Sonia ha vent’anni. E l’unica famiglia che conosce è quella che l’ha cresciuta nella casa famiglia NPH Ste.Hélène di Kenscoff, comune di Haiti, uno dei 42 arrondissment, che fa parte del dipartimento Ovest dell’isola. Il papà, quando di anni ne aveva appena sei, l’ha lasciata lì con in braccio un neonato, il suo fratellino che oggi di anni ne ha 13. «È venuto un paio di volte a trovarci», racconta Sonia. «Poi non l’abbiamo mai più visto».
Sonia frequenta l’ultimo anno del liceo classico. «Dopo mi piacerebbe studiare per diventare psicologa perché la psicologia aiuta a comprendere sé stessi. E guardano i ragazzi, gli assistenti e gli educatori della casa famiglia ho capito che qui ne abbiamo tanto bisogno».
Lei realizzerà il suo sogno. Finito il liceo farà un anno di servizio all’interno di una delle case della struttura: «aiuterò in cucina, o le educatrici, o ancora potrò lavorare negli uffici della segreteria. Voglio restituire quello che mi è stato dato».
Dopo l’anno di prova andrà all’università e a sostenere gli studi, con una borsa di studio, sarà la Fondazione Francesca Rava NPH Italia Onlus. Perché, com’è nella logica della fondazione, ai figli meritevoli vanno date tutte le opportunità possibili. Anche se i figli sono 500 come nel caso della Casa Ste.Hélène.
Haiti si trova a poche miglia a sud della Florida; è il Paese più povero dell’emisfero occidentale al quale la disastrata situazione politica e socio-economica ha fatto guadagnare l’appellativo di “quarto mondo” ancor prima del terribile terremoto del gennaio 2010. Gli anni di sanguinose dittature, la guerra civile, la corruzione, l’assenza di un governo capace di operare significativi interventi hanno determinato la graduale scomparsa della pubblica amministrazione e di ogni forma di servizi sociali.
In Haiti 1 bambino su 3 muore prima di raggiungere i cinque anni di età, solo il 55% ha accesso alla scuola primaria, il 70% della popolazione non ha lavoro. Padre William Wasson fondò Nos Petits Frères et Sœurs (Nuestros Pequeños Hermanos N.P.H.) nel 1987 aprendo la Casa di accoglienza Kay Ste.Hélène. La guida delle attività N.P.H. nel Paese venne affidata a Padre Richard Frechette, sacerdote americano e medico, direttore di NPH Haiti, impegnato da allora tutti i giorni a salvare i bambini di Haiti e dare loro un futuro, lottando contro l’ingiustizia, la miseria e le malattie. A tutti i bambini abbandonati nelle case famiglia viene dato il suo nome, così diventano tutti figli suoi.
Come Sonia anche Jean Renel, 26 anni, orfano di padre, è stato abbandonato dalla madre e affidato inizialmente alla zia che però non poteva prendersene cura. È entrato nella casa N.P.H. nel 2000. Si è laureato recentemente in scienze politiche e relazioni internazionali. Sta e ora svolgendo un anno di servizio nella Casa N.P.H. aiutando i ragazzi più piccoli accolti nel progetto “Don Bosco”; programma residenziale dei ragazzi cresciuti nelle strutture N.P.H. di Kenscoff, che frequentano le scuole superiori a Tabarre o l’Universita haitiana.
Jean Renel vive a Petionville con altri ragazzi delle Case N.P.H. e, per potersi mantenere, ha avviato un business “del pane”, una vera e propria panetteria e pastificio che lo possa rendere indipendente, proprio secondo la filosofia del progetto della Fondazione Francesca Rava “Francisville, la città dei mestieri– N.P.H. Italia Onlus”, Centro di formazione professionale per i ragazzi che escono dalle Case N.P.H.
La Fondazione Francesca Rava N.P.H Italia Onlus, dal 2010, anno in cui è stata creata da Maria Vittoria Rava, che ne ricopre il ruolo di presidente, ha deciso di puntare sui giovani e sull’empowerment delle persone. La Fondazione con Padre Rick Frechette ha costruito tre orfanotrofi e 32 scuole di strada, più un ospedale “Ospedale Pediatrico N.P.H. Saint Damien”. Unico ospedale pediatrico di tutto il Paese e la sola struttura che non è crollata durante il terremoto.
L’ospedale Saint Damien, che durante il terremoto è stato il centro dei soccorsi internazionali, base della Protezione Civile italiana e della Portaerei Cavour, rimane centro di riferimento per l’assistenza di tutta l’isola, ogni anno 80.000 bambini vi trovano salvezza e cure, e per la formazione dei medici haitiani. Ed oggi sono 1600 gli haitiani che lavorano con padre Rick, si impegnano per portare ogni giorno a migliaia di bambini cure mediche, istruzione, formazione professionale e autosostenibilità. Nel febbraio 2017 è stato aperta una nuova stanza nel reparto cancer center, l’unico luogo in tutta Haiti ove i bambini ammalati di tumore possono ricevere diagnosi e cure.
Già un’eccellenza come l’ospedale Saint Damien in un dei posti più poveri del mondo come Haiti sembra un miracolo. Eppure l’atto di coraggio più grande è non fermarsi lì. Con la sola sussistenza non si costruisce il futuro.
Fors Lakay, la forza della casa e della famiglia in creolo, è un progetto che la Fondazione Francesca Rava sta sviluppando a Cité Soleil; la più grande bidonville di Port au Prince, la capitale di Haiti. In questa immensa distesa di rifiuti la realtà è solamente di devastazione e miseria sotto il cocente sole dell’isola. Si estende su 250 ettari e vi vivono circa 300 mila persone, la maggior parte sono bambini che giocano nel fango e nell’immondizia, denutriti ed esposti ai rischi della vita di strada. Vivono in baracche di legno e lamiera senza acqua potabile ed energia elettrica, a cui il diritto alla casa è ancora negato.
È stato Padre Rick a scegliere questo nome per il progetto di salvezza che abbia effetti sia nel breve che nel lungo periodo: un nucleo di abitazioni e di servizi per la comunità, che deve nascere dalla gente, con il lavoro della gente, per ricostituire i valori essenziali di rispetto, fiducia, speranza nel prossimo e nel futuro a migliaia di bambini e alle loro famiglie.
Raphael ha 27 anni, è lui il responsabile del progetto di ricostruzione Fors Lakay. In passato ha fatto parte di pericolosissime gang locali. «Poi», racconta, «ho incontrato Padre Rick. «E sono molto grato a lui, alla fondazione, a queste persone che dal niente hanno costruito ospedali, scuole, case. Lo hanno fatto per noi senza chiedere niente in cambio».
«A Fors Lakay», continua Raphael, «abbiamo costruito già 250 casette, l’ospedale Saint Marie per famiglie da 80 posti letto per assistere 30.000 pazienti l’anno, una panetteria, e una struttura coperta dove i giovani possono stare insieme». Ma i lavori proseguono e l’obiettivo è costruire case per tutti, aprire 6 internet café per la formazione a distanza dei ragazzi della comunità, un obitorio per accogliere, in attesa di dare loro degna sepoltura, i tanti corpi spesso abbandonati in strada o di persone i cui cari non possono permettersi un funerale. La forza lavoro per la costruzione di questo progetto è rigorosamente locale, dando così subito la possibilità a tanti haitiani di poter contare su un salario per la sopravvivenza della propria famiglia.
«Io sentivo di dover fare qualcosa per le mie persone», racconta Raphael. «A volte qui è veramente difficile e duro. Ma quando dai da lavorare alle persone poi tutto cambia».
Il progetto di Forse Lakay è molto sentito dagli haitiani. È infatti la comunità stessa che sceglie le famiglie che dalle baraccopoli può trasferirsi nelle nuove strutture. E tutti sono fiducioso: «arriverà per tutto il momento di trasferirsi», dice Raphael.
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