170 anni cooperazione di consumo in Italia

Giro del mondo per una buona spesa

di Daria Capitani

Nel 1854, a Torino, apre il primo Magazzino di previdenza, l'innesto della cooperazione di consumatori nel nostro Paese. Per i 170 anni di Coop in Italia, l’Associazione nazionale Cooperative di Consumatori, ha guardato al futuro con testimonianze da tre continenti: Europa, America Latina e Asia

1854, Torino. Le Officine Grandi Riparazioni non esistono ancora (nasceranno 40 anni dopo tra le stazioni di Porta Nuova e Porta Susa) ma, a un centinaio di metri da quel maestoso complesso industriale, apre il primo Magazzino di previdenza, un negozio che acquista merci all’ingrosso per rivenderle ai soci al prezzo di costo, tutelando il potere d’acquisto delle famiglie in una fase di inflazione crescente. L’obiettivo, per usare le parole dell’epoca, è «offrire generi di prima qualità sani, di giusto peso e a prezzo inferiore di quello degli esercizi». Una frase di quasi due secoli fa che ha risuonato venerdì 8 novembre, con un’attualità straordinaria, in quelle stesse Ogr divenute Officine di cultura contemporanea, innovazione e accelerazione d’impresa a vocazione internazionale. L’occasione è un anniversario: i 170 anni di Coop in Italia, l’innesto della cooperazione di consumatori nel nostro Paese. Un’iniziativa promossa da Ancc-Coop, l’Associazione nazionale Cooperative di Consumatori, per immaginare la cooperazione nel prossimo secolo chiamando sul palco oratori da tre continenti: Europa, America Latina e Asia.

I relatori del convegno “Coop for Future”. Al centro (terzo da sinistra), il presidente Ancc-Coop Ernesto Dalle Rive.

Giro del mondo su un carrello della spesa

Un carrello della spesa con dentro un mappamondo. È una delle immagini che la presidente di Coop Italia Maura Latini ha portato sul palco per raccontare le sfide di un presente che guarda al domani. «Nel Vocabolario della lingua italiana Zingarelli, la prima apparizione della voce carrello risale al 1970», ha detto. «Un cesto montato su quattro ruote che rappresenta la grande distribuzione. A un certo punto è diventato uno strumento per dare sostanza al senso più autentico della cooperazione di consumatori: una buona spesa può cambiare il mondo. Il carrello è lo strumento attraverso il quale questa azione, che è una scelta, può avvenire». L’incontro ha condotto il pubblico in un ideale viaggio a bordo di un carrello della spesa, inseguendo i valori che guidano la cooperazione di consumo attraverso il globo. Ve li raccontiamo così, una bandierina dopo l’altra.

Qui Italia. Dalla Spagna al Giappone, dal Sud America al Regno Unito. Ma prima di tutto, a casa. La presidente Coop Italia ha sottolineato che, per compiere le scelte con cui riempiamo il carrello della spesa, serve informazione: «Quella vera, seria, concreta e costante è meno disponibile di quanto si possa pensare. È un racconto che lascia libertà di scelta alle persone. Viviamo un contesto storico in cui stiamo riacquistando consapevolezza, ma in cui non possiamo negare che il potere di scegliere sia condizionato da un potere d’acquisto che non è più quello di una volta». La missione delle imprese cooperative è «aderire alle necessità delle persone nei luoghi e lavorare per vendere prodotti buoni, sani, sicuri a un prezzo il più basso possibile, diventare volano economico ma anche sociale di supporto allo stare insieme, alla partecipazione dei soci, alla vita dei territori». Il movimento cooperativo, secondo Latini, «ha superato guerre e tragedie, si è rigenerato con questa grande capacità di interpretare i cambiamenti dei bisogni dei soci e delle persone, ma è riuscito a rimanere fedele a se stesso. Per il mondo della cooperazione, il cibo è un bene, non una merce. L’italia ha visto un impegno fortissimo su questo tema, nella convinzione che il cibo di qualità debba essere a disposizione di tutte le fasce di reddito. E questa è una sfida che non ha un punto d’arrivo. L’ossimoro tra il cambiamento e il mantenimento dei principi fondamentali che ha caratterizzato la cooperazione fino a oggi deve rimanere nei nostri binari. La strada è quella di una grande vicinanza delle cooperative alle persone nei territori e di un inevitabile rinnovamento che faccia tesoro delle esperienze di innovazione».

L’intervista a Maura Latini, presidente di Coop Italia.

Qui Argentina. Héctor Jacquet è il Gerente Supermercatos Cooperativa Obrera, una realtà con una lunga storia, fondata da un gruppo di operai ferrovieri. Punto di partenza una panetteria, divenuta magazzino e poi cresciuta in numerose filiali. «Oggi i soci sono più di 2,5 milioni per 148 supermercati in 73 città dell’Argentina. Siamo la settima catena di supermercati del Paese e la seconda cooperativa di consumo in America Latina». Cooperativa Obrera è molto più di una catena di supermercati: «Il Consiglio di Amministrazione viene eletto attraverso il voto di ogni socio indipendentemente dal grado di partecipazione economica. I soci sono organizzati in 27 distretti elettorali che eleggono un corpo di 150 rappresentanti nell’assemblea generale. Ognuno di loro riceve una formazione sui valori cooperativi per interpretare e capire le azioni sociali e culturali e di impegno nei confronti dell’ambiente». Il socio è il cuore: «Il nostro desiderio è che si senta ascoltato. Per questo incontriamo i circoli dei consumatori con appuntamenti dedicati, rispondiamo alle domande sullo sviluppo, la concorrenza e l’impiego delle eccedenze. Le cooperative da sole non potranno cambiare il mondo, ma il mondo non cambierà senza le cooperative. Il mondo ha bisogno delle cooperative per essere un posto migliore».

Qui Regno Unito. Dal Nuovo al Vecchio Continente con Dominic Kendal-Ward, board secretary di Co-op Group. «Anche il Regno Unito festeggia un compleanno importante: la cooperazione di consumo è nata 180 anni fa, anche se non è così comune nel mio Paese che tutti ne conoscano a fondo gli obiettivi. Per questo il nostro focus è sull’identità: i nostri 6 milioni di membri non sono un’entità statica ma dinamica. È l’identità, insieme a prezzo, qualità, gamma, prodotti, brand e marchio, che fa capire alle persone perché avvicinarsi a noi. Le statistiche ci dicono che i consumatori sono alla ricerca di trasparenza, valori condivisi, comunità, appartenenza, co-creazione. C’è un unico business model che racchiude tutte queste virtù: la cooperativa». Kendal-Ward ha posto l’accento sui giovani: «La maggior parte dichiara che smetterebbe di acquistare un prodotto se si accorgesse che la priorità di chi lo propone è soltanto il profitto senza equità sociale. Questo dato rappresenta una grande opportunità per il mondo cooperativo ma c’è un rischio che dobbiamo sempre tenere a mente: se sbagliamo, una buona fetta di giovani se ne andrà. Dobbiamo essere aperti, spingerci oltre, perché la società e l’economia stanno cambiando. Non dobbiamo avere paura di interagire con l’esterno: non aspettiamoci che le persone vengano da noi, siamo noi che dobbiamo uscire fuori, lavorare sulla formazione e l’educazione, scoprire quali sono i problemi delle persone e come possiamo risolverli. Soprattutto, dobbiamo essere molto fieri di quello che facciamo».

Le cooperative da sole non potranno cambiare il mondo, ma il mondo non cambierà senza le cooperative. Il mondo ha bisogno delle cooperative per essere un posto migliore

Héctor Jacquet, Gerente Supermercato Cooperativa Obrera (Argentina)

Qui Spagna. «Ciò che ci distingue? È il fatto che non soltanto i consumatori ma anche i lavoratori della nostra cooperativa sono soci. Nel Consiglio e nell’assemblea generale, la presidenza è affidata a un consumatore ma la rappresentanza è equamente ripartita», ha esordito Mikel Larrea, director de la secreterìa general Erosky, dalla Spagna, Paesi Baschi. «Abbiamo oltre 62mila soci lavoratori e poco più di 7,4 milioni di soci consumatori. Puntiamo a contribuire al benessere di tutti, compresi i piccoli fornitori con cui lavoriamo. Il legame con il territorio è un elemento che consideriamo fondamentale soprattutto in una prospettiva di sostenibilità». In un mondo pieno di incertezze a livello globale, la ricetta spagnola punta a «dare una risposta idonea non soltanto ai bisogni su cui sono fondate le nostre coop, ma anche alle nuove necessità che condizionano la vita del consumatore e della società in generale. Il nostro obiettivo è abbassare il coefficiente di Gini, che misura le diseguaglianze di una società: la provincia in cui abbiamo il nostro maggiore insediamento è una delle regioni con l’indice più basso, questo significa che abbiamo la capacità di contribuire all’uguaglianza quando creiamo rapporti stabili e duraturi con il territorio». È possibile eliminare lo spreco di cibo? «Le analisi in Spagna ci dicono che il 50% dello spreco alimentare avviene a monte dal produttore, il 5% ha a che fare con la distribuzione e il 45% si consuma nelle case. Dobbiamo educare il consumatore a scegliere un prodotto non per il suo aspetto estetico ma per la sua qualità: anche se non è esteticamente perfetto, può essere organicamente buono».

Qui Giappone. «La cooperazione giapponese ha imparato moltissimo dalle cooperative italiane». Lo ha detto Toshio Tsuchiya, presidente Jccu – Unione cooperativa dei consumatori giapponesi. «I membri della nostra Unione cooperativa partecipano alle decisioni, con spirito mutualistico e di sostegno alle comunità, per renderle sempre più confortevoli e in salute, con un’attenzione costante all’ambiente anche nella prevenzione dei disastri». Per Tsuchiya, pensare al futuro del movimento cooperativo significa prevedere come sarà la società in cui ci si troverà. «Il mio Paese sta diventando una società ultra longeva, siamo nell’epoca della vita centenaria. Da un lato ce ne rallegriamo, dall’altro ci preoccupiamo per la contrazione della natalità e il rischio spopolamento: si stima che nel 2050, potrebbe scomparire il 40% delle circa 1700 amministrazioni locali giapponesi. E di fronte a questa previsione, le comunità locali si devono interrogare e individuare soluzioni». Lo stesso vale per le cooperative: «La maggioranza dei nostri principali utenti ha più di 60 anni. Guardando al 2030, diventa fondamentale far sì che la vita della coop possa affiancarsi alla vita dei singoli soci per riuscire a creare una società sostenibile. Dobbiamo darci da fare per migliorare i servizi, dialogare con i soci, garantire continuità capillare alle aree rurali. In questo la tecnologia può offrirci molte opportunità, per far sì che il calo non diventi motivo di depressione, ma piuttosto di ripartenza. Occorre ripensare le possibilità, connettere tutti gli attori, diventare un elemento di supporto per l’economia regionale».

L’intervento del Segretario generale della Camera di Commercio di Torino Guido Bolatto.

Qui Danimarca. Su transizione digitale e percorsi di innovazione per soddisfare il cambiamento del comportamento dei consumatori è intervenuto Jan Madsen, Ceo Lobyco-Coop Danimarca, sussidiaria che si occupa proprio di tecnologia. «Il mondo è cambiato (a partire dallo smartphone, onnipresente nelle nostre vite) eppure promuoviamo ancora i prodotti con gli stessi strumenti degli Anni Cinquanta. Perché?», ha chiesto alla platea confrontando i volantini con le promozioni e le tessere fedeltà di un tempo con quelle di oggi. «In Coop Danimarca abbiamo capito di dover cambiare per tre ragioni: le strategie tradizionali di promozione non sono più efficaci, i competitors si stanno muovendo in fretta e si sviluppano rapidamente e la tecnologia è matura. Non bisogna più assumersi troppi rischi per essere innovativi oggi perché esistono soluzioni già pronte a un prezzo accessibile». Da qui l’invito, accorato: «Dobbiamo agire adesso, i consumatori della generazione Zeta si aspettano programmi di fidelizzazione personalizzati in maniera digitale e che adottino linguaggi nuovi come la gamification».

Le traiettorie future si disegnano insieme

Di fronte a un compleanno, oltre a tracciare le traiettorie future, occorre prendersi un tempo per analizzare il percorso compiuto. Ancc-Coop l’ha affidato a Gianluca Salvatori, segretario generale Euricse, l’Istituto europeo di ricerca sull’impresa cooperativa e sociale. Un tempo proficuo, per gettare nuove fondamenta prima di costruire ancora: «Una storia di 170 anni è inusuale per durata e indica la capacità di rispondere a un bisogno che attraversa le stagioni e le fasi della storia, mantenendo una sua identità. Malgrado ogni previsione contraria, il modello cooperativo si mantiene vivo e prospera. I numeri lo indicano, tanto a livello nazionale ed europeo, quanto sul piano globale. Le cooperative hanno reso possibile l’accesso a servizi o mercati a individui e comunità che altrimenti ne sarebbero stati esclusi. L’attrattiva principale della cooperazione per i suoi primi membri non era principalmente economica ma consisteva nel superamento dei vincoli che riducevano le capacità individuali».

Le società contemporanee oggi sono alle prese con sfide complesse e diffuse. Secondo Salvatori, «il modello cooperativo, inclusa la cooperazione di consumo, deve rispondere alle esigenze di maggiore coesione sociale e solidarietà che riguardano tutti i settori della società. Le cooperative hanno il potenziale per svolgere un ruolo di creazione di senso e di promuovere una visione condivisa, in un contesto sociale in cui questi valori sono stati erosi o del tutto persi». Lo sa bene Ernesto Dalle Rive, neopresidente Ancc-Coop (è stato eletto a ottobre 2024): «Non va negato che le difficoltà ci sono e proprio per questo vogliamo aprire un dibattito e una nuova riflessione aperta al contesto politico e sociale italiano e non solo, convinti che la cooperazione sia uno straordinario strumento di risposta alle complessità sociali ed economiche di questa fase. È importante fare bene, fare presto e fare insieme».

Fotografie Ancc-Coop

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