Disabilità & Impresa

Ho costruito la mappa della Lisbona accessibile: l’Italia invece ci crede ancora poco

di Ilaria Dioguardi

Una start up che è diventata un’impresa, con l’obiettivo di facilitare i viaggi (per turismo e non) delle persone con disabilità. William Del Negro racconta com’è nata la sua Willeasy, che spera un giorno possa diventare la sua attività principale

William Del Negro ha 48 anni, vive a Martignacco, a pochi chilometri da Udine. Ha un’impresa, Willeasy, che si occupa di accessibilità e di digitalizzazione del patrimonio culturale. Nel frattempo, lavora in banca part time, ma spera «di poter lavorare presto solo al mio progetto imprenditoriale». Ha una forma di nanismo diastrofico, piuttosto rara, che gli causa «difficoltà legate soprattutto agli spostamenti. Per quanto riguarda i trasporti, soprattutto quelli ferroviari, la situazione per chi ha una disabilità è veramente disastrosa in Italia». Nel suo lavoro «le difficoltà sono legate al fatto di riuscire a far capire agli imprenditori che le esigenze e le disabilità delle persone sono un’opportunità, anche a livello di business».

Del Negro, ci racconta come nasce Willeasy?

Nel 2016 partecipai a un evento a Udine, organizzato da Italia, Slovenia e Austria, che serviva per far incontrare persone con delle idee ad altre che avevano delle competenze in ambito di business, creatività e tecnologia. Io ho sempre avuto un po’ l’idea di far qualcosa per risolvere un problema mio, prima di tutto, che era quello di trovare informazioni quando viaggiavo, per prenotare un hotel, per sapere come muoversi in una città. Durante questo evento ho espresso la mia idea di creare un database dove le persone potessero trovare informazioni utili e verificate sull’accessibilità dei luoghi. La mia idea ha vinto una competizione, nell’ambito di questo evento. Questo riconoscimento è stato la spinta a provare a fare qualcosa. Il mio progetto ha vinto un periodo di pre-incubazione presso Friuli Innovazione, che è l’incubatore per il trasferimento tecnologico di Udine.

Il progetto è iniziato nel 2017, insieme ad altre due persone, con l’associazione “Io ci vado”, nata con l’obiettivo di infondere la cultura dell’accessibilità e di provare a fare una mappatura, di raccogliere dei dati sull’accessibilità dei luoghi. Dopo un anno abbiamo visto che l’idea piaceva, poteva funzionare, però servivano soldi. Solo con il volontariato e con i contributi occasionali è difficile portare avanti un’idea. Così abbiamo deciso di provare a creare un modello di business per poter generare impatto sociale, ma anche profitti per finanziare il progetto e farlo crescere. L’anno dopo ho fondato Willeasy.

Cosa è Willeasy?

Prima era una startup, ora è un’azienda di informatica che si occupa principalmente di gestione dati, quindi raccolta, elaborazione e messa a disposizione dei dati sull’accessibilità. Da poco più di un anno lavoriamo anche nell’ambito della digitalizzazione del patrimonio culturale, per rendere più accessibili gli ambienti museali, i punti di interesse, sempre grazie alla tecnologia. Ovvero creiamo soluzioni tecnologiche con realtà aumentata, realtà virtuale, soluzioni di video nella Lingua dei segni – Lis.

Abbiamo creato il primo sistema in Europa di open data sull’accessibilità del trasporto pubblico, mappando la città di Lisbona

Nel 2019 abbiamo iniziato a fare lo sviluppo di un’applicazione per poter fare la raccolta di questi dati. È un’applicazione nostra proprietaria che permette di raccogliere, in modo guidato e differenziato a seconda delle tipologie di luoghi, dati oggettivi che sono basati sulle esigenze reali delle persone, per poi essere messi a disposizione sul portale www.willeasy.net e che possono essere condivisi su altri portali o fruite come dato. Nel 2020 avremmo dovuto iniziare dei progetti pilota con le strutture alberghiere di Lignano Sabbiadoro e con strutture museali qui in Friuli-Venezia Giulia, ma è arrivato il Covid. Per due anni e mezzo non abbiamo potuto lavorare perché ristoranti, alberghi, musei erano tutti chiusi e quando hanno iniziato a riaprire avevano tutt’altro a cui pensare: non investivano neanche un centesimo, la maggior parte non sapeva se sarebbe riuscita a restare aperta.

Come avete continuato il vostro progetto?

Nel 2021 abbiamo fatto una campagna di crowdfunding per investire sullo sviluppo della piattaforma e migliorarla. È andata molto bene, abbiamo raccolto 165mila euro da 158 investitori, questo mi ha permesso anche di assumere delle persone. Dal 2023 siamo tre dipendenti, le cose hanno iniziato ad andare un po’ meglio, ci siamo aperti anche al business sulla digitalizzazione del patrimonio culturale. Ci ha dato una bella spinta una gara europea con il comune di Lisbona, abbiamo fatto un grosso progetto di mappatura dell’accessibilità di hotel, ristoranti, musei. Abbiamo creato una guida turistica sulla città con tutte le informazioni sull’accessibilità, con itinerari turistici, delle convenzioni con aziende del posto per mettere a disposizione anche mobility scooter, carrozzine o ausili per chi ha bisogno.

Abbiamo realizzato il primo sistema in Europa di open data sull’accessibilità del trasporto pubblico, andando a mappare tutte le 50 stazioni della metropolitana, in ogni sua caratteristica, con la recensione di ogni ascensore, scala, scala mobile, montascale, entrate, uscite, corridoi. Adesso stiamo cercando di sviluppare questo progetto pilota perché ha generato interesse, negli scorsi mesi, da parte dell’Ente nazionale aviazione civile – Enac, da parte del Consiglio nazionale delle ricerche – Cnr e di alcune società di trasporti. Stiamo cercando di svilupparlo perché nessuno si è mai addentrato in questo campo e ce ne sarebbe molto bisogno. Stiamo cercando di finanziare la ricerca su questo progetto perché c’è molto interesse anche a livello governativo.

Willeasy è il suo lavoro principale?

Mi divido tra Willeasy e il lavoro in banca part time. Dopo aver studiato come ragioniere programmatore e aver quasi terminato gli studi all’università, alla facoltà di Informatica, ho trovato lavoro in banca, dove lavoro da 30 anni e ho un impiego part time. In banca ho lavorato in diversi settori, mai allo sportello, e mi sono fatto un’esperienza sulla gestione di impresa. Mi sono specializzato da diversi anni nell’ambito dell’accessibilità, facendo esperienza sul campo e formandomi con dei corsi specifici per migliorare le mie competenze.

Com’è lavorare nell’ambito dell’accessibilità?

In Italia non è facile lavorare nell’ambito dell’accessibilità. Ho bisogno di collaboratori con competenze. L’anno scorso è stato il primo anno in cui abbiamo chiuso in pareggio, con il Covid avevamo avuto grosse perdite. Ho scelto di mantenere il lavoro per riuscire a garantire la sicurezza ai miei dipendenti e avere un’altra fonte di entrata per tamponare eventuali momenti di difficoltà dell’azienda. Nel momento in cui le cose andranno molto bene, vorrei dedicarmi completamente all’attività imprenditoriale. Al momento il fatturato è intorno ai 100mila euro.

Le difficoltà del mio lavoro sono legate al fatto di riuscire a far capire agli imprenditori che le esigenze e la disabilità delle persone sono un’opportunità anche a livello di business

Su cosa puntate quest’anno? Quali sono i vostri obiettivi?

Sono tre gli ambiti su cui vogliamo concentrarci. A parte la gestione del dato, che rimane il cuore di Willeasy, gli open data sia in ambito trasporti che in ambito turistico è qualcosa dove nessuno si è ancora imbarcato. A livello europeo ci sono dei nuovi standard di open data sul trasporto pubblico, che si chiama Netex e lavora su cinque livelli. I primi tre livelli sono quelli classici, si inseriscono informazioni sugli orari, le fermate, ecc. e sono stati realizzati. Il quarto livello, che è quello dove ci sono anche informazioni sull’accessibilità, nessuno l’ha mai realizzato.

Con l’esperienza, che raccontavo prima, fatta a Lisbona adesso con i partner che stiamo cercando, vorremmo realizzare noi questo livello e fare la proposta. Prima a livello italiano, al Dipartimento della trasformazione digitale del Governo, poi di conseguenza a livello europeo per creare questo nuovo standard e far sì che chiunque voglia andare a raccogliere e implementare i dati sull’accessibilità dei trasporti utilizzi questo standard. A questo punto noi diventeremmo sia dei consulenti per la raccolta del dato, sia i fornitori di questo dato. Su questo puntiamo quest’anno.

Gli altri due ambiti?

Il secondo obiettivo è di proseguire nell’ambito museale investendo in nuove tecnologie, cercando di sviluppare nuovi prodotti. Terzo obiettivo è la formazione. Stiamo realizzando una piattaforma di e-learning per vendere dei corsi sull’accoglienza delle persone con disabilità nei settori dell’ospitalità, della ristorazione, bancario, dei servizi. Gli albergatori sono più interessati alla parte formativa che alla raccolta del dato.

Ci stiamo spostando su questo, facciamo formazione e, in abbinamento, offriamo anche la raccolta del dato, la messa a disposizione dei dati della loro azienda sul portale, o nel nostro database. In questo modo si fa anche un’azione di sensibilizzazione e di creazione di cultura tra le persone che ogni giorno lavorano a contatto col pubblico. Le persone con disabilità, soprattutto a livello intellettivo, sono sempre di più, stanno crescendo in maniera molto forte. Sapere come comportarsi è fondamentale. Stiamo lanciando un nuovo progetto, I am a willer.

Ce ne vuole parlare?

Per cercare di coinvolgere le persone abbiamo sviluppato, grazie a dei fondi regionali, una web app che permette alle persone di dare dei giudizi e raccogliere dei dati oggettivi sui luoghi che frequentano. Vengono profilate le persone in base alla propria disabilità o esigenza e il giudizio che danno è legato a quella esigenza, in modo che poi persone con la stessa esigenza possano trovare i luoghi selezionati. Questo ci permette poi di incrociare i dati con gli altri che abbiamo. Dietro c’è anche un sistema di gamification, dove più rilevazioni si fanno più punti si accumulano. Vorremmo, in futuro, permettere, con delle convenzioni con attività economiche, di convertire questi punti in vantaggi con hotel, ristoranti, eccetera. Abbiamo terminato lo sviluppo e fatto dei test, è online, sarà sempre un work in progress, nel senso che continuiamo a fare aggiornamenti continui anche a base ai feedback degli utenti.

Quali sono le difficoltà e le soddisfazioni del suo lavoro?

Le difficoltà del mio lavoro sono legate al fatto di riuscire a far capire agli imprenditori che le esigenze e la disabilità delle persone sono un’opportunità anche a livello di business. L’accessibilità non è legata solo alla disabilità, parliamo di esigenze di persone di qualsiasi tipo, non solo quelle con disabilità, ma anche chi ha esigenze di tipo alimentare, legate all’età. Purtroppo non viene capito. È questo il problema di riuscire a vendere. Abbiamo cercato di modificare spesso il modello di business cercando di trovare una risposta.

È un mercato un po’ strano il nostro perché si ha una fortissima richiesta, un fortissimo bisogno da parte delle persone, e non c’è offerta. Normalmente, in tutti i corsi di economia si dice che se c’è una forte richiesta c’è anche una forte offerta. Le persone hanno bisogno di dati, di informazioni, vogliono viaggiare, spostarsi, ma non trovano risposta. Questo perché, soprattutto nel mondo dell’ospitalità, gli albergatori, i ristoratori non riescono a percepire l’utilità. Per un servizio di raccolta dati anche un euro è troppo. Non è vista come un’opportunità.

Tante volte mi sono chiesto se devo ostinarmi a rimanere in Italia o se sarebbe meglio andare fuori. Sono patriottico e testardo, mi piacerebbe fare qualcosa per smuovere qualcosa qua

Ci sembra di capire, da quello che ci ha raccontato poco fa, che in altri Paesi è chiaro, più che in Italia, che si tratta di un’opportunità…

Sì, infatti tante volte mi sono chiesto se devo ostinarmi a rimanere in Italia o se sarebbe meglio andare fuori. Probabilmente sarebbe più facile, solo che sono legato un po’ in questo Paese anche per la mia disabilità, prendere e partire non mi sarebbe così facile. Come dicevo, il lavoro di Lisbona è andato benissimo, stiamo facendo delle fiere fuori, all’estero c’è richiesta. Adesso stiamo cercando, essendo in Friuli-Venezia Giulia, di testare il mercato di Slovenia, Croazia, Austria, che sono i Paesi confinanti, dove c’è richiesta. Però sono patriottico e testardo, mi piacerebbe fare qualcosa per smuovere qualcosa qua.

E quali sono le soddisfazioni del suo lavoro?

Le soddisfazioni sono date dalle persone che apprezzano quello che stiamo facendo. In Italia sono ancora pochi gli imprenditori con cui lavoriamo, ma veramente apprezzano il servizio dato. Se all’inizio sono un po’ scettici, quando scelgono di partire, di fare qualcosa con noi, sono felici, capiscono e investono anche di più. Nel senso che se all’inizio sembrava che qualsiasi cosa non servisse, dopo spendono con generosità. Ma non è tanto la soddisfazione dei soldi, quanto il fatto di riuscire a cambiare un po’ il pensiero delle persone, far capire che non sto vendendo loro nulla, ma sto dando l’opportunità di capire l’esigenza dei propri clienti e, allo stesso tempo, riuscire a fare qualcosa che, nonostante sia un’attività di business, ha un forte impatto sociale sulle persone, delle quali si va a migliorare la vita.

Lavorando nell’ambito museale, far sì che un museo diventa fruibile a persone cieche, con disabilità motorie o intellettive, mi dà molta soddisfazione. Anche il fatto di creare un’azienda dove le persone che ci lavorano sono felici, per me è una grande soddisfazione.

Difficoltà legate alla sua disabilità ne ha, o ne ha avute?

Io ho una disabilità motoria legata a una forma di nanismo, le difficoltà sono di tipo motorio, legate all’altezza. A livello lavorativo non ho mai avuto grossi problemi. Anche a livello personale sono stato abbastanza fortunato, sin da quando ero bambino non ho mai avuto episodi di bullismo, di discriminazione. Può succedere che, a volte, incontro delle persone e, non per il fatto che ho una disabilità, ma per il fatto che sono più piccolo si atteggiano come se stessero parlando con un bambino, ma quello è un po’ un problema di tutte le persone con disabilità, alle quali spesso ci si rivolge come non fossero in grado di ragionare, di capire. I problemi li ho negli spostamenti.

In Italia, se non avessi la mia macchina o se non avessi qualcuno che mi accompagna, io non potrei muovermi. Siamo ancora indietro, ma tantissimo

Ci spieghi meglio.

Se io esco dall’Italia, sto bene, mi muovo tranquillamente con i mezzi pubblici. Fuori dall’Italia, tutto è molto più accessibile. In Italia, se non avessi la mia macchina o se non avessi qualcuno che mi accompagna, non potrei muovermi. Siamo ancora indietro, ma tantissimo.

Parliamo di tutti i mezzi pubblici?

A parte l’aereo, il tipo di trasporto forse più accessibile a chiunque, negli aeroporti non si hanno problemi. I pullman, neanche a parlarne. I treni non sono veramente accessibili. C’è il servizio di assistenza che viene garantito per aiutare a salire e scendere, però è complesso. Bisogna prenotarlo almeno un giorno prima, bisogna avere almeno mezz’ora di coincidenza tra un treno e l’altro.

Per fare uno spostamento, anche semplice, da Udine a Milano, o prendo il treno diretto, oppure se devo effettuare un cambio, la maggior parte sono dopo 17 minuti, questo vuol dire che devo aspettare il treno dell’ora dopo, quindi stare in stazione più di un’ora e mezza. Se devo fare viaggi più lunghi, mi va via anche una giornata. Vuol dire partire un giorno prima e tornare un giorno dopo, se voglio muovermi in treno, se no devo usare la mia macchina. Per quanto riguarda i trasporti, soprattutto quelli ferroviari, la situazione per chi ha una disabilità è veramente disastrosa in Italia.

Questo articolo fa parte di una serie dedicata a “Disabilità & Impresa”. Qui gli articoli già pubblicati:
Non solo collocamento mirato, le persone con disabilità vogliono essere (anche) imprenditori
Imprenditori con disabilità: la sfida di essere più capaci degli altri
Ho messo 40 persone all’opera per facilitare la vita di chi è in carrozzina, come me
Abilismo e pietismo nei miei ciak sono banditi
I miei pazienti ? Vedono la professionista, non la disabilità
Non servono gli occhi per scolpire opere d’arte (e neanche per guardarle)

Foto dell’intervistato

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.