ed io non mi fermo qui».
Ci racconta la sua storia?
Io ho 40 anni, mia moglie 34. Una famiglia normale, felice. Un cane e tre bambini. Guia l’ultima arrivata. Vittoria le seienne e Agostino, 4 anni. Quando a Guia hanno diagnosticato il neuroblastoma aveva 4 mesi. Siamo entrati un vortice. Guia per fortuna era piccola, troppo per capire. Gli altri nostri due figli ci hanno tenuto incollati alla vita quotidiana. Sono stati la nostra forza, erano piccoli anche loro e noi, anche se avevamo una bambina malata da accudire non potevamo sottrarci alle nostre responsabilità di genitori normali.
L’incontro con l’associazione neuroblastoma
È impensabile che una cosa del genere possa succedere a tuo figlio. Eppure succede. Una delle tante notti che ero lì in ospedale con mia figlia e lei non dormiva, non dormiva nemmeno tra le braccia e ho sentito gli altri bimbi piangere ho capito che dovevo fare qualcosa.
E così è diventati un aironman, io meglio un irondad…
Il 27 agosto scorso ho “vinto la mia maratona”. Dieci mesi di preparazione.
Che cos’è l’Ironman Triathlon?
Una gara, con se stessi mi viene da dire. Lo sport è caratterizzato dall'insieme di tre discipline, nuoto, ciclismo e corsa. Per la precisione 3,86 km di nuoto, 180,260 km in bicicletta e 42,195 km di corsa. La vinci se finisci il percorso in circa 16 ore.
E lei?
Dieci ore e 57 minuti. Avevo i crampi allo stomaco.
Ma quando si allenava lei?
All’alba, la notte. Non avrei mai pensato di superare il limite. Ma l’ottimismo è fondamentale e noi ci dobbiamo credere. Anche i viaggi lunghi 100mila chilometri si fanno a piccoli passi. E noi camminiamo sempre.
Come ha fatto a raccogliere i fondi?
Ho chiesto ai miei amici di dichiarare in anticipo quanto avrebbero donato se: fossi arrivato vivo; se fossi riuscito a terminare la maratona in 15 ore; e poi di seguito 14, 13… tutti hanno donato. Abbiamo superato i 70mila euro. La gente ha mantenuto le promesse. Siamo riusciti a fare questo miracolo. Più ci penso e più non ci credo ancora, è una cosa impensabile. Soprattutto oggi che viviamo in tempi di crisi e diffidenza, ho notato purtroppo o per fortuna che quando sei coinvolto le persone ti ascoltano di più. Ti vengono incontro.
Parla con tanta stima del lavoro che fanno al Gaslini
Persone fantastiche. Team unico. Un’umanità che ti abbraccia, lo sai bene di essere in ospedale. Ma tutti te lo fanno pesare il meno possibile.
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